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domenica, Settembre 15, 2024
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Il bambino sulla spiaggia, la deportazione economica e il disegno delle oligarchie

bambino morto sulla spiaggia in Turchia - CopiaSembrava addormentato, non c’è violenza, non c’è sangue, in quella foto pubblicata dai media che ritrae il piccolo Aylan, il bimbo siriano di 3 anni morto annegato e trovato sulla spiaggia di Bodrum in Turchia qualche giorno fa. Quella foto, icona della fuga dei popoli dell’Africa, ha costretto l’opinione pubblica europea ad interrogarsi su quello che sta accadendo. Per non essere complici ignavi di tante morti innocenti.
Ecco, questo è il messaggio veicolato dai media e che sta già modificando l’atteggiamento dei governi sulla questione migranti.
Ebbene, fatto salvo il diritto di tutti a salvare la propria pelle fuggendo dagli stati in guerra, ed affermata la nostra piena solidarietà a costoro, posto che nulla accade per caso, dobbiamo chiederci: a chi giova tutto questo?

A rispondere alla nostra domanda è Moreno Pasquinelli, conoscitore delle questioni mediorientali, con un articolo pubblicato il 2 settembre su sollevazioneblogspot.it
Diciamo innanzitutto che nei primi 6 mesi del 2015 sono mezzo milione i migranti che hanno chiesto asilo politico e sappiamo che una minima parte di questi possiedono i requisiti di rifugiato, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951. Ossia lo status di coloro che sono costretti a lasciare il loro paese temendo a ragione di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche. La maggior parte, infatti, sono “migranti economici” ossia coloro che lasciano il loro paese d’origine liberamente, in cerca di condizioni migliori dal punto di vista economico, sociale o culturale.
Questa “deportazione economica”, come la definisce Pasquinelli, è motivata principalmente da cinque ragioni.
1) immettere in Europa milioni di disperati pronti a vendere la loro forza-lavoro per quattro soldi rafforza la tendenza all’abbassamento generale dei salari ed alla competizione selvaggia tra lavoratori a tutto vantaggio del capitale;
2) la fuga in massa contribuisce alla desertificazione dei paesi da cui si emigra ed è utile alle classi dominanti di quei paesi in quanto, sgonfiando le tensioni sociali endogene, consolida il loro dominio;
3) l’immigrazione in massa contribuisce in maniera determinante a distruggere il tessuto connettivo o demos dei paesi ospitanti.
4) in questa situazione la democrazia e diritti di cittadinanza sostanziali sono destinati a sparire a loro volta, per lasciare il posto a stati di polizia ed a relazioni neofeudali di servaggio e sudditanza, fatti salvi diritti cosmetico-formali “per le minoranze” e innocui spazi-ghetto comunitaristici.
5) Deportare decine di milioni di immigrati è strategicamente funzionale al disegno di sopprimere gli attuali stati-nazione e fare dell’Unione un impero. Per squagliare le comunità nazionali e rimpiazzarle con quella europea, le élite dominanti hanno infatti bisogno di introdurre un elemento esterno disgregante, dissolvente le diverse identità storico-nazionali.

Quella “società inclusiva”, insomma, sostenuta con nobili ragioni etiche sia a sinistra come nel mondo cattolico, secondo cui tutti gli immigrati devono essere accolti, in ultima analisi – secondo Pasquinelli – potrebbe portarci all’autoannientamento, secondo il disegno delle oligarchie ispirato al massimo profitto.

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