«Le forze nucleari sono un milione di volte più forti delle forze atomiche. Cinque grammi di biossido di uranio, infatti, equivalgono a 640 Kg. di legna, 360 m³ di gas, 400 Kg di carbone».
Lo ha detto Sara Bortot, ingegnere nucleare, laureata al Politecnico di Milano dopo aver frequentato il Liceo Classico di Belluno, ricercatrice a Stoccolma, Zurigo, Genova e attualmente docente universitaria in Svizzera, relatrice sabato pomeriggio alla conferenza sui reattori nucleari di IV generazione tenutasi al Centro Giovanni 23mo di Belluno, promossa dall’associazione D.N.A, Dolomiti Nuclear Association che si prefigge di promuovere l’informazione sul nucleare.
Dopo la presentazione del presidente dell’associazione professor Oscar Bertaggia e l’introduzione del dottor Filiberto Dal Molin, medico radiologo, la relatrice ha spiegato nei dettagli il funzionamento dei reattori nucleari, iniziando dall’atomo, alla reazione a catena alle varie tecnologie impiegate e disponibili attualmente nel mercato».
La prima elettricità prodotta dal nucleare, risale al 1951 per quanto riguarda il nucleare civile. La I^ generazione di reattori nucleari va dagli anni ’50 fino al 1960. La II^ generazione arriva al 1995. La III^ generazione fino al 2010. La III^ generazione + . E infine la IV^ generazione, con sistemi innovativi, dal recupero delle scorie per il successivo riutilizzo come materia prima, alla sicurezza. Impianti disponibili solo intorno al 2030, salvo i piccoli Sealer da 10 Mw per i quali l’attesa è più breve.
Per quanto riguarda i reattori a neutroni veloci di terza generazione, quindi già in uso soprattutto in Cina e India, esistono tre tipi di tecnologie impiegate. Nell’Astrid francese, ad esempio, al posto dell’acqua viene impiegato sodio, metallo liquido che consente di elevare le temperature di esercizio migliorando il rendimento. Per contro va considerata la pericolosità di esplosione a contatto con l’atmosfera. Largamente usati anche i reattori a gas (Allegro) e quelli a piombo (Myrrha) probabilmente i più sicuri.