Karl Marx aveva ragione, “La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”.
La caduta dell’amministrazione provinciale di Belluno, allora elettiva presieduta da Bottacin, che nel 2011 venne sfiduciato dalla sua stessa maggioranza fu una tragedia per il territorio. Ed è bizzarro che oggi sia proprio lo stesso Bottacin, ora assessore regionale in carica, che all’epoca non riuscì a tenere insieme la provincia quando era presidente eletto direttamente dai cittadini, ad avanzare una proposta di legge affinché la Provincia di Belluno ritorni a suffragio diretto, non già indiretto com’è oggi dopo la riforma Delrio.
L’iniziativa dell’assessore contiene insomma un incancellabile peccato originale.
Ma c’è di più.
L’assessore alla Specificità di Belluno, che martedì 29 agosto presenterà in consiglio regionale la proposta di legge da inoltrare al Parlamento per la modifica della Legge Delrio, sostiene di voler con questa norma sollevare “il tema del taglio delle risorse statali per ripristinare i 27 milioni annui azzerati negli ultimi esercizi finanziari, senza i quali anche i pochi ma fondamentali servizi che dovrebbe gestire la Provincia, come la manutenzione delle strade e la messa a norma degli edifici scolastici, sono sempre più a rischio”.
Ma una cosa è l’elezione diretta di presidente, giunta e consiglio provinciale, dunque la legge elettorale. Altra cosa sono i tagli operati dallo Stato con le varie leggi di stabilità, che ubbidiscono a logiche di rango superiore che ci furono imposte dall’Unione europea, dal sistema euro, per mettere in sicurezza il bilancio dello Stato. Il pareggio di bilancio, del resto, è stato già stato spostato di due anni avanti (al 2017), rispetto alla data stabilita in origine dagli accordi europei. Ed è quindi piuttosto utopistico ritenere che la grancassa politica di periferia possa andare a toccare accordi economici sovranazionali attraverso un ritorno al passato.
Che poi partiti e partitini dicano sì e diano il loro appoggio pubblico a iniziative che promettono la luna, fa parte della dialettica politica del consenso delle masse.
Noi possiamo, con molto pragmatismo, credere o non credere che un disegno di legge abbia le caratteristiche per diventare legge.
Questo ha tutta l’aria di rimanere in un cassetto, a futura memoria.
Roberto De Nart