Renzo Rosso sembra avere le idee confuse. Qualche mese fa, in barba a tutte le direttive nazionali e internazionali e grazie alle consistenti disponibilità economiche della sua Fondazione, Only the brave (solo i coraggiosi), decide di aprire un servizio antiviolenza a Bassano nonostante esista già da anni, nel medesimo contesto, Spazio Donna, Centro antiviolenza riconosciuto dalla Regione del Veneto e dal 1522 – numero verde nazionale antiviolenza e stalking, fornendo un’équipe di professionisti per aiutare le donne. Tra questi anche un avvocato uomo, nel cui curriculum professionale vi è la difesa di stupratori di donne minorenni nonché di uomini maltrattanti. Insomma la persona adatta per le donne che hanno subito maltrattamenti in famiglia.
Sempre in linea con questa spinta filantropica e con obiettivi nobili – stavolta quello di promuovere lo sport femminile –, l’imprenditore vicentino, che adesso possiede il Vicenza Calcio, ha mandato in scena domenica 15 settembre una delle pagine più tristi, umilianti e gravi nella storia della violenza e della mercificazione del corpo femminile. Alcune giovani atlete minorenni di una squadra di pallavolo sono state utilizzate come raccattapalle in una partita di campionato. Si sono presentate in campo con un costume verde attillato e un paio di short neri molto corti e molto aderenti. Capi firmati Diesel, naturalmente, per queste ragazze tutte minorenni.
Come Coordinamento Iris dei Centri antiviolenza e delle Case del Veneto vorremmo ribadire che la presa di posizione contro la violenza sulle donne si fonda sulla condivisione di alcuni principi fondamentali.
Prima di tutto è fondamentale riconoscere nel territorio le realtà che lavorano da anni con le donne come presidi importanti, perché accolgono centinaia di donne e rispondono a severi requisiti sanciti dalla normativa internazionale e nazionale. Se si intende fare della filantropia si supportino i Centri antiviolenza esistenti che vivono nella precarietà e nella cronica carenza di fondi, ma che dispongono di professionalità e competenza, acquisiti in anni di lavoro con le donne. E che da queste sono riconosciuti come luoghi protetti e non giudicanti.
Inoltre il contrasto alla violenza contro le donne non può prescindere dal rispetto e dal riconoscimento che uomini e donne hanno la stessa dignità e che i corpi delle donne non devono mai essere strumentalizzati ai fini di compiacere un becero desiderio maschile. Relegare le donne ai soli ruoli di madri di famiglia o di corpi da sfruttare è una delle principali cause della violenza maschile sulle donne.
Chiediamo quindi al ricco imprenditore vicentino di partecipare prima di tutto a uno dei corsi di formazione che i Centri fanno periodicamente e di ascoltare qualche storia di violenza, in silenzio; così potrà giungere alla conclusione che con i soldi non si può comprare qualsiasi cosa, tantomeno la libertà delle donne.
Solo i/le più coraggiosi/e lo sanno.
Coordinamento Iris (Centro Veneto Progetti Donna- Padova, Spazio Donna- Bassano, Cooperativa Iside- Venezia, Telefono Rosa- Verona, Telefono Rosa- Treviso, Donnachiamadonna-Vicenza, BellunoDONNA – Belluno)