Hanno danzato quasi in cinquecento donne e ragazze oggi alle ore 13 in piazza dei Martiri per la manifestazione One Billion Rising, organizzata a Belluno dall’Associazione Belluno Donna in collaborazione con l’Istituto “Renier”. Per dire no alla violenza fisica, psicologica e sessuale sulla donna.
Un’azione globale ideata da Eve Ensler che coinvolge il 14 febbraio 2013 un miliardo di persone per protestare contro le violenze che le donne subiscono nel mondo.
“Oggi mi è sembrato un giorno di primavera in piazza dei Martiri a Belluno, anche in senso rivoluzionario – scrive in una nota Cristina Muratore, coordinatrice IDV Belluno, candidata per Rivoluzione Civile camera – Una rivoluzione pacifica e grintosa in cui le donne, ragazze di tutte le età, danzando una coreografia che sta ormai facendo il giro del mondo, hanno detto no al femminicidio. Sono diversi i soprusi e le violenze che le donne patiscono in tutto il mondo, oppresse dalla paura di denunciare e sconfortate dal silenzio assordante che le lascia sole con i propri drammi. L’iniziativa One Billion Rising (Un miliardo insorge) che ha raccolto l’adesione di 202 Paesi, oltre a 5.000 associazioni, innumerevoli ong e istituzioni, e’ sintetizzata dallo slogan “Un miliardo di donne stuprate sono un’atrocità’, un miliardo di donne che ballano sono una rivoluzione”. La partecipazione delle donne ed anche di molti uomini bellunesi è stata notevole, perciò il successo della manifestazione è innegabile. Però la mia riflessione va all’origine della questione: se le donne sono le principali vittime di questa violenza e gli uomini ne sono gli artefici, bisogna scavare più a fondo nelle cause della malattia mentale che le determina. Non possiamo immaginare che la violenza di una donna su tre (rapporto impressionante!), sia provocata dalla “cattiveria” del maschio. Evidentemente c’è una patologia collettiva che va curata. Si evince da molti dati che la nostra società è per molti versi malata, di alienazione, paura, disagio da dipendenze di vario tipo, non ultimo il gioco,e soprattutto la mancanza di prospettive per il futuro. E’ necessario che si riconosca il dato allarmante, oltre che delle vittime, anche dell’uomo potenzialmente pericoloso per sé e per gli altri. La terapia psicologica viene considerata dall’uomo come un tabù, mentre sembra scontata la presunta “fragilità, emotività” femminile. Sono convinta che si debba radicalmente capovolgere questa visione del mondo e, oltre ad impegnarsi per le giuste leggi repressive, affrontare una massiccia campagna preventiva, alla pari di quelle che si attuano per malattie come il diabete, l’ipertensione, etc. Perché – conclude Cristina Muratore – , oltre a denunciare questo orrendo fenomeno, dobbiamo fare tutto possibile per arginarlo, con tutti i mezzi possibili: culturali, educativi, terapeutici e legislativi”.
Alberto De Nart