Un Festival nazionale di teatro, danza e arti visive quale il Filo d’Arianna rappresenta un’ottima occasione culturale e sociale per il nostro territorio, cui sa donare visibilità attraverso il linguaggio delle arti.
Il prestigio raggiunto da questa manifestazione nelle sue quindici edizioni, l’eccellenza dei contenuti culturali e delle forme che hanno reso ancor più eccellenti gli insoliti contesti ambientali e spaziali prescelti per gli spettacoli, ci motivano nel sostegno che intendiamo rivolgerle.
I luoghi che il Festival ha saputo attraversare e ridisegnare con il tocco leggero dell’arte e della poesia e il livello dei tanti artisti presenti negli anni, insieme alle migliori compagnie e produzioni locali cui il Filo d’Arianna ha dato vita, ne costituiscono la preziosa, originalissima caratteristica.
Una nota degna d’attenzione che rende peculiare questa edizione è inoltre la particolare attenzione rivolta agli artisti veneti, dal Premio per la Giovane Danza d’Autore della Regione del Veneto, alla presenza della coreografa bellunese Laura Zago e dell’artista visivo Bortolot con i curatori della sezione arti visive Gaetano Ricci e Giorgio Vazza, allo spettacolo Polvere di Daniela Nicosia che, amatissimo da tutto il pubblico, ritorna al Comunale dopo sette anni e dopo aver egregiamente rappresentato il teatro bellunese al Festival Internazionale della Biennale di Venezia.
Di fama internazionale, inoltre, anche gli artisti visivi Shuhei Matsuyama e Franz Stähler che con Bortolot lascieranno le loro impronte nel cuore della città: piazza Duomo luogo in cui potere temporale e potere ecclesiastico si incontrano e compongono le loro architetture in un eccellente mosaico di bellezza.
A questo mosaico il Festival ancora una volta saprà regalare istanti indimenticabili.
Fondazione Teatri delle Dolomiti
Presidente
Michele Romanelli
È con grande soddisfazione che anche quest’anno la Città di Belluno ospita il Filo d’Arianna, una manifestazione che da oltre un decennio abbellisce di cultura e innovazione il nostro contesto culturale cittadino. Abbiamo detto più volte che Tib Teatro rappresenta un valore della nostra comunità e il calendario delle manifestazioni 2009 conferma questo nostro assunto. Ecco perché, pur in tempi difficili, abbiamo cercato di mantenere forte il legame con questa manifestazione che fruisce di spazi cittadini decorandoli di idee e di emozioni. Oggi, più di ieri, la nostra Città è ricca di idee, di proposte e di voci che
la animano e la rinnovano. È la Belluno che abbiamo in mente e che Tib Teatro contribuisce a costruire nel generale apprezzamento di tanti bellunesi.
Comune di Belluno Comune di Belluno
Sindaco Assessore alla Cultura
Antonio Prade Maria Grazia Passuello
Il Filo d’Arianna da quindici anni si propone come progetto di altissima qualità, capace di ridisegnare e modificare la percezione e la fruizione negli spazi urbani attraverso il fruttuoso incontro di teatro, danza, musica, arti visive, letteratura con i luoghi aperti e gli edifici storici della città.
Quest’anno in particolare, il dialogo tra architetture cittadine, paesaggio e proposte artistiche, sarà l’ingrediente vincente della ricetta che il Tib Teatro propone per valorizzare gli spazi cittadini che diventano a loro volta fonte d’ispirazione artistica, rendendo più sottile la linea di confine tra finzione e realtà, tra teatro e vita quotidiana.
Per la sua articolazione, per il successo di pubblico che da sempre riscuote e per le ricadute anche sul piano turistico, il Filo d’Arianna va sicuramente inserito tra le iniziative culturali di maggior spicco che le realtà artistiche locali riescono ad esprimere e a portare oltre i confini della provincia. Un’iniziativa capace, non solo di dare visibilità a livello nazionale alla nostra terra, ma di alimentarne la crescita sociale e culturale.
Auguriamo la miglior riuscita del Festival 2009 e ringraziamo il Tib Teatro per l’importante attività culturale, l’impegno e la professionalità che da anni mette a disposizione della nostra comunità.
