Gli uffici Caaf della provincia di Belluno rimarranno chiusi per l’intera giornata di venerdì 25 giugno per lo sciopero generale proclamato dalla Filcams Cgil.
Le ragioni dello sciopero sono contenute nell’analisi, le osservazioni e le controproposte sui contenuti della manovra correttiva del Governo effettuata dalla Cgil di seguito pubblicate.
Prima hanno negato, contro ogni evidenza, la crisi. Poi hanno predicato che era finita. Infine, travolti dall’emergenza economica e finanziaria sono stati costretti ad intervenire, ma lo hanno fatto nel peggiore dei modi.
Quello che contestiamo, non è l’esigenza di una manovra anche di risanamento, semplicemente, ma anche fermamente, facciamo nostre le parole del Presidente della Repubblica: sì ai sacrifici ma, con equità! Dunque i sacrifici vanno fatti, ma non solo dai lavoratori e invece c’è una parte del paese che non paga nulla.
Da tempo sarebbe stato necessario favorire la crescita, dotare il paese di un grande piano per il lavoro, chiedere a tutti di contribuire al risanamento ed in primo luogo a partire dai redditi più alti e dai grandi patrimoni.
Il governo invece, con gli errori commessi in questi due anni nella gestione della finanza pubblica e nella politica economica, prima si è assunto la grave responsabilità di aggravare il debito pubblico, abolendo come suo primo atto, le norme antievasione (tra cui quelle ora reintrodotte sulla tracciabilità delle transazioni) messe in campo dal precedente governo ed abolendo L’ICI sulla prima casa anche per i redditi alti; poi ha scelto di varare una manovra che pesa solo sui lavoratori – sia pubblici che privati- che colpisce i deboli e non tocca i ricchi.
Grave è la responsabilità della Confindustria nell’appoggiare una manovra che colpisce i lavoratori e blocca la crescita del Paese.
Pubblico Impiego
Si bloccano i rinnovi dei contratti per il triennio 2010/2013
Si tagliano gli aumenti salariali già previsti nei contratti relativi al 2008/2009
Si bloccano la contrattazione integrativa di II° livello e nella scuola gli scatti di anzianità
Si congela il turn-over di sostituzione dei lavoratori che vanno in pensione e si riduce del 50% la spesa per i contratti a tempo determinato, co.co.co. e interinali
LE CONSEGUENZE SARANNO GRAVISSIME, CERTO PER I LAVORATORI INTERESSATI, MA ANCHE PER TUTTI I CITTADINI E QUINDI ANCHE PER I LAVORATORI PRIVATI ED I PENSIONATI, PER LE RICADUTE CHE SI AVRANNO SUI SERVIZI EROGATI DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SULLA LORO EFFICENZA
Il blocco degli stipendi “costerà” mediamente a ogni lavoratore pubblico circa 1.700 Euro lordi in tre anni.
Il blocco del turn-over (circa 20.000 dipendenti che andranno in pensione non verranno sostituiti) fatto con la logica del “taglione lineare indistinto” e la mancata conferma della metà dei lavoratori con contratto a tempo determinato, co.co.co. o interinali (circa 200.000 unità) anche questo concepito con la logica del taglio indiscriminato, avranno ricadute pesanti sia sulla quantità dei servizi erogati che sulla loro efficienza. Nella sanità ad esempio, ci sono circa 7.000 medici con contratto a termine. 3.000 di questi non saranno rinnovati ed a questi si aggiungeranno i posti vuoti lasciati per la non sostituzione dei medici pensionati: E le liste d’attesa? E il Pronto Soccorso? Visto che la maggioranza dei medici precari è impiegata proprio lì?
Il taglio del 50% delle risorse destinate alla formazione / aggiornamento del personale della scuola pubblica, che passano dagli attuali 8 a 4 mln di Euro, significheranno un altro, l’ennesimo, pesante colpo, assestato alla qualità della scuola e quindi alla preparazione delle nostre giovani generazioni ed al futuro del paese.
I tagli a Regioni ed enti locali
Dei circa 25 Mld complessivi della manovra, ben 15 tra il 2011 e il 2012 sono centrati su tagli alle istituzioni locali: alle Regioni (8.5 mld + 1.5 a carico delle regioni a statuto speciale), ai Comuni (4 mld) e alle Province (1 mld). Mentre per lo Stato centrale la manovra incide per l’1.22% della spesa corrente, per le regioni a statuto ordinario, gli 8.5 mld. incidono per ben il 13.48% della spesa corrente complessiva.
Ciò significa per la sola REGIONE EMILIA-ROMAGNA 350 milioni di euro sulla sua spesa corrente a cui andranno aggiunti 50 mln in meno dovuti a mancati trasferimenti per i tagli lineari ai ministeri e circa 250 mln di euro di investimenti in meno dovuti al patto di stabilità. A questi andranno aggiunti i tagli ai Comuni ed alle province.
Bisogna essere consapevoli che a questi livelli di tagli gli effetti rischiano di essere dirompenti per i cittadini, soprattutto quelli più deboli, su due versanti:
sulla diminuzione della quantità e qualità dei servizi resi ai cittadini, dando così un colpo netto all’alto livello di coesione sociale che in questa regione è stato costruito;
su un aumento delle imposte locali e/o del livello della compartecipazione delle famiglie al costo dei servizi pur di mantenerli.
