«Un referendum vinto dal basso, senza padrini e senza padroni! Se oggi siamo qui a discutere su quali forme di gestione adottare per l’acqua, è grazie alla vittoria del referendum». Lo ha detto Walter Bonan, coordinatore provinciale del Comitato acqua bene comune, chiamato a partecipare al la tavola rotonda con i candidati sindaco del Comune di Belluno che si è tenuta venerdì sera al centro Giovanni 23mo. Promotori dell’iniziativa i “comunardi di Belluno”, “casa dei beni comuni” (www.bellunopiu.it www.facebook.com/casadeibenicomunibelluno).
Erano presenti alla serata i candidati sindaco: Claudia Bettiol, Jacopo Massaro, Francesco La Grua, Leonardo Colle, Andrea Lanari, Ida Bortoluzzi.
Tema della serata era il “caso Bim Gsp” la società per azioni formata da 67 comuni della Provincia, che gestisce l’acqua potabile. E i cui bilanci hanno passività per oltre 70 milioni di euro.
«Finché non ci sarà trasparenza, e non sarà garantita la possibilità di accedere alle informazioni della società – ha detto Bonan – io ritengo che i cittadini non saranno disposti a farsi carico in bolletta dei debiti di Bim Gsp».
«Dal 2013 – ha spiegato Bonan – il decreto liberalizzazioni del governo Monti ha assoggettato anche le società pubbliche al patto di stabilità. Dietro questo meccanismo c’è l’impossibilità per gli enti locali di effettuare investimenti, e si aprono così le porte ai privati. In questo modo si fa entrare dalla finestra ciò che il referendum aveva buttato fuori dalla porta. Un cavallo di Troia. Gli investimenti pubblici, infatti, negli ultimi 20 anni si sono ridotti a 1/3.
I cittadini devono sapere che il “metodo normalizzato”, ossia “tutto a tariffa” non sta in piedi. Perché non si può far pagare tutto nella bolletta dell’acqua, gli investimenti e anche gli interessi bancari di Bim Gsp. Chiediamo si intervenga con finanziamenti pubblici, che anziché andare a finanziare l’alta velocità, provvedano ai servizi essenziali».
Jacopo Massaro (centrosinistra) è intervenuto per sottolineare il peccato originale che ha generato le passività di Bim Gsp, ossia la «commistione tra controllato e controllore (Bim Gsp e Ato) e la frammentazione delle responsabilità spalmate sui 67 sindaci dei Comuni».
Francesco La Grua (La Destra) ce l’ha messa tutta per difendere l’operato di Bim Gsp, sostenendo che i bilanci erano stati approvati. Con il benestare dei revisori dei conti e sindaci. «sarebbe come dire che sono tutti incompetenti». Di parere diametralmente opposto Claudia Bettiol (centrosinistra) che ha affermato la necessità di individuare le responsabilità politiche e quelle individuali di Bim Gsp. Leonardo Colle (Lega Nord) ha sostenuto che la politica ha abdicato in favore dei tecnici, nel caso di Bim Gsp, come in Italia. «Si è giunti a questa situazione – ha detto – a causa di una classe dirigente della società ossessionata dall’aumento delle bollette». Punta il dito sulla classe politica Ida Bortoluzzi (centro, Udc): «ad aver prodotto il conflitto d’interesse controllore-controllato è stata la classe politica».