Interrogazione urgente al Presidente del Consiglio e al Ministro della Salute sull’ennesimo rinvio dell’apertura degli impianti sciistici: a presentarla questa mattina in Senato il senatore e coordinatore veneto di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo.
“Era tutto pronto per l’apertura fissata in molte regioni per oggi, 15 febbraio, o per i prossimi giorni, nel caso del Veneto mercoledì 17, ma nella serata di domenica è arrivato il fulmine a ciel sereno del rinvio, che ha colto alla sprovvista gli operatori”, ricorda De Carlo che aggiunge: “Ancora una volta, si è cambiato idea all’ultimo minuto, non pensando a sostenere gli imprenditori che per prepararsi all’avvio della stagione hanno investito, assunto e rifornito i magazzini”.
Proprio per far chiarezza su tempistiche e ristori, De Carlo al Senato -e il collega piemontese Andrea Delmastro Delle Vedove, sempre di FdI, alla Camera hanno presentato un’interrogazione urgente, rilevando come “l’intempestiva comunicazione sarebbe stata assunta sulla base della variante inglese del covid” e “la laconica comunicazione del Ministro…è la seguente: «Alla luce delle mutate condizioni epidemiologiche dovute alla diffusa circolazione delle varianti virali, allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale»”.
Visto che appena la scorsa settimana “il Comitato Tecnico-Scientifico aveva approvato le linee guida delle Regioni per le riaperture in sicurezza degli impianti sciistici, che il prolungamento della chiusura costituisce un colpo mortale all’economia legata al mondo dello sci e che la tardiva comunicazione aggiunge danni a danni”, gli esponenti di Fratelli d’Italia chiedono “quali siano i dati scientifici a supporto del prolungamento della chiusura;
quando siano emersi tali dati che sconsiglierebbero, a giudizio del Ministro, la riapertura degli impianti sciistici; quando siano stati comunicati i predetti dati al Ministro per una tempestiva decisione; quanto tempo sia trascorso dalla eventuale evidenza dei predetti dati scientifici alla comunicazione del prolungamento della chiusura da parte del Ministro;
quali siano le misure di ristoro previste e con quali modalità e tempistiche verranno erogate”.
“È ora di finirla con le retromarce all’ultimo minuto, ignorando i sacrifici dei lavoratori”, conclude De Carlo. “La decisione di rinviare tutto è sta ufficializzata dal Ministero della Salute e condivisa dal governo e dal Presidente del Consiglio. Sia quindi fatta chiarezza: questo governo, annunciato come vicino alle imprese, quanto e quando intendere ristorare agli imprenditori beffati? E quanto tempo si è perso alle spalle del mondo turistico invernale per prendere questa decisione? Non è accettabile buttare ancor più nella disperazione queste persone”.
“Il contrordine arrivato dal ministro Speranza è un altro schiaffo alla montagna, che non merita di pagare per l’incapacità di prendere decisioni chiare e tempestive. Questi continui cambi di linea vanificano sforzi e investimenti delle nostre società, che già si trovano a fare i conti con una stagione che ormai è perduta del tutto. Mi auguro solo che l’ondata di indignazione che si sta levando dalla montagna convinca il nuovo Governo ad accelerare senza se e senza ma sul fronte dei ristori, che devono essere sufficienti a garantire la sopravvivenza degli operatori del settore, dagli impiantisti agli alberghi. Confido molto nel nuovo premier Mario Draghi e nei due ministri bellunesi: tocca a loro porre il tema della montagna in maniera forte”.
Così Lorraine Berton, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, commenta l’ordinanza del Ministero della Salute che ha decretato lo sto per lo sci fino al 5 marzo.
“Tutto era pronto per ripartire nella massima legalità e sicurezza. Molte aziende stavano lavorando ininterrottamente da giorni pur di riaprire con tutti gli standard. Anef ha lavorato sodo 24 ore al giorno per arrivare a protocolli di sicurezza d’intesa con la regione Veneto. E poi, grazie anche ai Mondiali di Cortina, c’era finalmente un pizzico di fiducia”, sottolinea Berton, “ma poi è arrivato questo decreto e ha sparigliato di nuovo le carte, mandando in aria piccoli grandi progetti. Anche stavolta senza alcun rispetto nei confronti di chi fa impresa e deve avere un minimo di programmazione”.
“Al nuovo Governo dico che non si può scherzare con il cuore vivo della montagna, non siamo Disneyland. Non ci accendiamo e spegniamo con un interruttore. Per questo bisogna correre subito ai ripari con ristori certi e una tabella di marcia per la ripartenza. Vero, siamo di fronte a un nemico invisibile, ma questo virus non si sconfigge con il caos di provvedimenti annunciati alle 7 di sera per il giorno dopo. La montagna”, conclude Berton, “merita e pretende rispetto”.
La notizia dello slittamento a marzo per la riapertura degli impianti di risalita ha lasciato esterrefatti i gestori delle ski aree. E anche Confartigianato Belluno è seriamente preoccupata. «Ne va della tenuta del sistema montagna – afferma la presidente Claudia Scarzanella -. A questo punto servono ristori veri e rapidi, altrimenti centinaia di attività rischiano di chiudere definitivamente».
L’associazione degli artigiani si era fatta portavoce già nelle scorse settimane del malumore di molti associati, perché la chiusura degli impianti e il blocco della stagione invernale hanno colpito non solo le piste da sci, ma l’intero indotto del turismo montano, comprese centinaia di attività artigiane attive nelle stazioni sciistiche del Bellunese.
«Attività che erano pronte a ripartire dopo il via libera dato dal Comitato tecnico-scientifico appena qualche giorno fa – sottolinea il direttore di Confartigianato Belluno, Michele Basso -. Avevano già fatto acquisti, preparato i contratti dei collaboratori stagionali. Una comunicazione di proroga di chiusura che arriva a poche ore dalla riapertura è un danno ulteriore, tra l’altro in un quadro già di per sé complicato dalla differenza di date tra Stato e Regione, visto che in Veneto l’ordinanza del governatore Zaia aveva posticipato lo sci al 17 febbraio. Aprire la stagione invernale dopo la metà di febbraio non sarebbe stato comunque sufficiente a salvare l’inverno, ma avrebbe garantito un minimo di sopravvivenza a molte realtà che fanno dello sci e di tutto quello che ne consegue il loro core business. Ora, il repentino dietrofront del Cts pone l’intera montagna bellunese di fronte a un rischio che non possiamo permetterci di correre. Perché una riapertura dopo il 5 marzo, eventuale a questo punto, significherebbe per molte ski aree avere più costi che benefici».
«L’inverno 2020-21 è andato, e servono ristori concreti per dare ossigeno a chi oggi non ha neanche le risorse per andare avanti – conclude la presidente Scarzanella -. Ci auguriamo che il nuovo governo sia attento tanto alla salute degli italiani quanto alla sopravvivenza dell’economia, soprattutto quella montana che è fatta da piccole realtà, presidi irrinunciabili del territorio».