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Il fallito colpo di stato a Parigi nel 1963. La testimonianza di Luciano Sanson “Dalida” ex legionario di Feltre

Luciano Sanson "Dalida"
Luciano Sanson “Dalida”

Non posso dire tutto quello che ho fatto, né tutto quello che ho visto”.  Luciano Sanson, feltrino, classe 1939, ex legionario rispetta fino in fondo quel codice d’onore a cui è legato da quasi 50 anni. Siamo a Zurigo nel 1958, a Luciano 19enne emigrato, gli basta una banale lite familiare per decidere di andarsene via con i vestiti che ha addosso e tutti suoi risparmi, 300 franchi svizzeri, equivalenti pressappoco a mille e 500 euro. Raggiunge Marsiglia e in una settimana brucia tutto quello che ha in tasca passando per tutte le bettole e i bordelli. Si arruola nella leggendaria Legione straniera e dal 1958 al 1964 la sua nuova identità è “Luciano Dalida”. Benché, a differenza della maggior parte di aspiranti legionari italiani, tedeschi e ungheresi che negli anni ’50 andavano in cerca solo di far sparire le loro tracce per cancellare un passato scomodo, Luciano era lì solo per puro spirito d’avventura.

“Dopo sei mesi di duro addestramento” racconta Luciano “eravamo pronti al combattimento, fucile mitragliatore, zaino di 20 chili in spalla con 200 munizioni, sacco a pelo, 2 borracce d’acqua e viveri. Ero in forza al Reggimento dei Leoni delle Ande, in Algeria, comandato dal generale Raoul Salan. Quello che diceva ai suoi legionari che  “battersi sotto una bandiera che non sia la propria, se lo si fa per la libertà di un popolo è come battersi per la propria libertà”. Un ufficiale che fece parlare di sé, perché dopo i primi mesi del ’58 quando Soustelle organizza un colpo di stato con gli ufficiali dissidenti dell’esercito, coloni e simpatizzanti gollisti. E il generale Massu prende il potere ad Algeri nella notte del 13 maggio, il generale Salan assume il comando di un Comitato di Salute Pubblica e sostiene le richieste della giunta militare affinché il presidente francese René Coty desse l’incarico al generale de Gaulle di formare il governo per prevenire l’abbandono dell’Algeria. Negli ambienti militari, infatti, c’era lo spettro di un’altra dèbacle come in Indocina nel ’54, con il ritiro precipitoso. C’è di più. Il 24 maggio con l’Opération Corse i paracadutisti francesi dall’Algeria atterrano in Corsica e s’impossessano dell’isola senza spargimenti di sangue. Mentre in Algeria si prepara l’Opération Résurrection, che aveva come obiettivo la presa di Parigi e la rimozione del governo francese qualora de Gaulle non fosse stato nominato capo del governo o se lo stesso de Gaulle avesse chiesto l’intervento militare per salire al potere, oppure se forze comuniste avessero tentato di prendere il potere in Francia. In questo quadro generale, il 29 maggio, con l’incubo della guerra civile de Gaulle assume l’incarico con l’approvazione del parlamento francese. Quindici ore prima del previsto avvio dell’operazione, che viene quindi annullata. In questi anni, intanto, Luciano è inviato in Somalia, Tunisia, Madagascar, Congo.

“A Mascara, in Algeria” ricorda Luciano “dei 1200 uomini che eravamo all’inizio, dopo 5 anni siamo rimasti in 200. Molti disertarono passando attraverso il Marocco e poi in Spagna. Tanti altri morirono in combattimento. C’era una disciplina rigorosa e tra di noi legionari vigeva un codice d’onore non scritto in forza del quale erano tollerate risse e sparatorie, ma non delazioni e piagnistei.

Nel ’59” ricorda Luciano “sono stato testimone di un episodio indimenticabile. Nel mio reggimento c’era fin dal ’47 un legionario fascista di Quero responsabile durante la guerra dell’uccisione di una famiglia di Sovramonte. Da quel massacro, però, si salvò miracolosamente un bambino. Nel 1960 quel bambino aveva circa 20 anni e, venuto a conoscenza che l’assassino della sua famiglia era nella Legione, decise di arruolarsi. Si guadagnò in breve tempo i galloni di sergente. Ma il suo obiettivo era solo quello di regolare i conti con il passato. Iniziò così a cercare pazientemente il carnefice della sua famiglia, facendosi aggregare in vari reparti. Finché un giorno, durante una missione nel deserto, i due si ritrovarono faccia a faccia. Il sergente ordinò al resto del reparto di rientrare. E Il giorno dopo nel rapporto, risultava che il soldato fascista di Quero era caduto in una imboscata nemica. Il capitano francese, notoriamente antifascista, intuì perfettamente tutto quello che era accaduto liquidando il fatto come una questione tra italiani. Così premiò il sergente con una settimana di licenza, per aver portato in salvo il resto del reparto dall’imboscata!” Nel febbraio del ‘59, de Gaulle viene eletto presidente della nuova Quinta Repubblica. Nell’aprile del 1961una parte degli ufficiali di stanza in Algeria si sentono traditi dalla politica estera di de Gaulle. I generali Salan, Challe, Jouhaud e Zeller, contrari all’indipendenza dell’Algeria organizzano un colpo di stato.

La notte tra il 21 ed il 22 aprile 1961 viene preso l’aeroporto e nel giro di tre ore tutti i punti chiave della città sono in mano dei golpisti. De Gaulle volta le spalle ai coloni e all’esercito. E i generali progettano il colpo di stato a Parigi. “Nella primavera del ’61” testimonia Luciano  “io facevo parte di quel reparto di parà legionari, che su ordine del generale Salan, erano pronti a decollare con 4 aerei dall’aeroporto di Algeri, per essere lanciati su Parigi per il putsch contro il presidente De Gaulle. Ma l’intervento dei Servizi segreti sventò l’attentato e tutti gli ufficiali vennero arrestati, processati e incarcerati in Francia. Il reggimento venne sciolto e i soldati aggregati  in altri reparti. L’anno dopo, nell’aprile del ’62 il presidente venne in Algeria, e davanti a 120 mila uomini della Legione disse “Per voi legionari, il Far West è finito”. Poi pranzò  insieme a noi soldati, anziché alla mensa ufficiali. De Gaulle mantenne la promessa, infatti un mese dopo finì la guerra in Algeria.

Ritornerebbe a fare tutto quello che ha fatto? Prigionieri non ne ho mai maltrattati. Non rinnego nulla del mio passato di legionario e se avessi 20 anni ritornerei ad arruolarmi!

(28.10.2006 Roberto De Nart)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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