Questo Riflettore lo dedichiamo alla notizia del giorno alla quale non volevamo, ahimè, credere: Mauro Corona sarà un concorrente della prossima edizione dell’Isola dei Famosi. Lo ha confermato egli stesso, ai microfoni di Rai radio 2 “Un giorno da pecora” condotta da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro, dicendo: “Mi attirerebbe fare qualche spacconata lì, magari una settimanella sì, vado all’Isola”. E allora non possiamo fare a meno di riproporre una vecchia intervista pubblicata quattro anni e mezzo fa sul mensile bellunese UG Underground.
Il j’accuse di un idealista ad una società consumistica. Mauro Corona: “il successo e’ come un gufo, quando lo cerchi e’ sempre un metro avanti a te”.
Non è facile trovare un uomo che per un ideale rifiuti 352 mila euro e l’opportunità di andare in tv per 44 puntate. Mauro Corona l’ha fatto, l’abbiamo incontrato casualmente una domenica pomeriggio all’Osteria ristorante Gallo cedrone nel centro storico di Erto, un paesino di 300 abitanti in provincia di Pordenone, che confina con quella di Belluno, passato tristemente alla storia per la tragedia del Vajont il 10 ottobre del 1963. Gli abbiamo proposto di fare due chiacchiere insieme da inserire su Underground, ed ha accettato senza riserve, invitandoci al suo tavolo davanti ad un paio di bottiglie di vino rosso.
Mauro Corona, 56enne scultore e scrittore, icona dell’uomo della montagna, è un fiume in piena che non risparmia nessuno quando parla dei guasti della società consumistica e delle relative ricadute nel fragile e più esposto tessuto giovanile. Cita a memoria Seneca “L’uomo sogna sempre ciò che non ha!” quando gli chiediamo perché mai un ragazzo di 20 anni dovrebbe decidere di rimanere per tutta la vita ad Erto? “Un giovane di Erto ha qui le sue radici – sostiene Corona – e se sogna di andarsene per partecipare al Grande fratello o di possedere a tutti i costi una Ferrari, significa che noi genitori abbiamo sbagliato ad educarlo. Oppure che anche noi siamo delle ignare vittime di quegli stessi modelli consumistici. Un esempio per tutti: il Grande fratello ha fatto 16 milioni di audience televisiva, mentre qualsiasi programma culturale che tratti di libri o di storia, non arriva ad un milione di telespettatori. E allora mi chiedo come fanno i giovani a sopravvivere a questi palinsesti televisivi.” Tu il successo l’hai ottenuto: i tuoi libri sono pubblicati da Mondadori ed i grandi quotidiani si occupano di te con servizi nella pagina della cultura. Qual è il consiglio che dai ai giovani? “Si dev’essere consapevoli che un carpino non potrà mai diventare una betulla. E dunque non rimane che essere semplicemente se stessi, senza sforzarsi di imitare nessuno e senza rincorrere ossessivamente il successo. Perché il successo è come un gufo, che quando ti avvicini lui si allontana un metro da te. Mentre se ti siedi e accendi una sigaretta lui si avvicinerà incuriosito. Non bisogna fare nulla, insomma, per il successo. Se hai dei valori da trasmettere e la fortuna di avere la salute devi cercare di crescere per quello che sei, senza aver alcun timore di manifestare la tua idea. Se un giovane desidera fare l’idraulico o la parrucchiera, piuttosto che il professore o l’avvocato, lo deve poter affermare dinanzi ai propri genitori. Senza cadere in una recita assurda delle apparenze. Faccio un esempio: c’è una ditta a Treviso che affitta auto di lusso per un giorno, giusto il tempo di arrivare a Cortina, gironzolare un po’ per Corso Italia e ritornare a casa”. Non c’è da rallegrarsene, ma secondo te questa società dei media e la tv non fa proprio nulla per i giovani? “Purtroppo no. Si riesce a mandare in onda solo personaggi come Pappalardo, Er mutanda e la Lecciso, ed il giorno ce li ritroviamo pure nella stampa, conditi in altra salsa. Ovvio che i giovani si avviliscono con modelli simili. A questo aggiungiamo pure che per vincere un concorso o per avere un posto di lavoro serve la raccomandazione. E che ad emergere sono solo i ruffiani. Questo i giovani l’hanno capito e si chiedono a che serva studiare. Visto che l’imperativo di oggi è: vincere con qualsiasi metodo e con ogni compromesso”. Parliamo di quelle 44 puntate che hai rifiutato con Mediaset. “Sì, mi hanno proposto di fare un nuovo programma televisivo per canale 5 insieme ad Alberto Tomba. Lui curava i servizi sportivi a caccia dello sport puro, senza sponsor. Ed io avrei dovuto seguire la parte con i vecchi artigiani. Un tour attraverso tutta l’Italia dal titolo Lo stivale delle meraviglie, coordinato da Mike Bongiorno dallo studio di Milano”. Certo che 8 mila euro a puntata moltiplicato 44 sono una bella sommetta. Perché hai rifiutato? “Se avessi firmato avrei tradito la fiducia dei miei lettori. Perché non si può criticare la società consumistica eppoi servirsene alla prima occasione buona che capita. Non avrei mai potuto farlo”. Nemmeno a scopo promozionale per la tua Erto? Considerato che lo sceneggiato Elisa di Rivombrosa ha procurato un’impennata di visitatori con l’incremento record del 1415% a Villa di Agliè a 40 Km da Torino dove sono state girate le scene. “No, sarebbe stato comunque troppo comodo”. Di chi diffidi di più in questa società? “Degli esperti. Dei geologi, ad esempio, e dei psicologi. I primi hanno provocato 2500 morti con il Vajont perché si arrogavano il diritto di conoscere cosa succede a 4 mila chilometri sottoterra. Così come gli psicologi che pretendono anch’essi di conoscere ciò che succede nella testa di ogni uomo!”.
Roberto De Nart (per il mensile UG Underground 2006)
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