Venerdì 4 novembre a Pistoia, il sindaco Jacopo Massaro ha presenziato alla cerimonia inaugurale di una targa dedicata a Belluno e ai profughi bellunesi e veneti che tra il novembre del 1917 e il novembre 1918, a seguito dell’invasione dell’esercito austroungarico e tedesco che aveva sfondato le difese italiane a Caporetto, si rifugiarono a Pistoia, dove trovarono ospitalità.
“Oltre 30.000 bellunesi, 5.300 della sola Città di Belluno – scrive Massaro nella sua pagina Facebook – fuggirono per evitare l’occupazione austrotedesca. Coloro che rimasero trascorsero uno dei più difficili anni della nostra storia, conosciuto come l’An de la fan. Gli oltre 30.000 profughi bellunesi, invece, cercarono aiuto nel resto d’Italia. Molti di loro furono ospitati in Toscana e soprattutto a Pistoia, dove ripararono anche il prefetto ed il sindaco di Belluno, che da là tentarono di tenere i rapporti con la Città e coi profughi”.
Per rendersi conto della situazione drammatica che dovette sopportare la popolazione bellunese in quegli anni, basta leggere i documenti dell’Archivio storico del Comune di Belluno disponibili anche on line, in particolare l’introduzione che parla di vessazioni, angherie e persecuzioni, requisizioni, spogliazioni e rapine per chi rimase.
Dopo il 31 ottobre 1917 allo stato civile risultano allontanati 5.291 cittadini bellunesi e ne rimasero, secondo il censimento, 3.324 in città e 16.506 nelle 36 frazioni per un totale di 19.830.
Il generale von Hordt, che prese alloggio all’Albergo Cappello, ebbe a dire: “L’Italia che volle la guerra, dovrà scontare tutte le conseguenze e perciò la popolazione, rimasta nei territori occupati, sarà trattata con rigore”!
Alla dittatura Hordt subentra il colonnello austriaco von Kantz che alloggia alla Banca Bellunese Prosdocimi & C. in accomandita, a Palazzo Cappellari oggi sede dell’Automobile Club Belluno. La situazione migliora un pochino, l’ufficiale parla discretamente italiano, fa allontanare il famigerato capitano Platzer di Feldkirchen (vicino a Villach), predone che massacrò e rubò nelle case dei bellunesi. Ma eravamo comunque in balia del Comando Superiore con sede in Prefettura. Il generale Kaltenborn, una scialba figura di vecchio, con il suo capo di stato maggiore e feroce italofobo tenente colonnello Machzecheny, e altri ufficiali della Gendarmeria, Commissione di Requisizione e Intendenza, tra cui il colonnello Kotezky, quello che voleva nutrire i bellunesi con crusca di avena, un sottoprodotto della macinazione normalmente usata per alimentare il bestiame. Tutto questo gruppo faceva vita in comune, mensa in comune e orge in comune, si legge nella introduzione del 1925 dell’Archivio storico del Comune, che raccoglie i documenti ufficiali dell’epoca.Ebbene, il colonnello von Kantz pur essendo un uomo duro, un militare, però dai sentimenti umani e distaccato dal gruppetto della Prefettura. E comunque il dato certo è che a fronte di oltre 5mila capi bovini esistenti nel novembre del 1917 rimangono solo 800 vacche a fine del 1918. Provvedimenti per i poveri? Nessuno! Opere, strade, servizi pubblici? Nessuno! Provvedimenti per orfani, vedove, famiglie dei richiamati? Nessuno! Scuole, insegnanti? Nulla! Insomma, una città spogliata e affamata, un incubo che terminò solo il I° novembre 1918 con l’ingresso in città del capitano degli arditi della Brigatra Aquila, Arturo Ferrara, alla testa di un manipolo di valorosi. La Prima guerra mondiale era terminata e con essa caddero gli imperi centrali.
“I pistoiesi sostennero i bellunesi dando loro da dormire, sfamandoli e spesso trovando loro un lavoro – scrive oggi il sindaco Jacopo Massaro – Una bellissima storia di solidarietà e comunità, dimenticata per quasi cento anni perché imbarazzava il Regno d’Italia e che oggi credo abbiamo il dovere di riportare alla luce.
Ringrazio il Comune di Pistoia per l’aiuto che ci fu dato e per aver rispolverato questo pezzo importantissimo della nostra storia.
Un grazie all’istituto storico di Pistoia per la ricerca che ha effettuato, alla dottoressa Ceiner dell’archivio storico che li ha supportati e alla professoressa Maggini per l’impegno che ha profuso nel coordinare l’istituto ed i comuni di Pistoia e Belluno in questa preziosa occasione”. (rdn)