13.9 C
Belluno
sabato, Ottobre 5, 2024
HomeCronaca/PoliticaIl rubinetto dell'acqua torni alla montagna * di Eugenio Padovan

Il rubinetto dell’acqua torni alla montagna * di Eugenio Padovan

Eugenio Padovan
Eugenio Padovan

Le significative considerazioni rilasciate da Sergio Berardo dei “Lou Dalfin”, gruppo musicale piemontese impegnato nel recupero della tradizione musicale occitana, in una intervista pubblicata dalla rivista del CAI del mese di agosto “Montagne 360” racchiudono, più di ogni altro studio di esperti, studiosi il gravissimo stato in cui versano, oggi, la montagna e la sua gente.

Difatti alla domanda “che cosa è per lei, per voi Dalfin, oggi la montagna?  egli risponde :“innanzitutto una realtà che ha il diritto di esistere come tutti gli altri posti, ma spesso questo destino sembra essere negato quando decidono gli altri. La montagna è spesso considerata una risorsa, anche maltrattata, che però ha vissuto bene come terreno di scambio, di passaggio, di incontro tra la gente. Ecco, io della montagna apprezzo soprattutto la gente”.

Una premessa, quella di Berardo, che ci porta dentro le nostre vallate che versano nelle condizioni che conosciamo bene o, meglio, che dovremmo avere ben presenti almeno, a seguito dei disastri ambientali a cui abbiamo assistito in questi mesi e che hanno impietosamente messo davanti ai nostri occhi la pericolosità e fragilità del nostro bellissimo territorio. E, dunque, come potremo agire utilmente cercando di non cadere nella solita colonna sonora delle lamentazioni sterili verso il politico di turno che, nella migliore delle ipotesi, è estraneo al vivere quotidiano del montanaro. L’agire lo sottende proprio Berardo, quando afferma di come la montagna sia una realtà che ha il diritto di esistere al pari di tutti gli altri posti ma, che purtroppo, tale destino viene negato quando decidono gli altri. E, pertanto, il significato che ne traiamo è che il nostro presente e futuro ce lo dobbiamo immaginare, disegnare e costruire noi tutti evitando di farci intrappolare da logiche funzionali ad altri ambiti, seppur confinanti, come quelli della pianura trevigiana. E’, infatti, palesemente falso di come fondere servizi e strutture sociali ed economiche sia il toccasana per noi per la nostra sopravvivenza. Allorquando è nell’ordine delle cose che a prevalere sarà sempre il più forte non solo economicamente ma pure politicamente. Con il permanere di questo equivoco otterremmo il solo risultato che da tempo si sta materializzando (tanto per fare un esempio con la manipolazione della sanità l’impianto dei vigneti e frutteti finanziati dalla regione ma condotti da gente estranea al bellunese) di una colonizzazione governata dal più forte ed il soccombere delle nostre particolarità anche paesaggistiche (la modificazione delle orografie).

Tutto quanto sin qui esposto potrebbe assumere il significato di una descrizione teorica ed inutile al fine di comprendere come quantomeno tentare di uscire da questa veloce corsa verso la nostra estinzione. Senza premettere di come nessuno possa possedere delle formule magiche capaci di risolvere i tanti problemi una cosa, come bellunesi, la potremo mettere in atto. Cogliere le occasioni quando si presentano. La siccità che ci ha colpiti in questi mesi. Come ben sappiamo o dovremo sapere, noi possediamo un bene prezioso, l’acqua che elargiamo a piene mani alla pianura. Giusto si affermerà, l’acqua non si nega a nessuno. E, quindi, le produzioni agricole vanno tutelate e salvate affinchè possano produrre reddito. Di converso lo svuotamento dei nostri laghi in piena stagione estiva e turistica con i conseguenti e gravi danni per le popolazioni rivierasche della montagna (lago del Centro Cadore e quello di Arsiè). Se da un versante non è logico vedere bruciare i campi dal solleone, dall’altro non è nemmeno giusto che a pagare le conseguenze siano sempre i montanari. Eppure avviene proprio così perché a prevalere è, comunque, il più forte mentre dalla nostra parte, come si è potuto vedere su Rai Veneto c’ è stata la supplica rivolta alla regione fatta dal sindaco di Arsiè.

Di fronte a queste continue sopraffazioni ci devono essere risposte altrettanto forti e decise che ci vengono dal possedere metaforicamente un rubinetto e quindi della possibilità di chiuderlo e riaprirlo nel momento che saranno concordate delle eque ridistribuzioni delle risorse. In altre parole se la verdura, il vino e gli altri prodotti che vengono dalla pianura devono essere pagati perché l’acqua, un bene prezioso e sempre più fondamentale e decisivo per il presente e futuro dell’uomo, deve essere sprecata, mal considerata e malpagata? Stanno dentro questa equazione gli strumenti e le possibilità di sopravvivenza della nostra montagna e sue genti, di tornare a vivere con dignità e pieno governo delle proprie specificità e risorse.

Eugenio Padovan

- Advertisment -

Popolari