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Troppa demagogia sul destino delle province * di Daniele Trabucco

Daniele Trabucco
Daniele Trabucco

Il dibattito, che sta animando la scena politica bellunese di quest’ultimo periodo in merito al destino della Provincia, ha registrato recentemente le dichiarazioni di Pier Paolo Baretta (Partito Democratico), sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo il quale la strada che intende seguire il Governo guidato da Enrico Letta è quella dell’eliminazione delle amministrazioni provinciali, senza la previsione di deroghe per quella bellunese e, più in generale, per quelle montane.

A un’attenta analisi, però, quella della cancellazione delle Province, sia pure attraverso la legge di modifica costituzionale, potrebbe rivelarsi causa di aggravio maggiore della spesa pubblica almeno nel breve-medio periodo. A fronte, infatti, della riduzione dei costi riguardanti il personale politico, vi saranno inevitabili conseguenze, anche in termini di efficienza dell’azione amministrativa, per quanto concerne il trasloco di uffici e la loro riorganizzazione.

A questo, si aggiungano i costi che deriveranno dal contenzioso riguardo al personale da trasferire e le funzioni da rideterminare. La retorica dell’antipolitica, a mio modo di vedere, sta producendo più danni che vantaggi, in quanto all’interno di un unico calderone si tende a far rientrare tutto e il contrario di tutto: dalle auto blu ai voli di Stato, dall’eliminazione delle Province alla riduzione delle indennità percepite dai parlamentari etcc. Questo, beninteso, non significa mantenere lo status quo, ma intervenire laddove serve, evitando di compromettere principi costituzionali che costituiscono le basi della tanto declamata, ma poco attuata, Repubblica delle autonomie. A subire l’ondata dell’antipolitica, con riferimento al progetto di abolizione delle Province, infatti, non è l’ente in sé, ma l’intero tessuto democratico delle autonomie e dei cittadini di cui le istituzioni locali sono espressione.

La legislazione, anziché intervenire a togliere, dovrebbe rafforzare il controllo democratico degli elettori sull’esercizio delle funzioni d’indirizzo politico e amministrative degli enti locali territoriali, stimolandolo attraverso la chiara evidenza dei risultati della gestione del mandato politico e delle ripercussioni di questa sull’aggravio fiscale a carico dei cittadini-elettori, dovrebbe razionalizzare il sistema delle funzioni con un occhio ai costi della burocrazia centrale piuttosto che sempre a quella locale.

Insomma, per dirla con Italo Calvino, “viviamo in un Paese dove si verificano sempre le cause e non gli effetti”.

Daniele Trabucco *

* Università degli Studi di Padova

 

 

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