Dalle scarse informazioni finora giunte sulla dinamica dei fatti accaduti al direttore di Libero, Maurizio Belpietro, si fa fatica a credere ad un vero attentato. Uno sconosciuto fugge dal palazzo dove abita Belpietro, incrocia l’agente di scorta verso il quale punta l’arma. Ma è inceppata. L’agente spara tre colpi a scopo intimidatorio e l’uomo si dilegua. Perché mai un sicario avrebbe dovuto puntare l’arma ad un agente di scorta rischiando di essere freddato all’istante? Altrettanto singolare la reazione dell’agente, che dinanzi ad un’arma puntata spara tre colpi in aria con il rischio di diventare un facile bersaglio del male intenzionato. Ancora più singolare il provvidenziale inceppamento dell’arma. Chi scrive, una trentina d’anni fa ha frequentato i poligoni di Belluno, Agordo e Feltre, anche come istruttore di tiro, e ho visto solo due casi di pistole inceppate. Una semiautomatica calibro 7,65 parabellum, dove il bossolo per la sua forma a collo di bottiglia era soggetto all’inconveniente. E un revolver 357 magnum dove, per la mediocre qualità dei materiali, l’esplosione gonfiò il tamburo bloccandolo. Eppoi, se anche fosse, il primo colpo viene comunque esploso, perché è in canna. Solo dopo si verifica l’inceppamento. Tutta la mia personale solidarietà a Belpietro, ma sono spiacente, non credo all’attentato.
Roberto De Nart