A un anno di distanza, per i Grandi incontri di Liberal, il circolo culturale presieduto da Rosalba Schenal, sabato pomeriggio è ritornato a Belluno Davide Giacalone con il suo ultimo libro “Terza Repubblica”. 51enne, siciliano di nascita, livornese d’adozione, voce di Rtl 102,5 e collaboratore del quotidiano “Libero” Giacalone questa volta è stato sbilanciato a destra. Il capo dello Stato «un coniglio bianco sullo sfondo nevoso, come disse Cossiga» senza tuttavia salvare il premier «indifendibile, ha trasformato la sua casa in un bordello». E’ ritornato più volte sul concetto di meritocrazia, dimenticandosi però di accennare al fatto che in Italia le poltrone si occupano per lo più per amicizia che per capacità: l’igienista dentale del premier diventa consigliere regionale, così come il figlio del leader leghista che nel suo curriculum vanta la bocciatura per tre volte alla maturità. Insomma, l’Italia che vorrebbe Giacalone e di cui ci ha fornito la sua ricetta in pillole al Centro Giovanni 23mo, la vorremmo tutti, solo che assomiglia molto al paese delle meraviglie. Una diagnosi perfetta, ma la “cura presidenziale” da lui indicata è di dubbia efficacia. Perché riteniamo difficile, anche con il presidenzialismo, che i “vecchi” che sono al comando in politica e nelle corporazioni remino contro loro stessi per cedere il passo al nuovo. «Il bipolarismo, che dal 1994 ha soppiantato il sistema proporzionale in vigore dal 1948, non ha funzionato. Perché è un bipartitismo all’italiana – sostiene Giacalone – dove i peggiori sono quelli che stanno dalla tua parte, ma non sono con te (l’allusione evidentemente è ai finiani). Da noi l’unico ricambio è quello assicurato da madre natura: sono tutti vecchi, inamovibili, e in questa situazione nessuno si preoccupa del domani, perché se ne vanno solo “mortis causa”. La vera colpa di questa legislatura, secondo Giacalone, è che con una maggioranza ampia sono riusciti a fare le riforme costituzionali. Perché la soluzione per aprire le porte al nuovo – secondo Giacalone – è quella di una repubblica presidenziale, con maggiori poteri al governo, però limitati nel tempo. E la garanzia che chi perde se ne va a casa. Nel mondo del lavoro non va meglio, perché anche lì regna l’inamovibilità. «Questo è un paese di corporazioni e di egoismi. Con il risultato che non si riesce mai a cambiare. E come diceva Salvemini a Giolitti nel periodo pre-fascista, anche oggi il parlamento italiano è formato da un 5% del meglio che ci sia, un 5% del peggio e l’altro 90% uguale al resto del Paese». Per quanto riguarda la Prima Repubblica, Giacalone assolve in parte tangentopoli, vista come una reazione di equilibrio all’espansione comunista «che fino al 1991 faceva passare le valige di dollari al Partito comunista italiano attraverso le tangenti delle cooperative che passavano attraverso lo Ior (la banca vaticana ndr). Ma dopo la caduta del Muro di Berlino dell’89, l’altro canale di finanziamento del Kgb finisce ad alimentare la mafia». Spietata la sua analisi all’universo giudiziario: «sono stati spesi 1 miliardo e 800 milioni per la digitalizzazione, ma 9000 magistrati con 7000 server non riescono a dialogare tra loro»!