
“E’ stato comunque un esercizio di democrazia, un modo per interrogarsi sul futuro del proprio territorio e trovare dei rimedi. Si prenda atto della volontà popolare e da qui si riparta per programmare il futuro di un intero territorio, quello agordino, che ha delle innegabili specificità. La lotta allo spopolamento resta la priorità della priorità”.
Così il senatore Giovanni Piccoli commenta l’esito del referendum per la fusione dei comuni di Falcade e Canale d’Agordo, che si è tenuto nella giornata di ieri.
“I cittadini hanno detto no: significa che la maggioranza di chi si è espresso vuole mantenere le proprie peculiarità. C’è ancora un forte senso di appartenenza e di comunità, il che è positivo. Contemporaneamente non si può non fare un plauso alle amministrazioni comunali che hanno lavorato sodo per arrivare alla consultazione popolare e che, pur di attivare economie di scala, hanno saputo guardare al di là dei loro steccati”.
“Indipendentemente dall’esito del referendum, occorre andare avanti su questa strada, far partecipare i cittadini alla vita amministrativa, studiare soluzioni lungimiranti e coraggiose per garantirsi un futuro sul proprio territorio”.
“In questi anni il Bellunese è stato uno dei territori più vivi sotto l’aspetto della vita amministrativa. I cittadini si sono espressi più volte – dai referendum cosiddetti secessionisti (che hanno avuto esiti differenti) al referendum per l’autonomia provinciale passando per i referendum di fusione per i municipi. Un fermento che dimostra da un lato voglia di partecipazione, dall’altro che la montagna ordinaria ha bisogno urgente di strumenti. Continuare a girarsi dall’altra parte – come ha fatto il Governo del Pd in questi anni – non ha fatto altro che aggravare la situazione. Mi auguro che la prossima campagna elettorale possa essere un momento – seppure aspro – per rimettere il territorio al centro e che soprattutto il prossimo Governo sappia dare il giusto riconoscimento ai singoli territori e a chi li abita. Dopo i referendum, c’è solo l’indifferenza e dopo l’indifferenza la morte civile dei nostri territori. Si riparta da una rinnovata programmazione e da una gestione nuova delle risorse”.