Dopo l’invito a partecipare alla riunione di venerdì indetta dai consiglieri regionali Dario Bond (Pdl), Sergio Reolon (Pd) e Matteo Toscani (Lega), formalizzato ieri con lettera dal presidente del Consorzio Bim Piave Giovanni Piccoli, cosa faranno i 67 sindaci dei comuni bellunesi aderenti al Consorzio Bim Piave?
Chi scrive non ha difficoltà ad affermare che la provincia di Belluno non esiste già più e che la riunione di venerdì altro non è che un rituale politico per dimostrare al popolo che qualcosa si sta facendo. Salvo poi, a funerale celebrato, allargare le braccia dicendo in politichese che non c’erano le condizioni per la sopravvivenza della provincia e che tre consiglieri regionali e quattro parlamentari bellunesi non avevano la forza di opporsi alle decisioni del Parlamento.
E allora cosa ci vanno a fare i 69 sindaci alla riunione di venerdì?
Bè, lo ha ipotizzato molto bene e con cognizione di causa Camillo De Pellegrin, sindaco di Forno di Zoldo, che ha detto chiaramente che non parteciperà a quella riunione. Perché essa non verterà sulla salvezza della Provincia, ma sulla spartizione delle competenze della Provincia. Una riunione, dunque, sul “dopo provincia di Belluno” fatta passare come riunione per la salvezza della Provincia.
De Pellegrin, come ricordavamo nell’editoriale di ieri ha preso le distanze da un certo tipo di politica. Quella cioè che vorrebbe concentrare «le competenze attualmente della Provincia nelle mani di società che in questi ultimi anni si sono distinte più per i buchi prodotti che per gli effettivi risultati ottenuti. Bisogna dire basta ai Bim – ha detto senza mezzi termini nella sua lettera pubblica – basta alle società satellite buone per la visibilità di qualcuno, ma nel finale solo dispendiosi carrozzoni».
Il Consorzio Bim Piave, dunque, formato dai 67 comuni, è pronto a raccogliere l’eredità della disciolta provincia di Belluno e diventare il “Super Bim Piave”.
E non sarà facile per i 67 sindaci dire no all’invito del Consorzio Bim Piave, perché esso in questi anni si è distinto per una serie di azioni a favore della collettività.
Solo per citare gli ultimi interventi, 324mila euro di cui 166 mila a supporto dei 25 asili nido della provincia di Belluno e gli altri 158mila euro per le 36 scuole materne paritarie. Sì, quelle paritarie, ossia cattoliche. Sempre in questi ultimi mesi ha assegnato 362mila euro per assunzione di disoccupati da adibire alla manutenzione del territorio. Posti di lavoro distribuiti su 44 comuni, dunque, non noccioline. E anche 53 borse di studio, per un valore complessivo di € 85.000, finanziate attraverso i sovracanoni idroelettrici. Lo scorso anno ha stanziato 2,4 milioni di euro per finanziare i pannelli fotovoltaici o impianti a biomasse su 50 comuni. Otto milioni di euro investiti sul territorio per progetti inerenti l’energia. Senza parlare del sistema informativo e delle banche dati
Una struttura formidabile, un gigante parallelo alla politica, che gestisce un consistente patrimonio. Al vertice siede il presidente Giovanni Piccoli (Pdl) sindaco di Sedico. Nel consiglio c’è Bruno Zanvit sindaco di Voltago Agordino, Livio Sacchet sindaco di Ospitale di Cadore, Loris Scopel sindaco di Seren del Grappa, Mario Manfreda sindaco di Lozzo di Cadore, Rinaldo De Rocco sindaco di Canale d’Agordo, Antonio Prade già sindaco di Belluno.
Domani che la provincia di Belluno non ci sarà più, non sarà difficile strappare almeno un contentino dalla Regione Veneto (anch’essa governata dal centrodestra), passando un po’ di deleghe che oggi sono della provincia, a favore del Consorzio dei comuni del Bim Piave.
A quel punto, ci si dovrà pure porre il problema della rappresentatività: quanti cittadini della provincia rappresentano quei sindaci di piccoli comuni che siedono nel consiglio direttivo del Consorzio? E che nel Super Bim avranno il potere di gestire ulteriori consistenti risorse. Sappiamo tutti come è andata la gestione dei sindaci di Bim Gsp, venditori di acqua potabile in regime di monopolio, e chi pagherà il profondo rosso accumulato.
Roberto De Nart