Oggi con i soliti amici bellunesi ho intenzione di fare un bell’itinerario di guerra. Uno di quei percorsi tra storia e paesaggio che coniugano aria fresca e pulita con memoria del passato e dei nostri eroi caduti per la patria.
Sono sulle tracce della Grande Guerra nel Basso Feltrino, alla scoperta dei luoghi simbolo del conflitto. Ho organizzato il tutto rifacendomi ad una delle tante guide dei sentieri della Grande Guerra qui in Veneto: un tema difficile che mi ha sempre affascinato da quando visitai con mamma e papà il sacrario di Redipuglia. Ne rimasi estasiata e mi riproposi che da grande sarei ritornata. Poi ne vennero altri in Veneto, in Friuli: a Cima Grappa, a Fagarè, a Bassano, sul Pasubio…non si contano. E i libri sulla Grande Guerra? Letti quelli di Isnenghi, Janz, Petacco, Cazzullo… Film? Visti: da Francesco Rosi a Peter Weir, da Milestone a Olmi. Spettacoli teatrali? Ne ho visti numerosi a teatro e ho scritto un monologo di una contadina vedova.
Oggi l’appuntamento è al Foro Boario di Feltre, da cui partiamo per la prima tappa del percorso: il Cimitero austro-ungarico cittadino. Si prosegue poi verso Pederobba per visitare il Monumento al soldato d’Italia ed il Sacrario militare francese inaugurato nel giugno 1937. Lo si deve all’architetto Camille Montagne che pensò ad un’enorme muraglia, simbolo dell’avanzata nemica, arrestata con il sacrificio dei soldati francesi. Qui riposano circa mille soldati transalpini giunti nell’aprile del 1918 e caduti nella Battaglia del Solstizio e nella Battaglia Finale.
Si scende dall’auto – necessaria per i tratti di oltre 20 km – per andare a piedi verso il monumento: con il gruppo, cammino tra le statue che rappresentano la Madre Italia e la Madre Francia, mentre sorreggono sulle ginocchia il loro figlio morto. Nonostante le lamentele di L* che sbuffa per il caldo, si lagna della fame che bussa, del mal di testa (ne soffre solo nel w-e), procediamo per la successiva sosta: Quero, sul Col Maor che domina il fiume Piave, dove sorge il Mausoleo germanico inaugurato il 25 maggio 1939. Qui riposano 3465 caduti degli eserciti tedesco ed austro-ungarico.
E’ ora di fare un pausa. Ci appartiamo in un boschetto vicino per il classico pic-nic: siamo ben attrezzati e il cestino viveri è fornitissimo, c’è persino la crostata che G* sa fare meravigliosamente. Tra un boccone e un bicchiere (non manca un po’ di rosso che ho portato dalla mia cantina di fiducia dei Colli Euganei) e la giornata termina a Campo di Alano di Piave con la visita al Museo della Grande Guerra, recentemente riallestito.
La collezione è piuttosto ricca e ben conservata, con una presenza di documenti e foto d’epoca e con alcuni punti di eccellenza, in primis un cannone Déport da 75 mm perfettamente conservato. E’ costituita da depositi e donazioni di collezionisti privati che, riuniti in associazione di volontariato, gestiscono il museo. C’è una significativa documentazione sull’esperienza dei “recuperanti”, fenomeno socio-economico di grande rilievo che ha caratterizzato per lunghi anni le aree interessate dal fronte di guerra. Il monte Tomba fu teatro di violenti combattimenti nel periodo compreso tra la battaglia d’arresto (novembre 1917) e l’offensiva italiana di fine ottobre 1918, che portò alla conclusione della guerra il 4 novembre. Tutta la zona fu interessata dagli eventi della I e della II battaglia del Piave, quando la pressione austriaca si concentrò nel triangolo ai cui vertici stavano le cime del Tomba, del Monfenèra e del Cornella.
Si è fatto pomeriggio inoltrato e all’orizzonte si stagliano alcune nubi: sarà la solita minaccia di temporali? O solo l’effetto dello smog della pianura vista da qui? Ci affrettiamo al ritorno, col solito appuntamento del lunedì di lavoro e di routine.
Bruna Mozzi