“Parlare di un’unica azienda sanitaria provinciale non dovrebbe essere un tabù”. A tre giorni dalla prima riunione del tavolo sulla sanità, in programma lunedì mattina a Palazzo Piloni, il vicepresidente del consiglio regionale Matteo Toscani sottolinea la necessità di affrontare la questione senza pregiudizi e lasciando da parte i campanilismi. “L’incontro di lunedì – commenta il consigliere leghista – è già un primo significativo passo in avanti. Fa piacere che Vaccari e Prade abbiano raccolto il mio invito a ragionare insieme sul modello di sanità che vogliamo dare alla nostra provincia. Dobbiamo essere noi amministratori bellunesi ad assumerci questa responsabilità, onde evitare che le decisioni siano inevitabilmente calate dall’alto. Anche questo è un modo concreto di praticare quell’autonomia che, giustamente, rivendichiamo”. Per il vicepresidente del consiglio regionale il confronto deve partire dalla consapevolezza che la difesa dello “status quo” è perdente. Non solo e non tanto perché è indispensabile razionalizzare la spesa, quanto piuttosto perché solo così si può evitare un pericoloso immobilismo e, quindi, una forte emigrazione dei bellunesi verso altre Ulss per le cure più importanti. Senza tuttavia fornire i numeri di questa presunta “migrazione sanitaria” della popolazione bellunese. Dice Toscani: “Restare fermi, in un sistema fortemente dinamico e in continua evoluzione, significa, di fatto, regredire”. Qual è la strada da seguire? “Dobbiamo affrontare la questione della riorganizzazione ospedaliera – sostiene il consigliere regionale –nella consapevolezza che questo obiettivo si inquadra nel più ampio disegno di riequilibrio con le altre componenti dell’assistenza sanitaria. Penso, prima di tutto, alle iniziative di prevenzione e di assistenza territoriale. Dobbiamo perciò pensare a come garantire la continuità e la qualità dell’assistenza nel medio-lungo periodo; l’appropriatezza dei regimi assistenziali offerti; il decentramento della risposta, che favorisca il permanere degli utenti nel proprio contesto sociale; l’integrazione socio-sanitaria. E’ evidente che tutto ciò richiede uno sforzo per individuare strategie condivise che permettano di aumentare gli standard di efficienza, efficacia e qualità dei servizi e di sostenibilità del sistema, nel rispetto della programmazione nazionale”. “Sulla base di queste considerazioni – prosegue Matteo Toscani – è chiaro che non possiamo che ragionare su un sistema sanitario provinciale. Non dico che l’unificazione delle due Ulss sia un obiettivo da perseguire a tutti i costi. Ma allo stesso modo non possiamo escluderlo aprioristicamente, solo per salvaguardare equilibri politici che nulla hanno a che vedere con il diritto alla salute dei cittadini. Se vogliamo che il confronto promosso dai presidenti delle due conferenze dei sindaci sia davvero utile alla collettività, dobbiamo quanto meno porci alcuni interrogativi. In una provincia con poco più di duecento mila abitanti, è efficace ed efficiente un sistema sanitario diviso in due Ulss? E’ nell’interesse dei cittadini difendere a spada tratta lo status quo? So benissimo che il tema è delicato, ma sono convinto che, se non iniziamo a pensare a un sistema sanitario provinciale, è concreto il rischio che i cittadini vadano a curarsi sempre più spesso fuori provincia, perché qui non troveranno più servizi di eccellenza”. “Attualmente – conclude il vicepresidente del consiglio – la collaborazione è più formale che sostanziale: ci sono ampissimi margini di miglioramento. Tutti gli ospedali devono essere in rete e ognuno deve sviluppare le eccellenze che servano l’intero territorio provinciale, sulla base delle proprie caratteristiche. Non si tratta di depauperare una struttura a vantaggio di un’altra. Ma di avere una programmazione provinciale e una visione strategica d’insieme. Se per raggiungere questi obiettivi è necessaria la fusione delle due aziende, allora è giunta l’ora di avere il coraggio di farlo”.