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E’ morto Natale Trevissoi, fondatore della Holzer

È morto venerdì a Firenze, dove abitava con la figlia Natale Trevissoi, fondatore dello stabilimento Holzer di Belluno. Aveva compiuto 95 anni.  funerali si terranno sabato 5 dicembre alle 10.30 nel Duomo di Belluno.

Ecco la sua storia in una intervista di alcuni anni fa

“Holzer, Eaton, Siebe, Invensys”, i marchi attraverso i quali si snoda la storia dello stabilimento bellunese di componenti elettronici che dal 1964 al 1980 ha dato occupazione a circa 4mila persone. La realizzazione del complesso industriale a Belluno si deve alla tenacia di Natale Trevissoi, che con il suo progetto e gli sgravi fiscali intervenuti con la Legge sul Vajont, convinse la proprietà. Nato a Giamosa (Belluno) il 28.08.1925, diplomato all’Istituto tecnico industriale ” G.Segato” di Belluno nel 1944, Trevissoi ha proseguito gli studi ottenendo il diploma di ingegnere elettrotecnico all’Institut technique supérior di Fribourg in Svizzera, nel 1960, dopo aver frequentato per una decina d’anni scuole e corsi in tedesco e francese. «Producevamo per tutti i Paesi europei, per il Sud America, l’Australia, il Medio Oriente e il Sud Africa. Modestamente – sottolinea Trevissoi – lo stabilimento di Belluno era il migliore di tutte e 5 le sedi del Gruppo Holzer. Nella produzione dei “controlli” per elettrodomestici eravamo i migliori al mondo»! La formidabile scommessa di Trevissoi ha inizio nel 1947, di ritorno dal servizio militare, con il diploma di perito elettrotecnico in tasca. «Mi ero prefissato tre obiettivi – racconta – la preparazione professionale, la conoscenza delle lingue straniere e portare il lavoro a Belluno». Così, il giovane Trevissoi se ne va via con la valigia in mano, come centinaia di suoi coetanei, e una grande promessa a se stesso: ritornare a casa e realizzare il suo sogno. Studia e lavora in Svizzera, Francia, Germania e Svezia. Dopo dieci anni fa ritorno a Belluno l’ingegner Trevissoi, manager industriale, anche se per l’allora sindaco di Belluno, Annibale De Mas, egli rimane sempre “al mat de Salce” (il pazzo di Salce, frazione di Belluno). Ovvero colui che gli illustra l’ambizioso progetto di una nuova fabbrica che avrebbe dato lavoro ai bellunesi. Siamo nel 1963, al “mat de Salce” ha dalla sua una formidabile determinazione, oltre ad un’adeguata preparazione. Le inspiegabili e fortuite circostanze della vita, inoltre, gli avevano fatto incontrare uomini che avrebbero cambiato il suo destino. E anche quello di migliaia di bellunesi, che altrimenti sarebbero stati costretti all’emigrazione. L’ingegner Walter Holzer è uno di questi, austriaco originario di Vienna, una sorta di genio dell’industria, che durante la II Guerra mondiale aveva fatto parte dello staff del barone tedesco Werner Von Braun. Altro pezzo da 90, ragazzo prodigio e scienziato padre della missilistica moderna, inventore del missile V2 che nel 1944 colpì Londra, e poi del razzo Saturno che nel 1969 porta sulla luna gli astronauti americani Neil Alden Armstrong e Edwin Eugene Aldrin. Holzer è l’uomo giusto al posto giusto per Trevissoi. L’ingegnere austriaco, infatti, negli anni ’60 produceva a Meersburg sul Lago di Costanza componenti per elettrodomestici adatti all’industria italiana. Ed è in questa circostanza che Trevissoi si gioca la partita più importante della sua vita. Doveva convincere Holzer ad aprire lo stabilimento a Belluno piuttosto che nelle zone di Como o Varese. Impresa non facile, perché Belluno è a 500 Km dalla casa madre in Germania, mentre le altre due sedi teoriche erano a 180 Km. Trevissoi coinvolge il sindaco di Belluno De Mas, il presidente della Camera di Commercio Botter, il direttore dell’Associazione industriali Paradisi ed anche il presidente del Tribunale Mandarino. L’alto magistrato redige un rapporto sulla criminalità nella provincia di Belluno, come richiesto da Holzer. Ma più di tutto – riconosce Trevissoi – valse la legge sul Vajont, che offriva interessanti sgravi fiscali decennali ai nuovi insediamenti produttivi. “Si trattò di un’operazione di delocalizzazione” precisa Klaus Schillkowski, che a fine degli anni ’60 era un giovane ingegnere della Holzer che seguì i processi tra madre casa e stabilimento di Belluno. “La mano d’opera in Italia aveva un costo inferiore di circa il 46% rispetto alla Germania. Le riparazioni, infatti, venivano effettuate tutte a Belluno. Inoltre, nel Nord Italia avevano la loro sede i principali stabilimenti di elettrodomestici, Zanussi, Zoppas, Ignis, Merloni ai quali venivano forniti i componenti”. Holzer sceglie Belluno. Il I° agosto del 1964 apre un primo nucleo dello stabilimento in via Vittorio Veneto. Negli anni ’70 sono circa 1.200 le persone occupate alla Holzer, e si realizza così l’ambizioso terzo obiettivo dell’ingegner Trevissoi che assume la direzione dello stabilimento, ossia quello di evitare le valige ad un totale di 5mila bellunesi, che negli anni hanno varcato i cancelli della Holzer. «Con l’aiuto dell’associazione Bellunesi nel mondo – racconta Trevissoi – abbiamo contattato i nostri emigranti offrendo loro la possibilità di rientrare a Belluno». Ma agganciate alla storia dello stabilimento vi sono innumerevoli storie con destini che si incrociano. Come quella di Bruna Zampolli, che lavorava alla Casa madre di Meersburg dove incontra il suo futuro marito, ufficiale francese, che seguirà lasciando la Holzer. «Quella volta persi un’eccellente dipendente» commenta Trevissoi. Non mancarono nemmeno le questioni politiche. Come l’incarico all’ingegner Tullio Bettiol e all’architetto Nerino Meneghello della progettazione dello stabilimento di 5mila mq. inaugurato nel 1968, per essere ampliato a 12mila mq. nel 1970. “La scelta di Bettiol suscitò forti critiche – ricorda Trevissoi – Si trattava infatti di un esponente di punta del Partito comunista, ex partigiano, reduce del Konzentrationslager di Bolzano” da dove fuggi con uno stratagemma degno di un film. Non dimentichiamo che “Il committente era una società tedesca e la Germania era stata coinvolta vent’anni prima in una brutale repressione del movimento partigiano nel Bellunese. Ma non mi feci sviare da queste critiche, conoscevo i due professionisti e ne stimavo la preparazione professionale, l’onestà e l’umanità. E queste per me erano le cose veramente importanti. Sia la fede politica che quella religiosa – conclude Trevissoi – per me erano parametri secondari”.

Roberto De Nart

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