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lunedì, Settembre 25, 2023
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I centocinquant’anni dell’Unità d’Italia secondo il responsabile della Cultura della Lega

Ringraziando il Consiglio Direttivo Provinciale della Liga Veneta Lega Nord per la nomina a responsabile della cultura del Movimento, colgo l’occasione per esprimere alcune considerazioni, per lo più di carattere storico, in merito all’attuale tema del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e sul Risorgimento in generale. Il processo di unificazione della penisola italiana è immerso in quella corrente di respiro europeo che è il Risorgimento, il quale anima e solleva in prima istanza non tanto un pensiero di unificazione bensì di autonomia e autodeterminazione delle genti che appare chiaro ed evidente nelle forme di autogoverno un po’ ovunque concretizzatesi. Si vedano per esempio la Repubblica Veneta, il Governo Provvisorio di Lombardia, la Repubblica Romana, il Governo Provvisorio della Sicilia, il Granducato Costituzionale di Toscana, tutte espressioni accomunate da un tempo, il ’48, e soprattutto da un’idea di libertà che ha per simbolo il Tricolore. Molti furono coloro che diedero la vita per l’indipendenza e mi è difficile credere che il loro sacrificio fosse consapevolmente offerto per sostenere le mire espansionistiche di Casa Savoia e di un regime monarchico centralista piemontese. Belluno non rimase certo ai margini, anzi fu teatro di scontri, famosi quelli in Cadore guidati da Pier Fortunato Calvi che per conto della Repubblica Veneta organizzò nel 1848 un reggimento di cacciatori delle Alpi nel quale si distinse il longaronese Jacopo Tasso, pagando con la vita l’anno successivo a Treviso. Ancora si può parlare di una figura particolarmente rappresentativa del pensiero bellunese dell’epoca, podestà dal 1849 al 1853, Antonio Maresio Bazolle partecipò militarmente al ’48 e “si rifiuto di firmare la dedica e fusione di Belluno al Regno subalpino di Carlo Alberto perché egli non fu mai fusionista, ma rimase veneto e fautore di un’indipendenza autonoma e locale pel Veneto”(cit. Annali di Belluno del 1866). La visione del Bazolle per la sua Belluno e per il Veneto trova riscontri anche in espressioni unitarie generali importanti che affermavano l’assoluta necessità di strutture di autogoverno in un contesto federalista, anche se alla fine finirono in minoranza per le maggiori risorse e gli impari finanziamenti a disposizione dei fautori interessati del centralismo dei Savoia. Si pensi per esempio a Carlo Cattaneo il quale rifiutò l’intervento piemontese, perché lo considerava meno sviluppato della Lombardia e distante dall’essere democratico. Lo stesso diceva che “il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà”, ossia non deve delegarla a chi è ben lontano dalle sue esigenze. Oppure pensiamo al progetto di riforma dello Stato unitario e federalista del Minghetti, voluto da Cavour per contrastare quella che lui stesso aveva definito la “tirannia centralizzatrice”, con l’obbiettivo di armonizzare le antiche prerogative dei territori e delle comunità attraverso delle forme aggregative su base regionale rispettose del principio di autodeterminazione e del diritto naturale dei cittadini di associarsi in realtà affini per cultura, storia e tradizione.

Mi sento di poter dire che a distanza di 150 anni, anche se in un contesto differente, le
esigenze di allora sono ancora attuali, come lo sono in buona parte le soluzioni proposte.

Andrea Stella
Responsabile Provinciale Cultura
Liga Veneta Lega Nord

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