Leggiamo che a Palazzo Rosso si discute di Metropolitana di Superficie, idea antica, della fine del secolo scorso se non ricordiamo male, e di provenienza non/politica, ma ambientalista.
Poco ci interessa sottolineare qualche (ovvio) diritto d’autore, perché in effetti ciò che conta è la realizzazione pratica. D’altro canto comunque o un progetto è se stesso oppure è qualcosa d’altro. Un primo pensiero quindi lo rivolgiamo al periodo di tempo trascorso, riappare un’idea dimenticata nei cassetti per circa 15 anni e volutamente ignorata da qualsiasi entità politica. Ma fin qui, forse, è solo “innovazione” un po’ datata e “ricerca” ad andamento lento/lento, cose che capitano.
Più importante, invece, ci pare discutere di un progetto che privato di tutte le analisi che lo sostanziavano diventa il solito misero spot da CEP (comitato elettorale permanente). C’era una volta un progetto di metrò di superficie che parlava di flussi di traffico e pendolarismo, di ragazzi a scuola con il treno, di interazione con la bicicletta ed intermodalità, di un’idea diversa di turismo, di piccole stazioni intermedie nelle zone commerciali o produttive, di inquinamento e di valenze ambientali. Il tutto a costi estremamente ridotti. Ora invece, nuova versione di inizio millennio, la storia è cambiata.
Dell’idea iniziale è rimasto solo il nome, qualsiasi analisi reale è stata messa da parte per costruire un’idea di “emergenza trasporti” che non riguarda più persone e territorio, ma quell’area di mercato politico ed elettorale che utilizza il trasporto pubblico locale e le sue discutibili dinamiche nell’ambito delle solite “politiche dello scambio”. Eppure una seria discussione potrebbe sempre essere riaperta. Potrebbe partire parlando di emergenze reali e non azionarie, in cui società, economia e soggetti politici aprissero un vero tavolo di discussione su quel sistema ferroviario locale che è una delle grandi e quotidiane esigenze di questo territorio.
Barbieri Moreno, Fiabane Max, Sommavilla Luca