“La riforma costituzionale in corso di discussione al Senato rischia di depotenziare le autonomie locali, svuotando di competenze le Regioni e affermando il principio generale “Prima lo Stato”. E’ un passo indietro, uno schiaffo ai principi di sussidiarietà e buon governo. Gli unici a salvarsi ancora una volta sono i cugini autonomi di Trento e di Bolzano”.
E’ questo in sintesi il messaggio contenuto nell’intervento pronunciato dal senatore Giovanni Piccoli durante i lavori in corso al Senato per la riforma della Carta Costituzionale.
“Il problema non è tanto e solo il ruolo del Senato quanto la visione futura dei rapporti tra Stato e Regioni e, più in particolare, gli enti locali”, afferma Piccoli che circostanzia: “Anziché fare chiarezza sul riparto di competenze tra Stato e Regioni, si è fatta ancora più confusione, introducendo una clausola di supremazia a favore del primo. A creare caos è anche la novità delle “disposizioni generali e comuni” che nei fatti consente allo Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie di competenza regionale. Così non va bene: si incentiva il caos interpretativo e, con ogni probabilità, anche la conflittualità davanti alla Corte Costituzionale”.
“Questo sistema porta dritto a una nuova stagione centralista con buona pace delle diverse rivendicazioni territoriali: ancora una volta la “livella” dell’Esecutivo potrà abbattersi sulle Regioni senza fare distinzione alcuna tra realtà virtuose e realtà sprecone. Ancora una volta, per il Veneto, è una operazione al totale ribasso”.
“L’operazione è chiara: la mortificazione delle Regioni passa attraverso l’indebolimento del Senato e viceversa. Altra cosa sarebbe un Senato con Regioni forti, responsabili e messe nelle condizioni di operare e guardare in faccia lo Stato senza rapporti di subalternità”.
“A rendere tutto questo intollerabile è la clausola di salvaguardia a favore delle autonomie speciali che possono continuare a contrattare con lo Stato nuove forme agevolative, anche in materia fiscale. Più che una riforma, è una controriforma”, conclude Piccoli.