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Autonomia Regionale: la pre-intesa siglata a Roma, affidabile e credibile? * di Enzo De Biasi

Enzo De Biasi

Le facce raggianti dei contraenti firmatari della pre-intesa siglata a Roma tra il Governo ed i Governatori di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, con la quale si chiude la prima fase stanno a dimostrare che quanto avvenuto è forse stato meno complicato del previsto, in quanto dipendeva unicamente da due attori in campo: il richiedente (la Regione) e l’accogliente (il Governo).

Il fatto, in ogni caso, merita qualche annotazione. La prima riguarda il trascorrere del tempo, considerato che la riforma del titolo V della Costituzione è del 2001 e calendario alla mano, ben 17 anni si sono esauriti prima di azzeccare la mossa iniziale. Secondo, due Regioni: Lombardia e Veneto, hanno speso decine di milioni dei loro cittadini-contribuenti per dei referendum inutili, quando potevano fare squadra, assieme all’Emilia Romagna che, dapprima ha firmato un protocollo di massima e quindi ha attivato la procedura dell’art.116 della Costituzione cosi come sta e giace; senza sprecare denaro pubblico, né minacciare secessioni, né richiedere la restituzione del residuo fiscale allo Stato che peraltro è più importante di quello della terra dei Dogi. Il Veneto, inoltre, aveva già avuto la sua occasione dieci anni or sono, allorquando il Consiglio Regionale votò all’unanimità la richiesta di avere maggiori poteri. Il Governo presieduto da Berlusconi fin da maggio 2008, con lo stato maggiore leghista al gran completo (Bossi, Maroni, Calderoli e Zaia) avrebbe potuto e dovuto devolvere competenze e risorse. Semplicemente non fece nulla, in realtà non fa parte del suo DNA costitutivo. La giustificazione data a posteriori, è che erano troppo impegnati a preparare e varare la legge 42/2009 sul c.d. “federalismo” rimasta poi sulla carta, causa implosione dello stesso esecutivo nazionale nel 2011.

Ma chi e cosa ha impedito tra il 2008 ed il 2011 ai governanti del centrodestra di rafforzare le competenze regionali a favore del Veneto?

Quali credenziali di affidabilità possono seriamente vantare oggi, stante la profonda diversità di pensiero tra i diversi leader nazionali, di volere fattivamente cogliere l’obiettivo clamorosamente fallito dieci anni fa?

Leggendo il testo dell’accordo preliminare, si resta colpiti dallo stucchevole richiamo al pdls (progetto di legge statale) nr. 43/2017 che ha imperversato su tutti i media negli ultimi mesi dell’anno scorso. Che fine ha fatto? Certo è servito come base di trattativa con il Governo, ma non risulta pervenuto né alla Camera né al Senato della Repubblica, destinatari naturali. È noto che ogni iniziativa legislativa presentata da chi ne ha titolo, prima di essere distribuita ai deputati o ai senatori deve essere sottoposta ad un vaglio tecnico di conformità e al dettato costituzionale e di sostenibilità economica. Non si è voluto, opposizione regionale e governo in carica, bollare il mancato recapito forse per non scontrarsi frontalmente con il treno leghista lanciato alla conquista “dei schei de Roma”. In questo modo, è stata per sempre non eseguita una valutazione giuridico-economica – al di là di quella in house – sulla tanto declamata disposizione di legge a valenza statale. Di per sé, nulla impediva all’esecutivo di iniziare la trattativa con le due regioni che hanno agito in modo più conforme alle regole, obbligando il Veneto ad imboccare l’iter previsto ed insito nella denominazione del provvedimento. Se poi il retro-pensiero mai peraltro pubblicamente esplicitato, è che così facendo si poteva (si sarebbe potuto) attrarre qualche fetta di consenso in più per l’attuale maggioranza governativa, temo che lunedì con l’apertura delle urne sarà proprio il PD a registrare le più cocenti delusioni in the land of Venice. Il pdls nr. 43 votato in Consiglio Regionale, è rimasto li a Palazzo Ferro Fini per interesse leghista ed ignavia di tutti gli altri. Esso era composto da 61 articoli che narravano, come nelle favole, le 23 materie che avrebbero fortificato la nostra regione. Risultato raggiunto: le materie per le quali sono previste ulteriori funzioni sono 5, più un’aggiunta sui rapporti internazionali e l’Unione Europea; trattasi per lo più di integrazioni utili e necessarie, ma accessorie e complementari a quelle preesistenti. D’altra parte, l’esito non poteva essere diverso e finalmente, tutta la partita risulta inquadrata nell’alveo costituzionale del regionalismo differenziato che nulla ha a che fare con l’indipendentismo od il federalismo peraltro non previsto dalla costituzione vigente od altra invenzione folkloristica vuoi della sub cultura leghista, vuoi dei creativi del marketing politico, vuoi, infine, dei mass media regionali. Dopo tanti soldi sprecati e tanto menar di sciabole, anche il Veneto “scopre” di essere una delle 15 Regioni a Statuto Ordinario, né più né meno.

