Pieve d’Alpago – Sono diverse le soddisfazioni e le gratificazioni che l’associazione Circolo Amici del Museo dell’Alpago, costituita nel 1990, sta raccogliendo in questo inizio di 2013.
Un anno, nel corso del quale, se tutto andrà per il giusto verso, sarà dato alle stampe un volume imperniato scavi e notevoli ritrovamenti registrati nella necropoli preromana di Pian de la Gnela dal 2002. Altro risultato da aggiungere è la grande mostra “Venetkens” che sarà inaugurata il prossimo 6 aprile al palazzo della Ragione di Padova.
Proprio in questa rassegna che comprenderà oltre 2000 reperti provenienti da scavi e ricerche, effettuati in gran parte nel Veneto, anche se non solo, la rivista specializzata “Archeo”, del mese di marzo, ha pubblicato un servizio speciale di oltre una ventina di pagine a calori nel quale s’illustrano e si raffigurano con bellissime foto, gli innumerevoli aspetti e contenuti della civiltà dei “Veneti antichi”. Nella descrizione curata da vari studiosi, tra i quali vi è anche il Soprintendente archeologico veneto, Vincenzo Tinè, è inserita una “finestra” e un’illustrazione della ricca tomba numero dieci detta della “tessitrice” una figura preminente di quella comunità che viveva lungo le pendici del Monte Dolada a 900 metri di altitudine 2700 anni fa.
L’articolo si sofferma, sull’evento costituito dalla prima uscita della situla istoriata del V sec. A. C; ritrovata nella necropoli di Pian de la Gnela nell’agosto del 2002, che sarà esposta appunto nella mostra “Venetkens” e sul decisivo ruolo dei volontari del Circolo Amici del Museo dell’Alpago. Vi si afferma, infatti, come “grazie alla puntuale segnalazione di alcuni volontari, del sodalizio in questione, è stato possibile scoprire questo eccezionale e impensato oggetto, tanto prezioso e poter così dare avvio allo scavo scientifico, sia della tomba della situla contenuta, come tutte le altre, in una cassetta di lastre di pietra, della necropoli con la direzione della Soprintendenza rappresentata dalla dottoressa Giovanna Gangemi”.
Il pezzo si termina con la spiegazione dell’istoriazione dei tre registri della situla che raffigurano, nelle due fasce superiori processioni di personaggi in vesti rituali, mentre in quella basale figurano scene di un rapporto sessuale con parto finale e l’interpretazione dello stile. Le immagini e lo stile – si aggiunge- “legano, difatti, questo nuovo capolavoro ad altre opere contemporanee dei territori limitrofi, dalla pianura padana all’Austria e alla Slovenia”.
Insomma, per concludere, nel pieno dell’ambito, che va dal Po al Medio Danubio, da Bologna a Kuffarn e le regioni hallstattiane della Slovenia, dove si sviluppa, dall’alba del I millennio a. C. ,l’arte delle situle.
Eugenio Padovan – Presidente Circolo Amici del Museo dell’Alpago