
“Nei giorni scorsi la stampa locale ha dato forte risalto a quella che è stata definita la “prova generale di fusione tra Confindustria di Belluno e Unindustria di Treviso”. Tra le varie, e tutte legittime spiegazioni, si evidenzia che questo processo di fusione ha già interessato i Sindacati. Mi permetto di sottolineare che questo processo di fusione, che assolutamente rispettiamo, ha interessato in realtà le organizzazioni sindacali della Cisl e della Uil”.
Lo afferma in una nota Renato Bressan, segretario generale Spi-Cgil Belluno.
“Infatti – prosegue la nota – la Cgil e le categorie compresa quella dello Spi di Belluno non ha proceduto ad alcuna fusione con altre strutture provinciali. Questo non vuol dire che non vi sia anche al nostro interno una discussione in merito che, ovviamente, troverà il suo compimento col prossimo congresso ormai alle porte, ma per quanto riguarda la mia struttura che, per effetto anche dell’invecchiamento della popolazione, rappresenta circa la metà degli iscritti totali, non ritiene di procedere a fusioni con altre strutture provinciali. Le ragioni, a nome anche di tutta la mia Segreteria, le ho già esposte alla Direzione Regionale del mese scorso dello Spi-Cgil del Veneto alla presenza della Segreteria Nazionale.
Non neghiamo, infatti, le tante criticità che si manifestano pesantemente nel nostro territorio, come peraltro abbiamo dimostrato con l’ultima analisi socio/economica del Maggio scorso, che diventa, per noi, uno strumento necessario negli incontri che stiamo tenendo in questo periodo con i Comuni del nostro territorio in vista dell’approvazione dei bilanci previsionali 2013. Del resto, l’esperienza insegna che accorpare realtà omogenee è già impresa ardua figuriamoci territori socio/economici completamente diversi tra loro. Se guardiamo, infatti, agli andamenti demografici, scopriamo che mentre Belluno perde da anni popolazione passando da 210.503 abitanti del 2002 a 209.313 del Gennaio 2013, Treviso cresce da altrettanti anni passando da 808.076 abitanti del 2002 a 881.543 del Gennaio 2013. Se poi sezioniamo questo dato per fasce di età non si può non rilevare come la forza lavoro trevigiana rappresenti abbondantemente più del 65% sul totale abitanti, mentre quella bellunese è poco più del 63%.
La popolazione anziana a Treviso è poco più del 19% e a Belluno si attesta quasi al 24%, mentre per quanto riguarda la popolazione più giovane a Treviso raggiunge quasi il 16%, mentre a Belluno sta sotto il 13%. I dati demografici aiutano ad indirizzare le politiche economiche e sociali di un Governo di un territorio. È del tutto evidente che a Belluno le politiche e la relativa spesa sociale dedicata alla popolazione anziana, sia per quanto riguarda l’offerta socio/sanitaria, che non attiene esclusivamente alla pur fondamentale rete ospedaliera, ma anche all’assistenza domiciliare, i pasti a domicilio, le case di riposo, i centri diurni e tanti altri ha la necessità di trovare sostanza ben diversa da quelli di altri territori. Lo stesso servizio di trasporto che deve servire un territorio con una densità abitativa di 56 abitanti per Kmq, mentre a Treviso la densità si attesta a 355 abitanti, deve avere caratteristiche di gestione ben diversa. Le politiche economiche e di sviluppo locali necessitano di ben altre attenzioni.
A tal proposito potremo elencare i differenziali che riscontriamo nel settore delle infrastrutture non solo materiali, ma anche immateriali. Non mi riferisco solo ai collegamenti stradali, alla distanza dai grandi snodi commerciali, all’assenza di piattaforme logistiche, alla più che carente rete idrica, energetica, informatica e cioè a tutto ciò che incide nella formazione dei costi di produzione, ma anche a quelle potenzialità di sviluppo insite in un territorio montano e rappresentate dal patrimonio dolomitico, boschivo, faunistico, agricolo, forse a ben guardare anche floro/vivaistico e l’artigianato artistico che possono creare valore aggiunto e occupazione in modo diretto e indirettamente favorire lo sviluppo turistico. Si tratta, cioè, di capitalizzare, in modo adeguato e rispettoso del nostro ambiente, quegli elementi competitivi naturali che sono esclusivi della montagna. Non è questa per il sindacato dei pensionati una discussione astratta, ma vitale per la sostenibilità dei servizi sociali sopraddetti.
