Per gli Speciali di Bellunopress, proponiamo una storia del secolo scorso, della contessa Emily Bury e dell’argenteria perduta. Per quattro secoli Ampezzo ha avuto il meglio dell’Italia. Dalla lingua al clima alle tradizioni ai commerci, senza doverne sopportare i pesi. Ultimi quelli imposti dall’unificazione e dalla politica di guerre che dissanguano il popolo. Il Cadore aveva perso quasi metà della popolazione emigrata oltreoceano. Mentre il turismo aveva arricchito Ampezzo che addirittura accoglieva emigranti dal Veneto e dalle vallate tirolesi. Il Capitanato d’Ampezzo, il più piccolo del Tirolo e dell’Impero, godeva di un eccellente governo della cosa pubblica. L’amministrazione della giustizia era veloce e il sistema scolastico buono e gratuito. A mantenere la quiete pubblica erano sufficienti quattro gendarmi ed un sergente. Le diligenze in quattro ore portavano i ricchi, d’anno in anno più numerosi, al treno di Dobbiaco, da dove si raggiungeva l’Europa. E gli studenti frequentavano le università di Vienna, Praga e Innsbruck. E’ pressappoco quanto scrive Mario Ferruccio Belli nella storia di “Cortina d’Ampezzo 1914-1918: dall’Austria all’Italia ”. In questo piccolo paradiso terrestre in quella “Felix Austria” di cui Cortina rappresentava la “sentinella avanzata sul confine meridionale”, due contesse inglesi, Emily Howard Bury di Charville Forest e Anna Powers miliardaria americana ex moglie dell’ammiraglio Potts, decidono di far costruire una villa per la caccia al camoscio. Così, nel 1898, sorge Villa Sant’Hubertus, una splendida dimora dalle fattezze di un castello incantato in località Son Pouses, su un terreno di 10 mila metri acquistato l’anno prima dal Comune di Cortina e che si trova a lato della strada che da Cortina porta a Dobbiaco. Oltre a questo castello, con varie stanze, saloni e le torri, c’erano due altri fabbricati, la casetta per il personale e le scuderie con la rimessa delle carrozze. Le contesse alloggiavano per lunghi periodi dell’anno, soprattutto nella stagione della caccia al camoscio. Ma il 3 novembre del 1906 durante una battuta di caccia Anna Powers Potts muore stroncata da un infarto. Aveva 40 anni, un viso dolce di bambola, la sua salma viene trasferita a Zurigo per la cremazione (era di religione anglicana) e le sue ceneri vengono poi riportate in un’urna a forma di cuore, che riposa in qualche angolo segreto di Son Pouses. Erede universale della contessa è il figlio, il conte Templin Morris Pott, ufficiale della marina americana in servizio nelle Filippine, che non è per niente interessato alla villa. E firma una procura generale a favore della contessa Emily Howard Bury, che per ricordare l’amica scomparsa, fa costruire un sanatorio per gli ammalati di tubercolosi a Cortina. Finito nel 1909 la struttura non viene mai aperta per motivi burocratici.
La contessa Emily Bury decide allora di vendere il manufatto per 90mila corone alla famiglia Verzi, che lo trasforma in albergo. Con il ricavato viene costituita la Fondazione Emily Howard Bury, con lo scopo di aiutare i poveri di Cortina. La fiaba s’interrompe definitivamente il 23 maggio 1915 quando l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe d’Asburgo riceve la dichiarazione di guerra dall’Italia. La notizia giunge a Cortina il giorno dopo. Ai pochi standschuetzen ancora in paese, in gran parte reduci ammalati o feriti, viene ordinato di ripiegare dietro Son Pauses. Il 25 maggio in paese restano solo donne, vecchi e bambini. L’esercito italiano non si fa ancora vedere. Solo nel tardo pomeriggio del 28 una pattuglia italiana con 18 soldati al comando del tenente Edmondo Matter scende dal passo Tre Croci e si presenta in municipio. Qui c’è il capocomune Agostino Demai che insieme al parroco Antonio Pallua viene invitato a raggiungere il passo, dove il maggiore Bosi rende note le istruzioni prima che i soldati scendano ad occupare il paese. Il 29 maggio 1915 l’esercito italiano, su due colonne, una da San Vito e l’altra dal Tre Croci, prendono possesso di Cortina, senza sparare un colpo. Gli austriaci avevano già abbandonato il confine di Acquabona ed erano arretrati in direzione Dobbiaco fino a Son Pauses, in prossimità di Villa St. Hubertus. E temendo che la villa potesse servire da rifugio agli italiani, decidono d’incendiarla. Prima di farlo però, il comandante Bortolo Alverà ordina agli standschützen di prelevare tutti gli oggetti preziosi, tappeti persiani e perfino un pianoforte a coda che finisce nelle trincee austriache. Ma il vero tesoro, le pregiate argenterie di famiglia, vengono trafugate dall’ex maggiordomo che nasconde il tesoro nel bosco, sotto il pino cembro più alto. Ma non potrà recuperarlo, perché nei giorni che seguirono gli italiani scaricarono tonnellate di proiettili su Son Pauses, sconvolgendo addirittura la fisionomia della montagna. Seppellendo così per sempre il tesoro della contessa. (rdn)