Ma quanto mi costi ! Questa è l’espressione usata in questi giorni dai cittadini e dalle imprese che entro lunedì 17 devono effettuare il pagamento dell’IMU, un versamento che sta mettendo a dura prova i portafogli sia delle famiglie, che delle aziende.
Fortunatamente, alcuni dei 69 Sindaci bellunesi hanno opportunamente prestato attenzione anche ai proprietari di immobili destinati ad attività produttive, a ciò sollecitati da una precisa e dettagliata richiesta inviata loro da UAPI.
“Ancora a marzo – spiega Walter Capraro, direttore dell’Unione Artigiani e Piccola Industria – abbiamo rivolto a tutti i Sindaci un appello affinché le Amministrazioni comunali considerassero le ricadute dell’IMU sulle imprese, già esposte pesantemente per gli effetti di una crisi che non accenna a risolversi. In particolare, avevamo chiesto ai Sindaci di valutare con attenzione l’aliquota da applicare agli immobili occupati dalle aziende per la loro attività e di esonerare dal pagamento dell’IMU i tantissimi immobili costruiti dalle imprese edili ma rimasti invenduti.”
A ridosso della scadenza e quindi con aliquote certe, l’UAPI fa un bilancio sulle decisioni assunte dai Comuni. “Siamo ben consapevoli del significato che l’IMU ha assunto per i bilanci degli enti locali – commenta il Direttore di UAPI – e ciò che veniva chiesto ai Sindaci era di realizzare un gesto di equità e soprattutto di consapevolezza sull’importanza che un’attenzione ancorché minima sarebbe risultata particolarmente gradita a cittadini che stanno resistendo con le unghie pur di non chiudere e non licenziare. Poteva andare sicuramente meglio, ma che 21 Consigli Comunali abbiano compreso questa esigenza ci fa sicuramente piacere”.
Nella classifica dei “Comuni più sensibili verso le imprese” il primo posto spetta a Pieve di Cadore che ha fissato l’aliquota al 4,5 per mille, peraltro limitandola ai fabbricati posseduti da soggetti Ires (quindi società); il secondo posto va a Cortina d’Ampezzo, con l’aliquota IMU per le attività economiche al 4,6 per mille, seguita da Auronzo di Cadore, Colle S. Lucia e Zoldo Alto che applicano tutti il 5 per mille. Seguono Alleghe con il 5,8 per mille, Falcade, Valle di Cadore e S.Vito, con aliquota al 6 per mille, mentre altri comuni come il capoluogo Belluno o Comelico Superiore, pur prevedendo una riduzione dell’aliquota ordinaria deliberata, si sono attestati sul valore minimo dell’aliquota base stabilita per legge, vale a dire il 7,6 per mille.
Risultano, invece, “Comuni meno sensibili verso le imprese”: Ponte nelle Alpi, con aliquota per le attività economiche al 10,6 per mille (escluse quelle classificate in categoria D, che comunque pagano il 9,6), Limana che applica il 10 per mille, seguiti da Ospitale (9,8), Feltre (9,6), Pedavena (9,5) e, infine, Danta, Longarone e Castellavazzo che hanno deliberato tutti e tre l’aliquota del 9 per mille.
“Resta apprezzabile l’impegno di chi ha tentato un ancorché minimo ragionamento all’interno della disciplina IMU – conclude Capraro – in molte amministrazioni, invece, non si ancora ben capito che più si colpiscono le imprese più si mette a rischio l’occupazione e quindi il futuro stesso delle famiglie. E’ un approccio che ha riguardato l’IMU e riguarderà la TARES, ma anche l’imposta di pubblicità, gli oneri e le lungaggini burocratiche per un permesso o un’autorizzazione. O si impara a guardare con favore alle piccole aziende e al lavoro autonomo o le nostre speranze di ripresa sono destinate a trasformarsi in un incubo.”