“Abbiamo forze esterne allo Stato e superiori ad esso che decidono sostituendosi alle istituzioni democratiche e costituzionali”. Questo è avere lo straniero in casa”.
Ad affermare questo non è uno sconosciuto complottista o un pericoloso sovversivo, ma Luciano Barra Caracciolo, giurista, magistrato e dal 2010 presidente di sezione del Consiglio di Stato in una intervista a Claudio Messora reperibile on line.
Caracciolo, a sostegno di quanto dice, parte dal Rapporto Werner. Il Consiglio europeo del 6.3.1970 diede l’incarico un comitato di esperti presieduto dal lussemburghese Pierre Werner di formulare proposte per la realizzazione dell’Unione economica e monetaria. L’incarico seguiva la decisione del vertice dei capi di Stato dell’Aja di adottare come obiettivo ufficiale della Comunità la realizzazione dell’UEM unione economica monetaria (piano Barre). Così, nell’ottobre del 1970 il gruppo Werner elabora un piano in tre fasi nel quale prevede l’attuazione entro dieci anni dell’unione economica e monetaria integrale. L’obiettivo finale è quello di raggiungere la liberalizzazione totale dei movimenti di capitali e alla determinazione irrevocabile dei rapporti di parità e la sostituzione delle monete nazionali con una moneta unica, l’euro.
Alla fine degli anni ’80 , con i trattati di libero scambio, si afferma il Principio dei vantaggi comparati, secondo il quale, ciascun paese tenderà a produrre dove è più competitivo, lasciando agli altri paesi meno competitivi le produzioni meno lucrose con minor valore aggiunto. L’effeto è quello di favorire il paese più forte (la Germania) e indebolire il più debole (Grecia). Anche un paese medio forte come l’italia, con questa spinta alla competività ne esce indebolito.
Infatti, Mastricht, Lisbona, trattato sull’unione europea (art.3 paragrafo 3) vanno in direzione di un mercato unico con un’economia fortemente competitiva basata sulla stabilità dei prezzi. Viene abbandonato il modello cooperativo per lasciar spazio a quello competitivo tra stati. Per arrivare alla stabilità dei prezzi, si perseguono politiche di deflazione che tendono a produrre disoccupazione. Viene favorita la precarizzazione, l’aumentato del carico fiscale e la diminuzione della spesa pubblica. Arriva una disoccupazione più ampia che tende a demotivare i lavoratori, che smettono di perseguire rivendicazioni salariali (ritenute responsabili dell’inflazione) e così sono pronte ad accettare di entrare nel mercato del lavoro e remunerazioni decrescenti.
Si ottiene quindi una fortissima competizione secondo i vantaggi comparati, e un tasso di disoccupazione necessario per assicurare la stabilità dei prezzi. Il fiorire dell’attività economica, infatti, secondo questo schema, aumenterebbe la capacità di spesa dei cittadini e quindi tenderebbe a produrre inflazione che renderebbe l’Europa non competitiva. Tutto ciò che è incompatibile con questo principio va eliminato. Ecco allora il taglio delle pensioni, il blocco del turn over, il blocco dei contratti, il blocco dei concorsi e il conseguente invecchiamento dei ruoli. Arriviamo così alla situazione odierna, dove i giovani devono accettare stage da 4-500 euro al mese. Impoverire le masse per arricchire le élite, conuna Europa pronta alle sfide della globalizzazione. In questo schema muore la Grecia, si suicidano gli imprenditori che non sono competitivi.
Solo in pochi erano in grado di comprendere ciò che sarebbe accaduto. Amato diceva che i trattati non dovevano essere capiti dalle masse. Monti sosteneva che i trattati sono stati fatti da una elite di illuminati “al riparo dal processo elettorale”.
Si passa quind da una Costituzione scritta in chiaro, comprensibile a tutti a dei trattati europei incomprensibili se non decrittati, che vanno a disattivare la Costituzione. La gran parte della classe politica aveva le competenze per capire i trattati europei? Quei vincoli esterni, così li chiamava Guido Carli il rigore e la disciplina a cui siamo sottoposti.
Gli effetti li abbiamo visti a fine anno leggendo la classifica di Bloomberg dei super ricchi del 2017. Dove Jeff Bezos, il numero uno di Amazon totalizza 99,6 miliardi di dollari e sorpassa Bill Gates fondatore di Microsoft con 91,8 miliardi. L’affermazione dei tycoon, i magnate dell’industria delle tecnologie: 57 miliardari dell’hi-tech hanno guadagnato nel 2017 262 miliardi di dollari, pari al 35% in più rispetto al 2016. I paperoni hanno guadagnato 1.000 miliardi di dollari in più, un aumento del 23% rispetto al 2016, e hanno chiuso l’anno con una fortuna di 5.300 miliardi, ovvero il 6,6% della ricchezza mondiale.
Nel Billionaires Index, la classifica dei 500 miliardari stilata da Bloomberg, troviamo al terzo posto il magnate americano Warren Buffet con un patrimonio di 85 miliardi di dollari. Seguito da Amancio Ortega, patron del colosso dell’abbigliamento Zara-Inditex, unico non americano tra i primi cinque miliardari. Quinto Mark Zuckerberg, il “padre” di Facebook.
Per la gente comune la situazione è diventata tragica. Oggi gli stipendi in Serbia sono di 250 euro mensili, in Albania di 200, in Romania di 500, nell’Ucraina distrutta di 150, in Bulgaria di 300. In Italia ci sono giovani che già lavorano per 4-500 euro al mese. La strategia, dunque oramai è sotto gli occhi di tutti, abbassare i costi per aumentare i profitti di pochi.
E allora c’è da chiedersi cosa succederà in Italia tra 10 anni?
Siamo nelle mani di politici europei prostitute dei padroni del vapore?
Ci saranno stipendi da fame e si andrà in pensione a 70 anni? Mentre i politici continueranno a prendere 15/20 mila euro al mese?
Roberto De Nart