“Preti, frati e giudici. Criminalità e clero nella Repubblica di Venezia”. Giovedì alle “Conversazioni in Taverna” di Liberal Belluno, la presentazione del libro di Sante Rossetto

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Appuntamento provocatorio quello che giovedì 30 novembre, alle 18.30, propone Liberal Belluno per le “Conversazioni in Taverna”. Ospite della serata il giornalista e storico Sante Rossetto che, con l’intervento del prof. Andrea Basile, parlerà del suo ultimo libro “Preti, frati e giudici. Criminalità e clero nella repubblica di Venezia”, edito da Canova.

Il volume analizza i casi di criminalità ecclesiastica dalla metà del Cinquecento ai primi decenni del Settecento. L’autore ha consultato decine di volumi delle sentenze penali emanate dai giudici dell’epoca nei confronti di ecclesiastici coinvolti in azioni criminose.
Il cattivo comportamento del clero dell’epoca, dai massimi agli infimi gradi, era ben conosciuto ai fedeli e alle autorità che spesso dovevano giudicare crimini e reati compiuti da preti e frati (non suore che erano sottoposte alla autorità vescovile). Il podestà trevigiano era competente, su delega del consiglio dei Dieci, su tutte le podesterie della “Trevigiana” che comprendeva anche la Mestrina e Noale, su Belluno, Feltre, Bassano e Sacile. Sono circa trecento i religiosi finiti davanti ad un giudice per i reati più diversi. Va osservato che soltanto una parte minima finiva in tribunale perché le controversie si componevano prima o con il pagamento alle vittime, quasi sempre poveracci che tacevano per qualche ducato, o con le minacce o per il timore di affrontare persone da cui avevano soltanto da perdere.
Anche i bellunesi hanno offerto il loro contributo nelle malefatte. Nel 1646 un frate agostiniano da Feltre che, a Vas, sta tentando di violentare una bambina di nemmeno otto anni sola in casa. Anni sessanta del Seicento a Riva d’Agordo. Lucietta, in assenza del marito che lavora a Venezia, è sedotta dal curato. Dall’incontro nasce una figlia che viene uccisa, ma il delitto è scoperto. Nonostante il perdono del marito il prete è bandito per 15 anni dallo Stato veneto e la donna condannata all’ergastolo.
Storia uguale nel primo decennio del Settecento a S. Vito di Cadore. Antonia, sola perché il marito lavora nella capitale, cede alle avances del prete. Risultato: uccide il figlioletto e deve fuggire con il sacerdote entrambi condannati al bando perpetuo dalla Serenissima.
I cattivi comportamenti continuano con altri episodi in pieno centro cittadino, a Feltre e ad Alano.
Uno studio che mette in rilievo le condizioni sociali nello Stato veneto negli ultimi due secoli della sua esistenza. Con un clero troppo numeroso (circa un religioso ogni 150 fedeli) alla ricerca di mezzi di sostentamento, privo quasi sempre di vocazione, dedito ai propri interessi, incurante spesso della cura delle anime. E fu proprio questa situazione una delle condizioni che portarono al desiderio di una Chiesa rinnovata “nel capo e nelle membra” da cui scaturì il concilio di Trento, i cui insegnamenti, tuttavia, furono applicati molto lentamente. Una serata che non annoierà il pubblico.