Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, indetta dall’Onu nel 1999, a ricordo delle sorelle Mirabal, che, per il loro impegno nella lotta contro il regime dittatoriale dominicano, furono torturate e uccise. Questa data dovrebbe essere l’occasione per sensibilizzare i governi e l’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne e, più in generale, sulla questione femminile. Dovrebbe, perché, come per lo più accade, queste date rimangono simboli vuoti. Eppure, i dati italiani sulla violenza di genere non necessitano di commenti e dovrebbero, da soli, risvegliare le coscienze: uno stupro al giorno; l’ assassinio di una donna ogni due giorni, 7 milioni di donne sottoposte a violenze psicologiche.
Lo stupro e le violenze domestiche sono solo una delle forme di oltraggio, offesa, umiliazione e violenza nei confronti delle donne. Se la casa e la famiglia si confermano come gli spazi in cui più spesso le donne sono vittime di abusi, i luoghi di lavoro non dimostrano certo di essere né un’occasione di riscatto né un luogo sicuro per le donne. Dalla disparità di trattamento che esse subiscono rispetto agli uomini, sia in termini di retribuzione che di possibilità di carriera, alla maggior esposizione al mobbing, alla mancanza di tutela della maternità, la situazione del lavoro femminile in Italia è tra le peggiori d’Europa, come dimostra il recente studio del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. La fragilità della donna, e la sua conseguente esposizione a violenze di ogni tipo, prima tra tutte, ma non unica, quella sessuale, è frutto di un complesso intreccio di fattori: insufficienza di politiche più incisive a riguardo; mancanza di una seria tutela del lavoro femminile, che pure è uno degli assi portanti delle economie sviluppate e di quelle meno sviluppate e che non trova, tuttavia, adeguata rappresentanza; e, forse cosa ancor più preoccupante perché non sanabile con leggi e norme, un generale regresso culturale del nostro paese, nel quale l’avvilimento e il misconoscimento delle potenzialità femminili e il disprezzo della dignità della donna paiono diventati costume nazionale. In questa situazione non facile, l’IDV regionale si sta impegnando a promuovere azioni specifiche a contrasto dei diversi fenomeni di violenza, in particolare sollecitando l’avvio di un’attività capillare di informazione, accessibile anche alle nuove cittadine, sugli strumenti di contrasto alla violenza e di supporto in caso di necessità. Si tratta di interventi molto importanti, che nelle realtà metropolitane, soprattutto, diventano vitali, come chi ha subito violenze ben sa. Cosa prioritaria, però, è che il problema della violenza nei confronti delle donne venga riconosciuto dall’intera società, perché solo questa consapevolezza rende utili gli strumenti che abbiamo.
Francesca D’Alberto
IDV