Cinque anni fa era la prima volta. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio dovevano mettere in piedi la struttura parlamentare dei 5 Stelle filtrando le candidature nel rispetto dei principi di libertà, democrazia e onestà propri del Movimento. In quella occasione la fortuna dei click della rete giocò un ruolo determinante nella scelta di coloro che poi vennero eletti. Strada facendo era fisiologico che una percentuale di essi cambiasse casacca. Così come è fisiologico che il potere tenda a conservare se stesso.
Le procedure di accesso, in questa nuova tornata elettorale, sono state affinate. I vertici del Movimento hanno creato un nuovo Statuto e un nuovo Codice etico al quale ogni attivista doveva aderire. Un po’ come quando si scarica un’applicazione nello smartphone e devi cliccare sempre sì accettando tutto.
Dopo il maquillage, il Movimento è costituito da sei nuovi organi, l’Assemblea, il Capo politico, il Garante, il Comitato di garanzia, il Collegio dei probiviri, il Tesoriere. Di Maio è il Capo politico in carica per cinque anni e rieleggibile per non più di due mandati consecutivi e anche Tesoriere. Grillo rimane Garante, eletto dalla consultazione in rete. Nel Comitato di Garanzia c’è Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi. Nel Collegio dei Probiviri Paola Carinelli, Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro.
Insomma, una nuova struttura dirigente simile a quella dei partiti tradizionali. Con candidature a maglie larghe. Nei collegi uninominali infatti, potevano proporsi anche professionisti senza essere registrati. A differenza delle autocandidature degli iscritti (ben 15mila), dove era necessaria “un’anzianità” di almeno un anno per accedervi e il certificato penale in ordine. In ogni caso, la scrematura dei candidati delle parlamentarie è comunque riservata al Capo politico e al suo staff, per evitare “l’assalto alla diligenza” di chi cerca di intrufolarsi. Per vedere i nomi che poi troveremo scritti sulle schede occorrerà attendere fine gennaio.
Qualche sorpresa tuttavia, dovremmo aspettarcela nelle candidature.
Si immagini ad esempio un gruppo organizzato che decida di “espugnare la fortezza” dei 5 Stelle dall’interno. La cosa più facile sarebbe quella di partire un anno e mezzo prima del voto, facendo iscrivere diciamo qualche centinaio di persone al Movimento. Le identità verrebbero poi controllate e certificate e tutto sarebbe stato pronto per il voto degli iscritti alle parlamentarie.
Con 2-300 click a disposizione, anche in questa seconda tornata elettorale ci sono buone possibilità di passare le parlamentarie e di essere inseriti sulla scheda. Tutto perfettamente legittimo. Qualche numero. Di Maio cinque anni fa raccolse 189 voti on line e oggi è il leader. Al bellunese Federico D’Incà ne bastarono una cinquantina per essere in Parlamento.
Possibile che nessuna lobby se ne sia accorta della facilità con cui ci si può introdurre?
Roberto De Nart