Provincia di Belluno Provincia di Belluno
Presidente Assessore alla Cultura
Gianpaolo Bottacin Daniela Templari
DI FILO IN FILO
Con un pensiero a chi ci è stato
A chi vorrà esserci ancora o unirsi a noi ora
A chi non c’è più ma siamo certi ci sorride ancora…
Grazie a tutti voi.
Di fili nella vita ce ne sono tanti: i fili d’acqua, i fili appiccicosi delle ragnatele, i fili d’erba, i fili elettrici, i fili di lana, i fili di fumo, i fili del potere, i fili del destino, i fili della memoria, il filo della vita…
Abbiamo tessuto per quindici anni i fili delle arti congiunte tra loro, per donare alla nostra città, alle sue architetture, un Festival di teatro, danza, musica, arti visive, studi, compiuto come il Filo d’Arianna 2008. Il file rouge che ci ha accompagnato in questi quindici anni, è stato quello della qualità delle scelte artistiche, alla ricerca di qualcosa che ci riguarda tutti come il bello, l’estetica, la cultura, il senso profondo delle cose e dell’essere.
E la città si è rivelata più bella, solcata dalle parole belle del teatro, dai passi leggeri della danza, dalle luci delle performance, dal canto delle differenti melodie dell’ambiente: il vento, i sussurri del fiume, la voce umana, la pioggia scrosciante che resiste alla musica e si fa musica.
Abbiamo camminato in lunghe file di spettatori nei sentieri lungo l’Ardo e il Piave, ascoltando poesia. Abbiamo proceduto accompagnati dal suono di campane mentre la fila indiana sul liston seguiva composta la salma dei poeti che non ci sono più, dei nostri affetti remoti ma non dimenticati. Abbiamo danzato nei mercati e anche nelle fontane e perfino nei supermercati, e disegnato nuvole, veli bianchi da sposa giù dalle facciate dei palazzi, lungo le colonne, sui sagrati delle chiese, fagotti bianchi come lacrime, lungo le finestre di piazza delle Erbe, carichi di ciò che ci appartiene e che siamo destinati a lasciare lungo il percorso di una intera vita. Dino Buzzati a farci da guida lungo la lunga fila di scarpe atta a segnare i passi di un rito, di una lunga strada di attese, sassi, speranze, memorie, quelle di ognuno…
Oggi ci ritroviamo a dover ricominciare…
E lo facciamo con fiducia,
con la volontà di proseguire un percorso che con fatica,
insieme ai tanti bellunesi che ci hanno accompagnato e dato forza in questi quindici anni,
abbiamo costruito insieme per la nostra città…
Siamo cresciuti insieme, attori e spettatori del Filo
Per questo desideriamo continuare a tessere fili di speranza,
fili di emozioni,
fili di vita…
il direttore artistico
Daniela Nicosia
Fondazione Teatri delle Dolomiti
Comune di Belluno
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Provincia di Belluno
Regione del Veneto
FILO D’ARIANNA FESTIVAL 2009
quindicesima edizione
direzione artistica Daniela Nicosia
BELLUNO
dal 3 al 13 settembre
giovedì 3
Auditorium Comunale – ore 20:30
FiloFilm
un’emozionante proiezione sui quindici anni di Festival
Mostra fotografica diffusa
inaugurazione
Polvere ovvero la storia del teatro
incontro con la regia e gli attori
sabato 5
Giardini Sottocastello – ore 16:00
Portici Inattuali installazioni urbane
inaugurazione e percorso tra le opere con gli artisti
La città danza
itinerario di danza urbana per il Centro Storico di Belluno
ore 17:00
Dance Raids
ore 18:45
Calicante
da venerdì 11 a domenica 13
Teatro Comunale
Il ritorno di…
Polvere ovvero la storia del teatro
FILO D’ARIANNA FESTIVAL
BREVE STORIA
Da quindici anni il Filo d’Arianna Festival, organizzato a Belluno da Tib Teatro per la direzione artistica di Daniela Nicosia, in collaborazione con il Comune di Belluno, e dal 2006 anche con la Fondazione Teatri delle Dolomiti, con la partecipazione della Provincia di Belluno, della Regione del Veneto e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ridisegna gli spazi urbani e i più suggestivi contesti ambientali del territorio dolomitico attraverso l’incontro tra le arti – teatro, danza, musica, arti visive, letteratura – accompagnato da una corposa sezione studi, che ha visto negli anni alternarsi in progetti di formazione rivolti ai giovani del territorio, differenti artisti e studiosi a livello internazionale. Importanti le partnership realizzate dal Festival con le Università degli Studi di Venezia, Padova e Bologna, sia per la sezione studi, con la presenza di docenti, in qualità di relatori, nelle tante conferenze che hanno accompagnato i differenti eventi di spettacolo, sia attraverso l’attivazione di specifiche convenzioni per stage universitari.
