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domenica, Settembre 15, 2024
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Autonomia. La nostra arretratezza culturale ci ha relegato in un pesante sonno del dissenso * di Eugenio Padovan

Seppur riconoscendo ai 44 sindaci, presenti alla recente assemblea, il loro sì unanime all’effettuazione del referendum per l’autonomia della nostra provincia, per osservatori esterni, soprattutto ai palazzi del potere, non possono sfuggire i troppi distinguo emersi nel dibattito. E verso questi dobbiamo essere onesti per cogliervi le evidenze che di volta in volta hanno fatto emergere appartenenze partitiche e paure ataviche, proprie della nostra terra, che ci portiamo appresso da secoli, non riuscendo mai a liberarcene. Eppure le ragioni per farlo ve ne sono state e ve ne sono ancora a “quintalate”.

Ripetere che siamo una popolazione in via di veloce estinzione è davvero banale quando abbiamo sempre a portata di mano il bilancino delle individuali convenienze per valutare se valga o meno alzare la voce o intervenire duramente e unanimemente verso chi è capace di ordire danni e beffe nei nostri confronti. Sia lo stato nazionale sia la regione Veneto, colpevoli nello stesso egual modo per non aver voluto pervicacemente comprendere cosa necessiti per quei circa 210 mila abitanti ancora rimasti a calcare le nostre contrade, siano esse poste nei fondo valle oppure lungo i crinali delle bellissime montagne sulle quali primeggiano, le stupende Dolomiti. Ma non bastano nemmeno quelle per farci uscire dall’inedia e marginalità soprattutto culturale perché difatti, non ci siamo ancora impossessati del concetto che la battaglia che dobbiamo combattere è eminentemente legata alle nostre capacità di affrancarci dalle castrazioni culturali. Ossia, per meglio esplicitare, dagli avvilimenti, frustrazioni, inibizioni, mortificazioni che ci spengono ogniqualvolta dobbiamo far sentire la voce su questioni e problematiche vitali per la nostra sopravvivenza. Ma, peggio ancora, siamo capaci e lo siamo stati, alle nostre latitudini, ad agire subdolamente tacitando e annichilendo le giovani generazioni riducendole a subire uno status che potremo definire: non capisco ma mi adeguo per il quieto vivere altro casalingo dato distintivo.

Ed ecco i risultati dei nostri giorni nei quali non riusciamo laddove le province di Trento e Bolzano sono giunte i da decenni: governare e valorizzare i beni culturali a casa loro. Noi no! Perché? E si faccia attenzione perché non si tratta di uno sfizio ma di una questione nodale attraverso la quale i dirimpettai sono cresciuti e continuano a crescere sfidando tutti financo il governo nazionale bloccando addirittura la legge elettorale. Tutto ciò per affermare, senza mezzi termini, di come le maturazioni culturali (il contrario delle attuali immutabili ed imperanti e dannose sottomissioni) portino benefici in tutti i settori sociali ed economici. Pertanto smettiamola di piagnucolare e cresciamo facendo sentire la nostra voce forte e chiara a tutti gli interlocutori.

Stendiamo un velo pietoso sui capolavori della legge Delrio (che ha distrutto il nostro ente provincia) nome facilmente ironizzabile in deliri istituzionali così come non ci venga facile rallegrarci della Regione Veneto. Zaia in testa, appiattito sui suoi orizzonti elettoralistici mediante un doroteismo di democristiana memoria ma che certo a noi bellunesi non sta portando benefici, anzi! In conclusione e per dirla con uno dei filosofi fuori dal coro del pensiero unico dominante, Diego Fusaro: cerchiamo di svegliarci dal troppo lungo sonno del dissenso !!!

Eugenio Padovan – Movimento autonomista bellunese

 

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