La proposta di legge statale elaborata dalla Giunta per il negoziato sui maggiori poteri regionali, sfornata dai solerti giuristi in servizio permanente a Palazzo Balbi da oltre un decennio ed annunciata in occasione dell’insediamento della declamata “Consulta delle Autonomie”, era già stata protocollata a Palazzo Ferro Fini in data 25 ottobre (prot. nr. 24290) e subitaneamente inoltrata alle competenti commissioni consiliari per i pareri di competenza.
Lo sostiene Enzo De Biasi di Riscossa Civica Veneta.
Tempismo davvero encomiabile. Infatti, tutti gli aventi titolo, vuoi gli esterni assemblati nella tribunetta d’onore in Venezia adiacente la stazione ferroviaria per facilitarne arrivo e partenza e gli altri, i consiglieri regionali, proceduralmente obbligati ad esprimersi prima della votazione finale in aula; saranno nella condizione di esaminare diligentemente ed accuratamente un atto di natura “epocale”. In verità, il prodotto in questione ricalca ed amplia il numero delle materie già richieste a Roma una prima volta e che stava, nella forma più modesta, quale allegato connesso ad un’importante decisione di giunta assunta a marzo 2016. Su tale delibera, si era consumata anzi non era affatto iniziata, la prima fase del confronto Regione-Stato stante l’impellente necessità di interpellare il popolo per far ciò che si poteva già fare, senza costi per la collettività. Sia come sia, il tempo trascorso dalla pubblicazione della sentenza della Corte che cassava a luglio 2015 ben 5 quesiti referendari su 6 predisposti ad oggi, ottobre 2017, presentazione del pdls post esito referendario, fa registrare al calendario ben 27 mesi. Periodo tutto dedicato ad approfondire ogni codicillo per il proseguo dell’iter, da parte dello stesso team di eccelse menti giuridiche che hanno difeso la Regione in sede costituzionale, nonché dal Presidente che si è assunto in primis la paternità politica dell’operazione.
Tutto ciò comporta – secondo De Biasi – che al resto della compagnia di attori più o meno istituzionali chiamati a dire la loro, residuano qualche decina di giorni pena la responsabilità di far perdere tempo oltremodo prezioso, Oibò! L’aver scelto, nel 2014, il vestitino della legge regionale anziché quello del provvedimento – peraltro le modalità di richiesta sono entrambe legittime stante il silenzio sul punto della norma costituzionale- meritava (forse) maggiore considerazione. Risultati già ottenuti: aver perso il secondo appuntamento fissato in Roma assieme alle altre due regioni a statuto ordinario ed essersi isolati come Regione del Veneto dal contesto nazionale, non valutando che -in prospettiva – l’auspicabile intesa sulle materie dovrà essere votata a maggioranza assoluta dai Parlamentari eletti nel 2018. Infine, il mancato ritiro del rinnovato quesito: “Veneto, Repubblica Sovrana ed Indipendente”, è un forte campanello d’allarme per chi intende rappresentare il 45% degli elettori veneti che hanno respinto al mittente il maxi-sondaggio appena conclusosi.