Da ultimo, ma non meno importante rimane la faccenda “schei”. Accantonata in via definitiva la richiesta dei 9/10, come il Trentino; il Veneto è come afferma il sub comandante di Salvini in loco “quasi come il Trentino”. Infatti, per il momento nessun altro finanziamento è previsto, piuttosto una commissione alla quale spetterà definire le modalità di trasferimento delle risorse combinando i seguenti tre criteri:

1) compartecipazione o riserva ad uno o più tributi erariali (va da sé che nel caso della compartecipazione la Regione affiancherà lo Stato nella lotta all’evasione fiscale di Irpef, Irpeg, Iva e quant’altro);

2) spesa storica “quale criterio da superare in via definitiva” ( leggermente differente da come è apparso nella vulgata confezionata per il popolo );

3) individuazione dei fabbisogni standard , “da determinarsi entro un anno e che progressivamente entro i successivi cinque anni, dovranno diventare -in un’ottica di superamento della spesa storica- il termine di riferimento”.

Ancora una volta è ribadito il concetto che il passaggio dalla spesa storica non è istantaneo, ma graduato nel tempo. Se tutto va liscio se ne parlerà fra 5 anni, ovvero al termine della legislatura che sta per cominciare, nel presupposto che celermente il Governo sortito dalle elezioni di domenica prossima confermi i contenuti della pre-intesa, predisponendo un apposito disegno di legge da inviare velocemente per il parere obbligatorio della Conferenza Stato-Regioni e che il Parlamento, sia nel ramo Camera dei Deputati sia nel ramo Senato della Repubblica lo approvi nello stesso identico testo a maggioranza assoluta dei componenti assegnati: 316 deputati e 158 senatori . Se vi saranno modifiche, ad oggi non prevedibili in relazione alla quantità di tempo che faranno perdere, come nel gioco dell’oca si torna al punto di partenza. Una volta pubblicata la legge sulla Gazzetta Ufficiale, potrà finalmente essere costituita la Commissione paritetica Stato- Regione nella composizione definita dalla norma statale, questa si metterà al lavoro, ma le nuove competenze citate nell’accordo preliminare del 28 febbraio diventeranno operative in contemporanea agli analoghi provvedimenti di assegnazione di risorse. Fino ad allora, tutto rimane come ora.

Giunti a questo punto, risulta problematico essere d’accordo con l’attuale Presidente allorquando rispondendo ad una richiesta d’informazione “ Quali tempi si prevedono per arrivare all’Autonomia ?” , disse “Tra trattativa e successiva legge difficilmente si riuscirà a chiudere prima di un anno” In effetti , sei mesi sono già trascorsi e di sicuro entro il corrente anno il Parlamento non approverà alcuna Intesa pro-Veneto; dal 2019 in avanti si comincia a contare gli anni della ricorrenza del 22 ottobre, ovvero il referendum sprecone compie già due anni. Tutti sanno che i numeri partono da zero e vanno verso l’’infinito. La fonte dell’informazione è validata, il quesito e la risposta portano il nr. 22 e stanno nel volantino intitolato “Autonomia, le 100 domande dei Veneti a Luca Zaia “diffuso in occasione della campagna referendaria del 22 ottobre 2017. Si sa durante le consultazioni elettorali, le cialtronate sono il pane quotidiano. Il 28 febbraio hanno firmato a Roma ed il 4 marzo si va a votare, una vera e propria coincidenza del tutto casuale non causale, non voglio essere frainteso!

03 marzo 2018 Enzo De Biasi – Riscossa Civica Veneta

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