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Tamponi rapidi in farmacia: nel Bellunese scarsa adesione, farmacisti costretti a fare un passo indietro

Roberto Grubissa

Il protocollo d’intesa firmato il giorno di Natale tra Federfarma Veneto e la Regione mette in difficoltà le farmacie rurali del territorio. “Con questi protocolli e questi criteri da rispettare – dicono i farmacisti bellunesi -, impossibile per noi assicurare il servizio, dobbiamo fare un passo indietro”.

Insomma, il servizio pensato per andare incontro ai cittadini, sollevare la pressione sui drive in degli ospedali e aiutare gli anziani delle zone più isolate poteva calzare a pennello per la provincia di Belluno, dove in tante aree le farmacie rappresentano uno dei pochi presidi per le persone, ma così com’è stato pensato non permette ai professionisti bellunesi di aderire. Le farmacie della provincia spesso trovano posto in locali non ampi, il personale è limitato e capita addirittura che il titolare sia dietro il bancone senza dipendenti. Aggiungere un servizio impegnativo come il tampone, da effettuare nel rispetto di tutte le misure di sicurezza e con la successiva sanificazione degli ambienti se il paziente risultasse positivo, è davvero troppo.

“Nel Bellunese tante farmacie sono rurali, periferiche – spiega Federico Ricci -, condotte da una, massimo due persone. Gli spazi sono limitati e le cose da fare per condurre l’attività tante. Vien da sé che molti farmacisti non hanno proprio i mezzi per poter organizzare il drive in esterno alla farmacia o allestire una stanza internamente, da adibire ai tamponi rapidi. Crediamo sia un servizio importante per le zone periferiche, ma purtroppo siamo costretti con rammarico a fare un passo indietro perché davvero non riusciamo a rispettare tutti i paletti previsti, non ne abbiamo le forze e i mezzi”.

“Siamo sempre stati aperti e a disposizione dei cittadini anche nel periodo più nero della pandemia, come quello che stiamo vivendo adesso – aggiunge il presidente di Federfarma Belluno, Roberto Grubissa -, nonostante avessimo paura per la nostra salute. Non ci siamo mai sottratti alla nostra missione, ma questa volta siamo costretti a farlo. Parliamo poi della responsabilità? Tutto è in capo al farmacista, che deve procurarsi il tampone sul libero mercato, non sarebbe stato meglio che la Regione distribuisse i test migliori in commercio per tutti? Sarebbe una garanzia maggiore per tutti”.

In ultima il nodo degli infermieri. A effettuare il tampone, secondo il protocollo, dovrebbero essere gli infermieri ma questi professionisti, si sa, non sono facilmente reperibili. “L’Usl 1 Dolomiti ha appena concluso il concorso per l’assumerne 103 e oggi le rsa del territorio si trovano in difficoltà perché ne vengono a mancare nell’organico – conclude Ricci -, figuriamoci se le farmacie della provincia riescono a trovarne di disponibili. Sarebbe altra cosa se la Regione ci mettesse a disposizione il personale. Infine, ultima ma non ultima, non possiamo permetterci di stare male: se in un piccolo paese la farmacia chiude si diffonde il panico nella comunità e questo non deve accadere”.

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