Duomo gremito oggi pomeriggio per i funerali di don Francesco Cassol. Il sacerdote ucciso domenica notte per un fatale errore di un bracconiere che lo ha colpito mentre dormiva nel sacco a pelo durante il campo estivo nelle Murgie in Puglia. Alla cerimonia erano presenti le autorità civili, militari e religiose, e persone arrivate dalla Francia e dal Nord Europa, come ha fatto notare il vescovo di Belluno e Feltre monsignor Andrich, che ha celebrato il rito funebre. Il vescovo ha posto l’accento sull’impegno di don Cassol nel volontariato. «Un sacerdote dall’intelligenza geniale e critica – come l’ha definito il vescovo Andrich – che educava se stesso e gli altri in uno slancio continuo verso il volontariato».
“Dare una mano o lavarsene le mani?” era l’interrogativo provocatorio di don Francesco Cassol usato nel sensibilizzare l’opinione pubblica, spiegando la preziosa opera dei volontari. In particolare di coloro che operano a favore delle persone in difficoltà. Nei suoi scritti e nei suoi discorsi, richiamati oggi dal vescovo, si legge una “fiducia totale nell’uomo, nonostante tutto”. Perché, secondo don Francesco Cassol, “non c’è mai la parola basta o troppo tardi” per i volontari che operano negli ambiti quali la tossicodipendenza o con i carcerati. «Negli ultimi mesi – ha detto a conclusione dell’omelia funebre il vescovo Andrich – don Francesco Cassol mi chiedeva insistentemente di andare in Africa. Nella missione in Niger, dove c’era don Antoniol».