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Rinviato a domenica, al rifugio Galassi lo spettacolo “Vajont, una rabbia più grande della pietà”

In relazione alle avverse condizioni metereologiche di venerdì 15 agosto e a quelle favorevoli del fine settimana, il Teatro del Fiume, lo spettacolo ‘ VAJONT, UNA RABBIA PIU’ GRANDE DELLA
PIETA’, verrà rappresentato DOMENICA 17 AGOSTO ORE 11.30 sempre davanti al rifugio Galassi, sopra San Vito di Cadore.

Venerdì 15 agosto alle ore 11, la compagnia teatrale amatoriale Teatro del fiume e il Cai di Mestre organizzano lo spettacolo “Vajont, una rabbia più grande della pietà” presso l’area antistante il rifugio Galassi (2018 mt. s.l.m.), Calalzo di Cadore (BL)

“Vajont, una rabbia più grande della pietà”  è una coralità di anime, di vittime, di voci tutte defunte che, in una dimensione ultra-terrena, superano il trauma della loro tragedia e, con non poche difficoltà dovute al descrivere il proprio vissuto (talvolta sommerso, talvolta nostalgico), riavvolgono il tempo all’indietro e affrontano con coraggio, uno per uno, i maggiori responsabili del più grave disastro dell’Italia moderna. In attesa di una sentenza che tolse alle vittime anche la giustizia e, da quello stesso processo che l’avrebbe dovuta far emergere, qui, finalmente, verrà dispiegato un processo umano, nella piena consapevolezza postuma di chi subì quel disastro: le persone.

Per alcune anime c’è la difficoltà di riaprire le ferite e farle sanguinare nuovamente. L’incontro-scontro con quei poteri, da sempre incapaci di ammettere le proprie colpe ma capaci di annichilire la verità o seppellire la giustizia, è necessario. La sofferenza delle vittime qui evolve in indignazione informata e in rabbia consapevole, per mostrare quanto solo la profonda conoscenza dei fatti possa fare la differenza tra chi subisce e chi infligge.

“Una rabbia più grande della pietà per i morti” enunciata dalla giornalista Tina Merlin, fu la frase più rappresentativa, di quella tragedia. Frase dalla quale si è partiti in questa ricerca dei fatti, incrociata con concreti personaggi e il loro vissuto, di quel mondo, cinquant’anni or sono. Vittime di quella maledetta notte o vittime postume, tutte, capaci però, di osservare e descrivere il prima e il dopo tragedia, sino all’attualità.

Al centro di tutto questo ci sono le donne e l’acqua. Le donne di Longarone, Erto e casso. Le donne soggiogate da quella società maschile e maschilista che, in nome della scienza e del progresso, non le vide e non le volle vedere. E infine l’acqua, elemento “chiave” di tutta la vicenda, quale valore da preservare (e tutelare) per la nostra vita su questa parte di mondo.

Ingresso libero e responsabile.

 

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