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Dopo il romanzo dei mille (tre edizioni in un mese), Mursia propone la camicia rossa di Alberto Mario, il diario di un garibaldino repubblicano e federalista

In occasione del 150mo anniversario della Spedizione dei Mille, Mursia riporta in libreria un classico della letteratura garibaldina, La camicia rossa di Alberto Mario (Mursia 2010, pagg. 222, euro 17,00). Pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1865, ristampato decine di volte, La camicia Rossa è un documento  in presa diretta della spedizione dal quale affiorano illusioni e disillusioni di un garibaldino repubblicano e federalista quale era Mario. Al momento dei Mille,  Mario ha toccato i trentacinque e da un dozzina di anni è un esiliato dalla nativa Lendinara. Nel 1848, studente in Legge a Padova, si è compromesso con i manifestanti anti-Vienna. Ricercato dalle autorità austriache anche in quanto disertore dall’imperialregio esercito, durante il biennio rivoluzionario conosce Mazzini e Garibaldi e, a sconfitta avvenuta, ripara a Genova dove matura opinioni radicali. Nel ’59  è a Milano ma anche in Svizzera. E’ accanto a Mazzini, ma anche a Garibaldi. Nel frattempo stringe un rapporto piuttosto ravvicinato con Carlo Cattaneo, esule nel Canton Ticino. Diviso fra le varie sfumature del filone rivoluzionario, è tenuto lontano dalle piazze che scottano, cioè Genova, dagli sbirri piemontesi che ne temono l’influenza negativa sul Generale.
Mario che ha sposato l’inglese Jessie White, l’unica donna della spedizione,  riesce a unirsi alla spedizione siciliana guidata da Giacomo Medici e si riunisce a Garibaldi in una Palermo festante oltre ogni immaginazione. Pur alle prese con gli impegni della campagna militare, Mario resta una personalità politicamente avvertita che non nasconde, in ogni occasione propizia, il suo credo repubblicano e federalista. Quanto si descrive dice di appartenere “al gran partito nazionale, che vuole l’Italia una da Trento a Palermo e aspira all’unità sulle ali della libertà”. Le divergenze con il più conciliante, nei fatti filo-monarchico Garibaldi, non gli impediscono tuttavia di far parte della sua cerchia ristretta. La camicia rossa testimonia perciò di un travaglio politico, accanto alla rivelazione di un universo sconosciuto e radicalmente altro rispetto a quello, del profondo Nord, a cui era abituato Mario.
La nuova edizione, in libreria in questi giorni, segue un altro saggio edito da Mursia arrivato alla terza edizione in poche settimane, Il romanzo dei Mille di Claudio Fracassi. Il libro ripercorre – a cominciare dallo scambio di messaggi cifrati alla vigilia della partenza da Quarto – la scena e i retroscena dell’impresa garibaldina giorno per giorno, battaglia per battaglia, raccontandone i complicati rapporti con la popolazione e con i picciotti. Nello stesso tempo, descrive dall’interno il crollo del potere borbonico in Sicilia.
I Mille erano una compagine decisamente eterogenea per provenienza, ceto sociale e motivazione: numerosi erano gli esuli siciliani; moltissimi i ragazzi lombardi, toscani, veneti, partiti per «liberare il Sud».  Il libro narra le storie di molti di loro. Secondo un garibaldino c’erano, tra i mille, «il patriota sfuggito alle galere, il siciliano in cerca della patria, il poeta in cerca d’un romanzo, l’innamorato in cerca dell’oblìo, il miserabile in cerca d’un pane, l’infelice in cerca della morte». Per una gran parte della diplomazia europea i mille erano “una banda di filibustieri”. Anche Cavour, il grande tessitore del Regno del Nord  aveva definito “folle” l’avventura di Garibaldi che ancora oggi, passato il periodo del mito storico, è oggetto di polemiche da parte di intellettuali e politici nostalgici del Regno del Sud.

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