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Il ’68 a Belluno. Francesco Piero Franchi: “Il ’68 è stato uno dei molti padri del terrorismo di sinistra. Si fa presto a passare dalle armi della ragione alla ragione delle armi”

Lino dall'Agnol e Francesco Piero Franchi
Lino dall’Agnol e Francesco Piero Franchi

“Il Movimento operaio era una struttura indotta dal bisogno, dai rapporti di forza. Il Movimento studentesco del ’68, invece, grafomane e logorroico, nasceva dal desiderio”.

Lo ha detto il professor Francesco Piero Franchi – uno dei promotori e leader del “Circolo Bertoldt Brecht” che in quegli anni a Belluno raccolse molte adesioni tra i giovani – nel corso della serata di giovedì scorso che si è tenuta nel salone della Parrocchia di Cavarzano (Belluno) , su iniziativa del Circolo Acli di Belluno.

“Il passato non è un relitto da contemplare – ha detto in apertura della conferenza Lino Dall’Agnol, presidente delle Acli Belluno – il ’68 infatti ha lasciato tracce anche nel mondo di oggi, con diritti che riteniamo scontati. Ma 50 anni fa non era così”.

Dopo un periodo di forte sviluppo economico (con il passaggio di milioni di occupati all’agricoltura all’industria) era lecito sognare un mondo diverso, contro le vecchie ideologie e l’autoritarismo. Si allargavano i diritti, sindacati ed associazioni chiedevano autonomia dai partiti, si proponeva l’obiezione di coscienza alla Leva militare e anche la Scuola (che dal 1963 aveva introdotto la Media unificata con esclusione dell’insegnamento del Latino) veniva investita da richieste di radicale trasformazione (“Lettera ad una Professoressa” di don Lorenzo Milani 1967).
Il periodo trattato può sembrare lontano dai problemi attuali, ma da lì sono venute conquiste e problemi, acquisizione di principi validi ed illusioni.

Piero Francesco FranchiFrancesco Piero Franchi ripercorre tutte quelle fasi che hanno dato origine alla contestazione studentesca sfociata nel ’68. Sono gli anni della guerra in Viet-Nam e dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia, che rappresentano due tradimenti in ambedue gli schieramenti, di coloro che strizzavano l’occhio agli Stati Uniti, simbolo della libertà, e per i giovani della sinistra vicini al comunismo sovietico. Così si misero in moto degli orfani di questi ideali infranti. Mentre l’Italia camminava velocemente con la ricostruzione, il boom economico e una presa di coscienza.

Nel 1963 il disastro del Vajont sveglia le coscienze sociali e l’opinione pubblica si divide in due. C’è chi segue la linea di Tina Merlin, giornalista de L’Unità, che dice “ve l’avevamo detto”. E chi invece segue i negatori alla Dino Buzzati del Corriere della Sera che scrive di “una fatalità, natura assassina”. I giovani borghesi di Belluno non poterono rimanere indifferenti dinanzi alla mostruosità che stava succedendo, ossia il dominio del capitale sul territorio.

Nel 1965 a Belluno – ricorda il professor Franchi – un gruppo di partigiani, attraverso “Nuova resistenza” vollero far conoscere quello che era successo prima e chiesero l’applicazione della Costituzione.

All’inizio, il ’68 è un movimento di élite immerso in un contesto di sovrabbondanza di merci. Il maggio francese – sottolinea Franchi – non è cominciato per nessuna ragione strutturale seria. Ma solo perché in un collegio femminile entrarono dei ragazzi, arrivarono i poliziotti e pestarono gli studenti. Non basta, i parrucconi della magistratura francese ordinarono la visita ginecologica alle ragazze per stabilire se vi fossero stati rapporti. Da qui divampò la protesta. Intanto il papa Paolo VI° nega la liceità della pillola anticoncezionale, cosicché si gioca un’intera generazione. Anche i partiti storici della sinistra perdono quella generazione. Insomma, una totale incapacità di comprendere le nuove generazioni.

A Belluno i comunisti i socialisti e i sindacati dimostrarono un’apertura con i giovani e anche la Chiesa non era la stessa cosa della Dc (Democrazia cristiana) di Belluno. Così, nel giugno del ’65, un gruppo di giovani cattolici e il Ctg (Centro turistico giovanile) che allora era davvero composto da giovani, misero in piedi una rappresentazione teatrale d’avanguardia per i tempi, che andò in scena al Centro Giovanni 23mo, costruita sul Diario di Anna Frank, le lettere della Resistenza e il blues dei neri americani. Il 3 aprile del 1966 sempre al Giovanni 23mo lo stesso gruppo propose “Marziani in città” uno spettacolo per raccogliere fondi per l’India. C’era questo vivere insieme dei giovani, appartenenti a schieramenti diversi, destra, sinistra e cattolici.