Per questo siamo fortemente preoccupati dei tassi legati al rapporto giovani/anziani e del tasso di sostituzione delle forze lavoro laddove entrambi ci vedono in forte difficoltà rispetto la pianura trevigiana. Anche qui o riusciamo ad invertire una curva di tendenza che non ci consente di mantenere i tassi di attività adeguati al sostegno di un welfare locale oppure il perimetro di accesso all’erogazione dei servizi stessi continuerà restringersi. Non è un caso che negli incontri pubblici col territorio e con i nostri Comuni continuiamo ad insistere perché si proceda, col necessario coinvolgimento delle popolazioni locali, alle fusioni dei Comuni se si vuole conseguire maggiori vantaggi economici a partire dai contributi straordinari statali. Ciò attiene, sia ad una necessaria razionalizzazione e riordino territoriale al fine di contrastare una eccessiva frammentazione che molto spesso sono alla base delle inefficienze del sistema amministrativo locale, sia per cercare in qualche modo di precedere le ipotesi sempre più consolidate di riordino dell’intera architettura istituzionale del paese.
Ma fondere, o se si vuole unire, comuni nel bellunese non è esattamente la stessa cosa per i comuni del trevigiano. Non mi riferisco tanto alla necessità di razionalizzazione che pure in quei luoghi si manifesta, non è un caso che lo Spi-Cgil di Treviso proponga di arrivare a 30 Comuni sui 95 attuali, ma a quell’assemblaggio legato ai servizi che le stesse amministrazioni erogano sul territorio. Basterebbe al riguardo prendere il più piccolo ente locale del trevigiano, il Comune di Portobuffolè, e compararlo col nostro più piccolo Zoppè di Cadore. Il primo conta quasi 800 abitanti il secondo 252. Entrambi si estendono su un’area poco inferiore ai 5 Kmq, ma mentre il primo ha una densità abitativa di 158 abitanti per Kmq il secondo non arriva a 57 abitanti per Kmq. Portobuffolè si trova tra i 9 e i 17 metri sul livello del mare, Zoppè di Cadore tra i 1.000 e i 1.900 metri. Non credo siano necessari altri dati demo/orografici per capire che le traiettorie sulle quali costruire processi di fusione comunali devono essere completamente diverse da quelle che vengono adottate dalle amministrazioni trevigiane. Le stesse condizioni economiche dei nostri pensionati sono di gran lunga diverse dai pensionati di Treviso.
Se l’importo medio mensile per un pensionato bellunese, erogato dal Fondo Pensioni dei lavoratori dipendenti, è di 869 €, a Treviso è di 965 €, ma mentre da noi il 48%, cioè la metà dei nostri pensionati non raggiunge i 500 € mensili, a Treviso solo, si fa per dire, il 28% delle pensioni è inferiore ai 500 € mensili. Potremo continuare a lungo con questi raffronti e tutti ci portano a dire che le politiche economiche, sociali, occupazionali, di sviluppo se vogliono avere una certa efficacia devono configurarsi coerentemente dentro i contesti nelle quali si producono. Con tutto il rispetto che si deve a chi ha fatto altre scelte e a tutti coloro che si accingono a farle, ma noi continueremo a dire, dentro e fuori dalla nostra organizzazione ed in tutte le sedi, comprese quelle regionali e nazionali, che non si può allargare la forbice del compasso e tracciare i confini di un nuovo territorio senza tener conto di tutte queste e molte altre differenze.
Per questo – conclude il segretario generale Spi-Cgil di Belluno Renato Bressan – siamo convinti che è necessario più che mai mantenere i centri di direzione politica, amministrativa e di rappresentanza sindacale nel territorio”.