La legge di stabilità si abbatte sulle strutture periferiche. E se da un lato viene premiato l’accorpamento dei piccoli comuni, dall’altro si tagliano i canali di sostentamento di altre realtà, per costringerle al dimagrimento. E’ il caso delle Camere di commercio, per le quali è stato programmato il dimezzamento entro il 2017 della quota di iscrizione delle imprese associate, che oggi pagano 140-160 euro l’anno. I diritti camerali, infatti, sono ridotti del 35% nel 2015, del 40% nel 2016 e del 50% dal 2017 (art. 28 Legge n. 114/2014 di conversione del decreto legge n. 90/2014). Inevitabile quindi la riorganizzazione e l’aggregazione territoriale che vede l’accorpamento forzato della Camera di commercio di Belluno con quella di Treviso oppure con Vicenza. Si tratta di una legge nazionale che colpisce indistintamente tutte le Camere di commercio, ma che applicata nel nostro territorio va a sommarsi ad una serie di provvedimenti già attuati che svuotano progressivamente la montagna di presidi.
Un già visto, insomma, che si ripete anno dopo anno. L’8 maggio 2009, dopo 115 anni, chiudeva la filiale di Belluno della Banca d’Italia, insieme ad altre 32 piccole sedi o perché ritenute di scarsa operatività. Analoga sorte toccò alla Cisl di Belluno, per la quale nel dicembre del 2012 venne decretato l’accorpamento con Treviso poi attuato nel corso del 2013. Una cura dimagrante per il sindacato che portò da 120 a 70 sedi e nel Veneto da 7 a 5 con unificazione Padova e Rovigo e Treviso-Belluno.
Ma nel 2006 c’era anche uno studio del ministero di Grazia e giustizia che prevedeva l’accorpamento del Tribunale di Belluno a Treviso, che rimase fortunatamente inattuato. Salvo l’accorpamento a Belluno degli uffici periferici dei giudici di pace di Pieve di Cadore e Feltre.
Quello che invece non andò in porto, benché il futuro sindaco di Belluno già nell’aprile 2012 ne auspicasse l’attuazione, fu l’accorpamento delle Ulss 1 di Belluno con la Ulss 2 di Feltre.
“Sarebbe stata una delle poche occasioni per noi bellunesi di dimostrarci ‘moderni’ – dichiarò Massaro – , comprendendo che nel 2012 non possiamo più sostenere l’incredibile frammentazione data da 69 Comuni, varie Comunità montane, numerose autorità d’ambito, Consorzio Bim, una miriade di società partecipate, 2 Ulss, che amministrano ed erogano servizi per sole 200 mila persone. Tutto questo genera un elevato costo per la Comunità, ma soprattutto una totale inadeguatezza decisionale causata dallo spezzettamento. Un esempio su tutti, l’incapacità dei Comuni dell’Aato di decidere le corrette tariffe dell’acqua, che ha generato il buco da 80 milioni di euro in Bim Gsp”.