La notte del 21 luglio 2001, gruppi di polizia, assalirono la scuola Diaz a Genova, durante un vertice G8, massacrando 60 ragazzi inermi. “Nessuno sa che siamo qua, vi ammazziamo tutti”, gridavano i picchiatori, quando invece i superiori sapevano. I fatti sono raccontati nella sentenza di primo grado, ma allora le condanne non coinvolsero gli alti gradi della polizia, ma in questi giorni, in appello, dopo 11 ore di camera di consiglio, anche loro sono stati condannati. La sentenza attenua una pagina dolorosa della nostra storia, è una risposta al desiderio di giustizia e verità (quasi sempre occultata nel nostro paese) ed è anche un riconoscimento per i tanti uomini e le tante donne delle forze dell’ordine che svolgono il loro compito, entro i confini democratici e costituzionali, sempre nel rispetto della persona umana. Ebbene, cosa fa la politica? Assolve i condannati, li protegge e li lascia indisturbati. Il sottosegretario all’interno afferma:”Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del ministero dell’Interno”
Il capogruppo PDL afferma: “la sentenza sul processo Diaz fa sua la tesi più estrema dei no-global”.
Intanto, insieme alla “legge bavaglio”, che limita fortemente le intercettazioni e il diritto dei cittadini ad essere informati, il 4 maggio il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (DdL. 733).
All’interno di esso, in base a quanto stabilito, se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta, i blog dovranno essere bloccati. Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche all’estero. Il mancato oscuramento comporta per i gestori di rete una sanzione fino a 250.000 Euro e per i creatori del blog è previsto il carcere da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato o per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico. In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia tutti i blog che rappresentano una delle poche fonti di informazione non condizionata. Il nostro è l’unico Paese al mondo dove Mediaset ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni di euro di risarcimento. Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che vede coinvolta un’impresa del Presidente del Consiglio in un palese conflitto giudiziario e d’interessi. Quel che va in scena è la controffensiva d’un governo che si sente asserragliato più che responsabilizzato: che a parole annuncia misure anti-corruzione, e nei fatti predispone un’autentica tenda protettiva, tale da coprire il crimine, sottraendolo agli occhi dei cittadini e della legge, con tecniche di occultamento sempre più perverse.
Francesco Masut