Anche in Italia la scintilla che incendia le polveri non è scoccata da grandi questioni sociali. Succede sempre nel 1966 al Liceo Parini di Milano, dove studiavano i figli della borghesia milanese. Il giornalino d’istituto La Zanzara aveva pubblicato un questionario che conteneva alcune domande sulla sessualità. L’Italia democristiana e clericale interviene immediatamente, scatta l’indagine della Procura e poi l’arresto dei tre giovani autori che poi saranno assolti (insieme al preside). I giornali non capiscono quello che sta succedendo e liquidano il caso come “Scandalo Parini”. Di tutto questo si discute a Belluno tra i giovani universitari che a fine settimana rientrano. Intanto sale il conflitto. Il 27 aprile 1966 Paolo Rossi, studente di architettura di 19 anni, viene ucciso da un gruppo di fascisti davanti alla Facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma. Scontri anche a Padova sempre nell’aprile ’66 dove sono coinvolti studenti bellunesi. A creare l’occasione è una messa in memoria di Mussolini. Il I° maggio del ’66 c’è Almirante, leader storico del Movimento sociale che incautamente chiede di parlare nella “cosiddetta piazza dei Martiri”. Una parola di troppo che fa indignare i bellunesi. Così il comizio viene autorizzato in piazza Piloni dove ad intervenire sono i pompieri con gli idranti che non risparmiano il palco dei relatori. Nel settembre del 1966 in un bar di Belluno avviene l’incontro tra Mario Rostagno (sociologo, giornalista, fondatore di Lotta Continua, ucciso nel 1988) e Renato Curcio (ex terrorista, editore, saggista e sociologo, fondatore delle Brigate Rosse), dal quale nasce il “Gruppo 16”. “Dal numero civico di via Santa Maria dei Battuti – precisa Franchi – abitazione di chi ci ospitava. Il Gruppo 16 aveva sentimenti culturali, ma non un’ideologia politica. Le ragazze del gruppo erano estremamente contenute. E mentre la Democrazia cristiana continuava a perdere i giovani, la Chiesa riusciva a trattenerli”. Il 25 febbraio del 1967 c’è il primo concerto beat-rock a Belluno che riscuote successo di pubblico. Il Psiup, il partito a sinistra del Pci, parla del Viet-Nam ai giovani e della guerra imperialista. Il 25 aprile del 1967 l’Ampi decide che era ora di finirla di far celebrare la Liberazione ai superstiti perché bisognava passare la fiaccola a quelli più giovani. Al teatro Comunale, il Gruppo 16 mette in scena “L’istruttoria” di Peter Weiss, il dramma tutto auto prodotto, tratto dalle sedute del processo contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz, che si tenne a Francoforte sul Meno tra il 10 dicembre 1963 e il 20 agosto 1965. “Dopo questo spettacolo – racconta il professor Franchi – avviene l’apertura della Sinistra. Il 7 maggio c’è l’incontro ufficiale con il Pci con il dottor Valentino Dal fabbro che ci consegna un assegno di 25mila lire incoraggiandoci ad andare avanti. Seguirono manifestazioni per il Viet-Nam e i cattolici organizzarono processioni per la pace. Ma il gruppo era troppo eterogeneo, c’era chi non voleva compromissioni con la politica. Così il 6 settembre 1967 nasce il CBB Circolo Bertold Brecht, anche se all’inizio volevamo chiamarlo Che Guevara. All’inizio senza una sede, che poi trovammo in Piazza delle Erbe vicino a quella del vecchio Psiup, perennemente aperta, dove si viveva insieme, come erano allora i movimenti totali. L’8 ottobre 1967 andammo tutti a Vicenza a manifestare contro la Base militare della Nato affiggendo manifesti in tutta la città. Il Gruppo 16 chiude la sua attività con un dibattito sull’alluvione del 1966, mentre il Circolo Brecht continuò. Non avevamo collegamenti nazionali, in provincia eravamo in contatto con Cadore democratico, un giornale diretto dai comunisti. E a Belluno con gli studenti cattolici di Gioventù studentesca da cui nasce il gruppo “Qui è ora” con leader Matteo Fiori. Portammo a Belluno Lidia Menapace, ex staffetta partigiana, leader del femminismo italiano, insegnate universitaria, sarà eletta al Senato con Rifondazione Comunista. Manifestammo alla base Nato di Aviano. Nel 1968, in occasione della proiezione del film sul Viet-Nam, Berretti verdi, con John Wayne bloccammo il Teatro comunale per 3 giorni fino al 9 novembre. Il 18 gennaio del 1969 avviene l’incontro a Belluno con esponenti del Baʿth siriano, un partito politico panarabo, per ridiscutere i problemi del Medio Oriente. Ne uscirà un documento interno nel quale si sottolineano le difficoltà. Il 31 gennaio del 1969 nascono i Cubi, i comitati di base con Toni Sirena. Quindi il Circolo I° maggio, Fronte Unito, e il Partito comunista marxista leninista. In Cadore il Circolo Angela Davis (attivista del movimento afroamericano statunitense)”.

Il professor Piero Francesco Franchi, pur riconoscendo l’importanza del ’68, conclude con una sostanziale condanna. “Il ’68 è uno dei padri del terrorismo di sinistra. Si fa presto a passare dalle armi della ragione alla ragione delle armi”.

(rdn)

 

 

 

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