Non so se sia il segnale della rivolta che aspettavamo da parte di una classe dirigente politica veneta sempre prona al volere di Roma, ma il fatto che ben 42 consiglieri regionali (ne bastavano 15) abbiano sottoscritto l’atto di convocazione di un consiglio straordinario per discutere la risoluzione tendente all’indizione di un referendum per l’indipendenza del Veneto, è un fatto molto significativo.
Questo non vuol dire che il Consiglio approverà la risoluzione, per lo meno nella formula originaria, ma è emblematico che vi sia stata una trasversalità nell’ammettere che di indipendenza ormai se ne può parlare.
Il vento non può essere fermato con la rete da pesca e non basterà uno sciroppo per la tosse a fermare il virus dell’indipendentismo.
Quanti asserivano sino a ieri che l’indipendenza era una chimera, un sogno se non proprio addirittura una bufala ora dovranno ricredersi. Se non sarà l’anno prossimo, sicuramente a breve, molto breve, si giungerà al referendum e così i veneti avranno il diritto di esprimersi se intendano rimanere italiani o se diventare uomini liberi.
Una cosa è sicura ed è che se sino ad ora le fila di noi indipendentisti erano sottili come il filo del baco da seta, da domani statene certi, si rafforzeranno come la fune di uno scalatore.
Parlando non di popolo ma di esponenti politici opportunisti, speriamo non accada come con il federalismo e con l’autonomia di cui all’inizio tutti erano contrari e di cui poi i più acerrimi nemici ne sono diventati i più fieri (sinceri?) sostenitori.
Quando un treno corre tutti cercano di salire senza aver pagato il biglietto. Speriamo che la gente sappia fare buona guardia e riconosca i falsi sacerdoti, quelli interessati più a risolvere il problema della loro posizione che non a raggiungere realmente l’obbiettivo finale.
Paolo Bampo