
«Sapete qual è stato il primo contratto sottoscritto dagli americani in Iraq dopo Saddam e in Afghanistan caduto il regime talebano? Fu quello della società statunitense Monsanto, che prevedeva l’obbligo di utilizzare le loro sementi Ogm alle popolazioni locali». Lo ha detto ieri sera (venerdì 3 dicembre)Lucia Vastano, giornalista e scrittrice, nel corso della presentazione dei suoi libri (“Un cammeliere a Manhattan” e “Tutta un’altra musica in casa Buz”) al bar Insolita storia in via Zuppani a Belluno, con la introduzione dell’onorevole Gino Sperandio. «La Monsanto è quella società che produceva per gli Stati Uniti l’Agente arancio, il defogliante chimico impiagato nel Viet Nam, risultato cancerogeno e responsabile di difetti alla nascita nei bambini figli dei veterani e dei vietnamiti esposti alla sostanza». Lucia Vastano ha sempre avuto la passione di viaggiare e scrivere.«Il mio primo viaggio l’ho fatto in India, da sola a 16 anni e lì ho conosciuto due fratelli del posto con una vespa 50 truccata e dello stesso colore della mia, a Milano». Questa in seguito diventa una professione, che la porta come inviata di guerra in Libano, Angola, Salvador, Cambogia, nel Golfo e in Iraq, nei Balcani, in Albania, Afghanistan e Kashmir. L’Afghanistan e l’Iraq raccontati dalla Vastano nei suoi libri sono quelli della gente comune, tratti dalle emozioni vissute camminando per strada. Senza il linguaggio ingessato dei comunicati stampa e delle dichiarazioni ufficiali filtrate da politici e ambasciatori. Inevitabile che nell’incontro di ieri sera a Belluno si parlasse anche dell’altro suo libro: “Vajont, l’onda lunga. Quarantacinque anni di truffe e soprusi contro chi sopravvisse alla notte più crudele della Repubblica”. «La storia del dopo Vajont è legata al miracolo del Nord-Est, con una massa di soldi dirottati dal Vajont alle “province limitrofe” come recitava la norma – afferma Vastano – Un business della tragedia e della ricostruzione, come avviene nelle guerre». Lucia Vastano ha raccontato il suo impegno a fianco dei “cittadini per la memoria del Vajont”. E l’epilogo sconcertante sull’istituzione della “giornata della memoria per i disastri causati dall’uomo”. Che viene modificata e diventa, su iniziativa delle parlamentari Simonetta Rubinato e Simona Rossa (figlia del sindacalista bellunese ucciso dalla Brigate Rosse)“la giornata della memoria in ricordo di tutte le vittime di eventi e disastri naturali”. «Abbiamo cercato di opporci,tutti insieme, c’erano anche sindaci e associazioni, sostenendo che il Vajont non è un disastro naturale. Perché ci sono sentenze di condanna che identificano delle precise responsabilità. Alla fine passa il testo modificato che in sostanza è come un colpo di spugna»! Sull’argomento è intervenuto anche l’ex sindaco di Erto Italo Filippin, che parla di “buchi neri del Vajont” e lancia alcuni interrogativi: «La Sade riceveva contributi fino al 40% a fondo perduto dallo Stato. Nel passaggio tra Sade (società privata) e Enel (società allora pubblica)c’è una clausola contrattuale per la quale l’Enel acquisisce solo gli impianti finiti e funzionanti della Sade. Ecco perché erano molto forti gli interessi a concludere i lavori, pur essendo noti i gravi rischi. Nessuno mi ha mai saputo dire quanto ha pagato l’Enel (quindi lo Stato) alla Sade per rilevare gli impianti. E come mai le 10 persone finite alla sbarra per il disastro del Vajont sono solo i dipendenti, ingegneri, progettisti. E invece chi deteneva la proprietà, e quindi ha intascato i soldi dall’Enel, non è stato mai toccato»?
Roberto De Nart