Arrigo Cadore è stato riconfermato alla presidenza della Sezione Alpini di Belluno. Lo hanno deciso i 44 capigruppo questa mattina all’assemblea che si è tenuta al Centro Giovanni 23mo di Belluno. Cadore, unico candidato in lista giunto oramai al suo quarto mandato, ha ottenuto 248 voti su 312 votanti. Con 60 schede bianche e 4 nulle. Un po’ di dissenso, evidentemente, corre anche nelle fila della monolitica associazione. Che conta 6.372 tesserati, più 1.397 soci aggregati o amici degli alpini, per un totale di 7.769 iscritti. Un punto dolente quello degli aggregati, e cioè di coloro che fanno parte dell’Ana pur non avendo mai indossato l’uniforme di alpino. Senza gli aggregati l’associazione sarebbe condannata a morte lenta, perché non ci sono più i grandi numeri come quando c’era la leva obbligatoria. E pare impossibile che un’associazione amata come quella degli alpini, che ha dato più volte prova di una straordinaria capacità nelle emergenze, e dotata di un inviadiabile spirito di solidarietà, si “perda sul cappello con la piuma”. Eppure, anche stamane Arrigo Cadore regolamento alla mano (ma i regolamenti si possono anche cambiare) si è trincerato dietro le parole del presidente nazionale Corrado Perona, che all’assemblea dei delegati di Milano ha sentenziato: «il diritto ad indossare il cappello alpino lo riconosce lo Stato. Noi ne prendiamo semplicemente atto». Come dire, tu puoi essere anche il più bravo rocciatore del mondo, o il più bravo soccorritore, ma se non hai fatto il militare con gli alpini il cappello alpino non lo metti. Tiè! Poi vabbè, siamo in Italia, ci sono le eccezioni eccellenti, papi (inteso come pontefice…) e presidenti della Repubblica fotografati col cappello alpino. Ma quella è un’altra storia. Una velata polemica anche sul 150mo dell’Unità d’Italia da parte dei politici intervenuti. Il presidente della provincia Gianpaolo Bottacin (Lega Nord) ha detto che «nell’Europa dei popoli, tante sono le differenze culturali, intese come ricchezze. E viene sempre meno il senso di appartenenza agli stati». Gli ha risposto il consigliere regionale del Pd Sergio Reolon «E’ poco serio che un paese non riesca nemmeno a festeggiare il suo compleanno, questo è un segnale che si sta perdendo l’anima e quando ciò accade non si sa più dove si va».