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A volte sono le banche a voler dare il colpo di grazia alle imprese già piegate dalla crisi

Perché la banca vuole a tutti i costi il fallimento di un’azienda e avvia una procedura che può durare 4-5 anni, quando può rientrare del capitale attraverso le vendite all’asta dei beni del debitore, che si concludono in un paio d’anni e con minori spese?  E’ successo all’immobiliare Edilcasa srl amministrata da Giuseppe Zampieri di Ponte nelle Alpi (Belluno), che si è vista aggredita da un’istanza di fallimento presentata al Tribunale di Belluno il 30 agosto 2010 dalla Cassa di Risparmio del Veneto spa (Gruppo Intesa San Paolo), 24 sportelli in provincia, 466 nel Veneto, secondo colosso bancario italiano. Alla fine del 2004 l’Edilcasa accende un mutuo di 1 milione 920mila euro con la banca per la realizzazione in tre stralci di un complesso immobiliare a Cadola (Ponte nelle Alpi). Nel 2007 è completata la prima tranche di 10 unità immobiliari con appartamenti, uffici e negozi. Ma nel 2008 la crisi economica si abbatte nel settore immobiliare, le vendite frenano e Zampieri decide di interrompere la costruzione degli altri due blocchi. Nel 2009 e 2010 la crisi penalizza ulteriormente le imprese di costruzione, che non riesciono a collocare nel mercato gli immobili. Così, a fronte di un finanziamento di 1 milione 920mila euro, si arriva nell’estate del 2010 alla richiesta della banca di 2.522.367 euro per capitale e interessi. Zampieri versa alla banca il corrispettivo della vendita di due unità, circa 240mila euro e salda tutti i debiti con i fornitori. Vanta, inoltre, un credito d’imposta di oltre 78mila euro. E comunque, l’Edilcasa da lui amministrata è proprietaria del complesso valutato complessivamente tra fabbbricati e area fabbricabile 2.140.000 euro. La banca, del resto, è garantita dall’ipoteca iscritta sugli immobili. Insomma, oltre alla banca, non vi sono altri creditori. Zampieri, inoltre, si rende disponibile alla cessione dell’intero complesso e dei crediti vantati con l’erario a favore della banca. Ma questo, evidentemente, non basta alla banca, che intraprende l’azione dinanzi al Tribunale di Belluno presentando istanza di fallimento della Edilcasa srl. Il primo atto della vicenda si chiude il 25.11.2010 con decreto del Tribunale di Belluno che rigetta l’istanza di fallimento, ritenendo che l’Istituto di credito “non abbia proceduto all’azione esecutiva, benché vantasse a suo favore l’iscrizione di ipoteca sull’immobile”. La banca, dunque, secondo i giudici, doveva procedere con la vendita all’asta degli immobili per soddisfare il proprio credito, come aveva proposto lo stesso Zampieri. Perché non l’ha fatto? Lo abbiamo chiesto agli uffici della Cassa di Risparmio del Veneto, che hanno delegato l’ufficio rapporti con i media ad una asettica risposta di presa d’atto della decisione del Tribunale. E allora proviamo noi a rispondere alla domanda iniziale. Stiamo parlando di un’impresa di costruzioni storica, amministrata dal 1975 da Giuseppe Zampieri, figlio di Domenico fondatore dell’azienda di famiglia che ha operato sin dagli anni ’60 nelle province di Belluno e Bolzano. E che negli anni ’80 ha realizzato un buon 50% delle costruzioni commerciali, alberghi, funivie, lottizzazioni, opere pubbliche in Val Badia, le scuole di Corvara e San Cassiano e nell’85 anche il residence della cooperativa bolognese dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. La banca, dunque, prima concede la sua fiducia ed eroga il mutuo, poi in preda al panico della crisi internazionale spinge al massimo sull’acceleratore, non si fida più di nessuno, vuole il fallimento dell’azienda per poter revocare eventuali contratti di vendita precedentemente effettuati dall’immobiliare (effetto retroattivo di 2 anni secondo la legge fallimentare). Benché disponesse di garanzie sufficienti, tant’è che il Tribunale ha bocciato la richiesta.

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