«I bellunesi dovrebbero seriamente interrogarsi se, come sostiene Terna, preferiscono l’elettrodotto armato con tralicci alti 60 metri predisposti per i 380 Kilovolt davanti la città di Belluno, che attraversano Col Cavalier (progetto A). Oppure se vogliono far passare la linea sopra il Castionese (progetto B). O se invece, come Terna non dice, devono sostenere l’opzione zero, ossia mantenere solo l’esistente migliorandolo». Lo ha detto Vittorio Pellizzato, portavoce del Comitato Cappella Vive lunedì sera nella sala riunioni al completo del ristorante Nogherazza di Castion (Belluno) nel corso dell’incontro promosso dal Comitato Castion-Andreane.
«Gli amministratori ed i cittadini bellunesi – ha precisato Pellizzato, dopo aver ripercorso le tappe principali di questo progetto Venezia Nord – Lienz che ora si chiama Trasversale Veneta – dovrebbero interrogarsi su ciò che conviene a popolazione e territorio. Azzerare tutto e ripartire dal Piano di sviluppo del 2008 di Terna, contenente le tre ipotesi alternative dei tracciati. Noi preferiamo la 2, quella che prevede la linea interrata Venezia Nord – Salgareda – A27 – A28 – Cordignano».
La questione, dunque, è ancora tutta aperta. Da una parte Terna che spinge per elevare a 380 Kilovolt la linea che permetterebbe di trasportare 8 volte e mezza l’energia della linea a 220 Kilovolt con conseguenti innalzamenti dei campi elettromagnetici. Parliamo dell’attraversamento di Andreane, quello per intenderci tra Belluno e Ponte nelle Alpi che la giunta Prade (assessore Gamba) sacrificò per una misera deviazione di tracciato nell’area industriale di Levego, come ha sottolineato Roberto Tommasella del Comitato di Castion e Andreane. Dall’altra la salvaguardia del territorio e il principio di precauzione, se è vero come è vero che campi elettromagnetici di intensità da 0,2 a 0,5 microtesla portano un aumento delle leucemie infantili di un terzo, come ha osservato Vittorio Pellizzato.
«Ci troviamo in una situazione di totale assenza dello Stato – ha osservato Aldevis Tibaldi presidente del Comitato per la Vita del Friuli – il Piano energetico nazionale, infatti, in Italia non si fa da 25 anni. Poi, con il black out del 2003, lo Stato ha dato carta bianca ai gestori, come Terna che oggi stabilisce le regole del gioco. A Belluno, ad esempio, Terna è arrivata al punto di organizzare la riunione per spiegare il progetto (come prevede la legge regionale) sei mesi dopo. Doveva, invece, mettere a confronto almeno tre ipotesi di progetto e spiegarli ai cittadini, compresa la soluzione zero, ossia quella che prevede le sole migliorie all’esistente».
Quello che appare evidente è la sproporzione tra le forze in campo, con il colosso di Terna che lavora praticamente in regime di monopolio in Italia e produce utili invidiati dalle cinque società omologhe tedesche. Non mancano al riguardo colpi bassi nei confronti di chi, come Tibaldi, espone il caso alla gente ed ha dovuto subire un processo per diffamazione conclusosi fortunatamente a suo favore. In ogni caso c’è da tener presente che alla fine paghiamo tutto noi cittadini, con la bolletta tra le più care d’Europa e i dividendi degli utili Terna nelle tasche dei grandi investitori.