Inoltre avremo un effetto negativo sugli investimenti pubblici degli enti locali e della Regione, che sono un mezzo decisivo per sostenere la crescita.
Disabilità
Si eleva la percentuale minima di invalidità per la concessione dell’assegno mensile di assistenza dall’attuale 75% all’85% a partire dal 1.1.2010
Cosa c’entra questa misura con la lotta ai “falsi invalidi”? In realtà si colpiscono solo le persone meno tutelate ed escluse dal mondo del lavoro e con un reddito bassissimo, visto che già ora è previsto che l’assegno di invalidità venga concesso solo a chi ha un reddito inferiore a 4.408,95 euro/annui.
Pensioni
Dal 1 gennaio 2011 e in via definitiva, il lavoratore dipendente che matura il diritto di accesso alla pensione di vecchiaia potrà andare materialmente in pensione solo dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti (l’attesa sarà di 18 mesi per i lavoratori autonomi).
Il meccanismo dei 12 mesi di attesa vale anche per la pensione di anzianità e quindi anche per chi ha maturato i 40 anni di contributi. Una doppia penalizzazione per loro, che dovranno continuare a lavorare senza trarne alcun beneficio pensionistico.
per chi è in mobilità rimangono in vigore le finestre ma solo per un massimo di 10.000 lavoratori all’anno.
Le lavoratrici pubbliche andranno in pensione solo coi 65 anni già dal 2012.
Di fatto, senza dichiararlo espressamente, siamo di fronte all’aumento strutturale, generalizzato ed obbligatorio dell’età pensionabile. Una misura che riguarderà tutti i lavoratori di tutti i settori produttivi sia privati che pubblici, perché la misura è definitiva. Per chi è in mobilità è assicurato il passaggio al pensionamento con il precedente sistema delle finestre, ma questo solo per 10 mila beneficiari all’anno. Siccome saranno sicuramente di più, gli altri aspetteranno un anno senza mobilità e senza pensioni. Sull’elevazione dell’età pensionabile per le lavoratrici pubbliche, il governo usa l’Europa come alibi per fare cassa. La verità è che l’UE non ci ha chiesto i 65 anni, ma di equiparare le condizioni di uomini e donne. I 65 anni obbligatori sono dunque solo la peggiore delle soluzioni possibili.
L’unica soluzione vera, moderna, equa, rispettosa del principio di stabilità finanziaria è quella che recupera lo spirito vero della legge di riforma pensionistica varata nel 1996 e cioè quella della flessibilità in uscita uguale per tutti: uomini e donne; pubblici e privati. Quella perciò della libera scelta individuale del pensionamento dentro un’arco di età uguale per tutti.
Cassa integrazione in deroga
Non viene finanziata per il 2011 lasciando scoperti i lavoratori del terziario, delle piccole imprese e dell’artigianato.
LE PROPOSTE DELLA CGIL
Per correggere i conti pubblici, bisogna intervenire da una parte in modo da distribuire con equità i sacrifici e dall’altra con misure di sostegno all’economia al fine di assicurare la crescita e difendere l’occupazione.
LA RIFORMA DEL FISCO: STRUMENTO DI EQUITA’ E DI SOSTEGNO ALLA RIPRESA
Spostare il carico fiscale dai redditi di lavoro e pensione verso le rendite finanziarie e i grandi patrimoni:
portare alla media europea (20%) la tassazione sulle rendite finanziarie che sono ancora in Italia al 12%;
alzare la tassazione sullo scudo fiscale dal 5 al 7 per cento;
inserire una addizionale di solidarietà sui redditi superiori ai 150.000 Euro, da destinare agli incentivi per favorire l’occupazione dei giovani;
introdurre una tassa sui grandi patrimoni oltre gli 800.000 Euro;
ripristinare l’ICI ma solo per i redditi oltre i 100.000 Euro;
avviare la riforma strutturale del sistema delle aliquote IRPEF, con l’obiettivo duplice di redistribuire il reddito abbassando la tassazione sui salari e sulle pensioni e di sostenere la domanda interna per favorire la ripresa.
INVESTIRE PER LA CRESCITA, LO SVILUPPO SOSTENIBILE E L’OCCUPAZIONE DEFINIRE UN PIANO STRAORDINARIO PER IL LAVORO:
incentivando le assunzioni a tempo indeterminato;
incentivando con investimenti pubblici a livello centrale e territoriale la ricerca;
stabilizzando i precari nelle pubbliche amministrazioni;
rendendo flessibile il patto di stabilità dei comuni per avviare un piano di piccole opere infrastrutturali immediatamente cantierabili;
avviando un piano straordinario per tornare ad investire nella scuola e nell’università;
DIFENDERE I DIRITTI DEI LAVORATORI E IL DIRITTO DEL LAVORO
Cambiando radicalmente le norme previste nel “collegato al lavoro” che impone una vera e propria controriforma che stravolge il diritto e il processo del lavoro, negando al lavoratore che subisce un torto dal proprio datore di lavoro il diritto costituzionale di rivolgersi al giudice.
Le modifiche in discussione dopo il rinvio al parlamento deciso dal Presidente Napolitano, sono assolutamente insufficienti e non tali da cambiare il segno sociale ad una legge sbagliata ed in gran parte incostituzionale.