Domani, giovedì 6 ottobre alle 10, si terrà a Roma (Via Aurelia, 481), presso l’Auditorium “V. Bachelet” – The Church Palace, Domus Mariae, l’11ma edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” realizzato dalla Fondazione Migrantes. Modera l’incontro il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napolitano. Vi parteciperanno autorità politiche e religiose ed esperti del settore. Paolo Ruffini, direttore di Tv2000, presenterà un video. Delfina Licata, curatrice del Volume La mobilità italiana tra appartenenze multiple e spazi urbani illustrerà i dati. Vi saranno interventi su “Trasformazioni demografiche e mobilità degli italiani: uno sguardo al passato per capire il presente” affidato a Sabrina Prati, Dirigente Istat – Servizio registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita. E altri autori dei 60 che hanno collaborato alla stesura dei 51 saggi.
Come non essere d’accordo con l’incipit di copertina dello studio, laddove si legge “L’idea da maturare è il passaggio a una nuova civilizzazione in cui il meticciato non significa tradire la propria origine, ma arricchirsi delle opportunità date dal mondo e dalle innumerevoli culture che lo abitano. Con questo pensiero è possibile sia vivere ovunque restando se stessi e mantenendo la propria identità, sia partecipare alla cittadinanza del mondo, al cosmopolitismo. Una partecipazione che coinvolge e non discrimina, guidata dalla solidarietà e dal rispetto reciproco, dove il dialogo e la interrelazione tra le persone diventa l’unico codice di comprensione al fine di un interesse comune”.
Un ideale inclusivo che dovrebbe accomunare tutti i popoli.
Tuttavia, quando si cammina per la strada, e si guarda in faccia alla realtà, gli ideali pare siano rimasti chiusi nei saggi degli esperti, gli stessi che probabilmente vivono in eleganti quartieri lontani dalle periferie.
Nessuna accusa di razzismo, intendiamoci, però e difficile vedere l’idillio proposto nei convegni nella vita di tutti i giorni. Faccio un esempio. In due ristoranti della Valbelluna, mi è stato riferito dai titolari, che la presenza di migranti collocati in fabbricati vicini ai loro esercizi, ha avuto l’effetto di allontanare la clientela. C’è stato anche chi ha inviato una mail al gestore per sottolineare che siffatta circostanza avrebbe dovuto essere segnalata nel sito del locale.
D’altra parte, vederli parcheggiati per un paio d’anni a pensione completa, a carico dello Stato (con quota a parte dell’Unione Europea) in attesa che la burocrazia faccia il suo lento corso, nella speranza che nel frattempo se ne vadano via per loro libera scelta, non aiuta il processo d’integrazione. Perché non mi pare che nessuno abbia mai avuto nulla da ridire sugli immigrati che lavorano.
E comunque rimane il fatto che “l’ordine di accoglienza” è partito dai vertici dell’Unione europea. E poiché a muovere il mondo non sono gli atti caritatevoli, ma gli interessi, non è difficile ipotizzare che l’immissione negli stati membri di mano d’opera a basso prezzo non potrà che produrre un abbassamento dei diritti dei lavoratori con il conseguente aumento dei margini di profitto dei “padroni del vapore”.
Roberto De Nart