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Lettera aperta a Zaia su Cansiglio e VenetoAgricoltura * di Michele Boato

lettera 1 Caro Luca Zaia,

ti scrivo perchè Domenica 19 c’è una grande iniziativa in Cansiglio, contro la svendita dei beni demaniali.

Ci siamo incrociati più volte in questi anni, da quando eri presidente della provincia di Treviso, e abbiamo indirettamente collaborato, in reale sintonia, per il recente Referendum sulle trivelle.

Come ben sai, la nostra Regione possiede uno straordinario patrimonio naturalistico, una serie di aree nelle quali la Natura è stata modificata poco o nulla, dove si può ancora progettare un futuro vivibile e a misura d’uomo, o conservare la nostra memoria storica.

In questo periodo, in cui la crisi ci obbliga confrontarci con la scarsità di risorse e la famosa coperta sempre più corta, dobbiamo valutare con attenzione quel che si rischia di perdere, per fare le scelte più opportune, per il bene della comunità regionale.

Le aree naturali di proprietà della Regione sono un bene da conservare e valorizzare con un’unica visione regionale, in parte svincolata da visioni localistiche che (pur a volte giustificate) possono risultare un freno ad un progetto di alto livello.

L’ente fin qui chiamato Veneto Agricoltura, come l’ho conosciuto in questi ultimi decenni, potrebbe attuare egregiamente una gestione coordinata di queste aree regionali, trasformate (questa potrebbe essere una soluzione) in una “Rete di Riserve Naturali Regionali”.

Non serve introdurre nuove regole o divieti (bastano ed avanzano quelli esistenti) ma saper sfruttar appieno le possibilità economiche che l’UE mette a disposizione per le aree protette, comprese quelle SIC e ZPS.

Sono particolarmente legato a Cansiglio ed Alpago (3 nonni/e su 4 sono alpagoti). E’ un luogo dalle potenzialità notevoli, un vero miracolo che tanta bellezza sia riuscita  a conservarsi nel tempo; ma  anche qui sembrano profilarsi tempi molto duri e due strutture molto importanti sono sempre meno supportate dalla Regione: il Giardino Alpino, elogiato da tutti, sempre con molti visitatori, ma ora con solo due operai stagionali;  c’è poi il Museo dell’Uomo che mi sembra abbia un costo estremamente ridotto, non ancora finito, che contiene reperti importanti della Preistoria, ma che deve ancora sviluppare l’importante presenza della Repubblica di Venezia, che da lassù traeva i faggi per i remi delle sue galee.

Mi pare invece di capire che siano molto forti le spinte per trasformare Veneto Agricoltura in un’agenzia devitalizzata, che non disturbi nessuno, né le organizzazioni degli agricoltori, né quelle professionali (agronomi, forestali,..), né attività economiche (vivaisti, imprese boschive, allevatori,..). Sarebbe una grossa perdita: verrebbe disperso un patrimonio di conoscenze tecniche e scientifiche ma anche di passione e serietà. Sappiamo bene che Veneto Agricoltura è un ente che, prima degli altri, è stato sottoposto a tagli di bilancio e ridimensionamento di vertici.

Per VenetoAgricoltura si sta arrivando al limite di sopravvivenza: se si conserva il numero di dipendenti, non ci sono più le risorse per operare. Molti lavoratori temono sia l’anticamera della demolizione, eppure questo ente ha sempre dimostrato efficienza e raggiunto ottimi risultati; si era  anche fatto conoscere a livello nazionale ed europeo, ma ora chi vi opera sta vivendo una fase di scoraggiamento e frustrazione.

E’ davvero utile che prevalgano gli interessi di aziende private o professionisti, che Veneto Agricoltura non disturbi più nessuno, disperdendo passione e competenza?

Ora che la nostra Regione è chiamata a dimostrare che il tempo della politica “sporca” è finito, (quello di Galan o dell’acqua mortalmente inquinata da poche aziende scellerate), ora che il Veneto si confronta con sfide sempre più impegnative, dalla conservazione della nostra identità culturale alla convivenza tra economia, salute ed ambiente, dalle colline del prosecco alla sanità, non è forse il caso di valorizzare ancor più quella compagine di operatori che ha dimostrato di saperci fare e di impegnarsi a fondo?  Un cosa è usare al meglio le risorse; altro è tagliare e  devitalizzare, sotto la pressione di interessi comprensibili ma ristretti, a cominciare da quelli dei singoli Comuni che vorrebbero “rientrare in possesso” di territori e funzioni che non hanno mai posseduto, ma che, in tempi di crisi, sono visti come opportunità di sopravvivenza.

La frammentazione porterebbe a risultati modesti, al prevalere di piccoli interessi, mentre un ente ben organizzato, motivato, non autoreferenziale, potrebbe dare consulenza tecnica ed idee al livello locale, supportandolo anche nella ricerca e nella richiesta di contributi pubblici, nazionali ed europei.

Grazie dell’attenzione e, spero, di una risposta,

Michele Boato – Ecoistituto del Veneto

 

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