Si fa un w-e in un paese del bellunese, il bel paesino di Z. dove “la neve non cade firmata” dice un noto scrittore, alpinista e scultore della nostra montagna. Va per passare due giorni di relax tra boschi autunnali e un po’ di calore del camino già acceso. Ha previsto domattina un po’ di trekking, robetta leggera e piacevole. Ci arriva alle 11 del mattino di sabato e scende dall’auto nella piazza centrale. Scatta una foto al paesaggio che ha colori stupendi. Estrae dalla tasca il suo smartphone e clic… fa una foto, la prima di tante! Poi ferma una signora forse un po’ troppo anziana per pretendere che risponda. Non la guarda nemmeno e tira dritto. Ferma un anziano, un signore vestito dimesso sulla sessantina, le risponde bofonchiando qualcosa e se ne va. E’ un po’ scoraggiata, ma non demorde. Nel frattempo i colori son cambiati e si scatta un selfie con lo sfondo della montagna a solatio. Poi attende il passaggio di un giovane fino alle 11:30: allora dalla pasticceria della piazza si affaccia un tipo sulla ventina, gel fino all’ultimo capello, taglio alla moda, rapato ai lati e ciuffo in alto al centro. Gli chiede l’info: le risponde a malo modo e sale veloce nel bolide rosso fiammante dove lo attende la ragazza di turno. Pensa tra sé e sé: o è la gente di montagna o son io che non ingrano. Si distrae con l’ennesima foto e stavolta estrae pure il suo bastoncino per i selfie, quello allungabile per Self Portrait. L’ha comprato sulle spiagge questa estate per qualche euro.
Oramai sono le 12. In casa di M. l’attendono almeno entro sera: li chiama e avvisa che arriverà con un leggero ritardo. E’quasi disperata. Si siede ad un tavolino per un caffè: ordina e sfoglia il giornale. Vede un articolo che la interessa: scatta una foto. Poi con calma se lo rileggerà a casa sul tablet. Arriva un avventore in costume tipico: gli chiede come mai sia abbigliato così. Non le risponde. Ma che cosa avrò mai combinato che nessuno mi dà ascolto? dice tra sé e sé. Il cameriere dice che c’è una festa in piazza e per le vie, nel pomeriggio, coi costumi tipici e con musica e balli. Se lo segna sull’agenda del cellulare. Nel frattempo vede che ha poca batteria e se non risolve a breve il problema, il cellulare l’abbandonerà. Il cameriere è un bel tipo muscoloso e simpatico coi baffetti old style: gli chiede un selfie per la sua raccolta di volti originali – oltre a quella delle foto coi vip e con i personaggi noti – e le dice sì. Scatta la foto, poi saluta ed esce. E’ sempre più rassegnata, quasi sconsolata. Ma persiste: passa una coppia di tedeschi bavaresi in evidente divisa da escursione. Salutano con un cenno e con un secco “Grüß Gott”, lei risponde con un banale e imbarazzato “hallo” e ruba una foto mentre già stanno svoltando l’angolo. Si gira di scatto perché sta per essere investita da un bolide che sfreccia e che probabilmente sta andando verso C. la perla delle Dolomiti. Si gira e scatta una foto alla targa: qualcosa si vede, ma non è nitida come vorrebbe.
Ancora mezza tacca. Anzi meno di mezza. Oramai quasi zero. Zero.
E’ senza telefono, nessuna connessione, nessuna telefonata, niente navigatore dello smartphone, ovvio… nessuna foto: si sente come nuda e completamente isolata.
Entra nel bar di prima, chiede istruzioni per andare in Via…, le ottiene e ci arriva poi con difficoltà. Senza cellulare non si sente più nessuno. Non è – forse – nessuno. La cosa è preoccupante, ma succede a tanti, oramai a quasi tutti. Arriva a casa degli amici e la prima cosa che chiede dopo i saluti è se hanno un caricabatteria per il modello tal dei tali di cellulare. Le dicono “no, purtroppo no “. Resta mogia tutto il pomeriggio finché, la sera, non torna il figlio minore, un ragazzino di 15 anni che era uscito a cena per la pizza con la fidanzatina. Ha il caricabatteria adatto al suo telefonino: esulta, non le par vero. Rinasce e riprende vita. Sorride, fa battute, è quasi euforica.
E’ un episodio narratomi da un’ amica, ma è anche la storia di molti, forse di troppi: i nuovi (nativi o non nativi) digitali, come dice qualcuno i “digitambuli”. Disperati, se non si fanno un selfie ogni cinque secondi, ansiosi, se non possono mandare un sms, nervosi, se non whatsappano qualche emotikon. Figli di un dio minore, forse. Oppure semplicemente, figli di una società liquida, alla Baumann. Lo dicono anche di voi: siete dipendenti dal cell. Ma sarà poi vera dipendenza?
Bruna Mozzi