Il pensiero artistico che dà vita al progetto Filo d’Arianna Festival è quello di una rivisitazione degli spazi aperti e degli edifici storici della città grazie al linguaggio delle arti, con la produzione di eventi atti a modificarne la percezione e la fruizione attraverso una consapevole riconsiderazione degli spazi stessi. Un progetto, quello del Filo d’Arianna che per le sue caratteristiche multidisciplinari, assorbe fasce di pubblico differenti per età ed interessi, permettendo una rivisitazione dei concetti di città, di ambiente e di benessere, in cui le arti sceniche, ridisegnano confini e significati, forme e contenuti di un contesto recuperando così la loro originaria funzione sociale.
FESTIVAL 2009
Il Filo d’Arianna si realizzerà a Belluno tra il 3 e il 13 settembre con la finalità di valorizzarne gli spazi, grazie al costante dialogo instaurato tra le architetture cittadine, il paesaggio, e le differenti proposte artistiche. Queste saranno infatti incastonate in precisi contesti ambientali ed in molti casi trarranno spunto da essi, secondo un pensiero che rintraccia nel paesaggio umano possibili fonti drammaturgiche.
Il Festival 2009 si comporrà per progetti, articolati in più sezioni integrate tra loro. Danza urbana, teatro, arti visive, creeranno un percorso atto ad attraversare differenti luoghi della città in un itinerario che ci permetterà di rileggere il tessuto urbano. Il “teatro degli atti quotidiani” si mescolerà così con le forme create dagli artisti, dando vita ad inedite performance in cui sempre più labile apparirà la linea di confine tra teatro e vita.
ARTI VISIVE
QUINDICI ANNI DI EMOZIONI: FILOFILM – MOSTRA FOTOGRAFICA DIFFUSA
PORTICI INATTUALI
Con il progetto Quindici anni di emozioni abbiamo inteso tessere i fili della memoria. Scatti rubati, che catturano l’istante e lo consegnano al tempo, fotogrammi che uniscono immagini e pensieri, gesti quotidiani e gesti della scena secondo la filosofia del Festival che sempre più ha saputo raccontare, negli anni, la mappa emotiva della nostra città. Un racconto che continua, diffuso nelle piazze, nelle strade, nei luoghi della nostra comunità.
FiloFilo produzione di un film documentario sulla memoria di quindici anni di Festival.
Mostra fotografica diffusa, una mostra fotografica diffusa che testimonia i momenti più significativi del Festival.
Il progetto Portici Inattuali Installazioni Urbane, a cura di Gaetano Ricci e Giorgio Vazza, è caratterizzato dalla creazione di installazioni urbane originali, ad opera di differenti artisti internazionali, appositamente ideate in occasione del Filo d’Arianna Festival, per i luoghi prescelti della città. Gli artisti, nel corso di differenti sopralluoghi, progettano, a partire dalle architetture prescelte, delle macro installazioni in differenti materiali che possono accompagnarsi a performance originali, installazioni che nascono e modificano la percezione degli spazi quotidiani per riconsegnarli a fine Festival così come erano. Opere visive che incidono per un tempo su di un luogo, e ne modificano l’assetto, restando per sempre nella memoria di chi quel tempo e quel luogo ha condiviso. Gli artisti presenti al Festival 2009 sono: Donato Maria Bortolot, Shuhei Matsuyama, Franz Stähler.
DANZA URBANA
LA CITTÀ DANZA
Questa sezione intende promuovere la giovane danza d’autore veneta contestualizzandola nei più suggestivi spazi aperti del centro storico della città. La caratteristica del tessuto urbano medioevale di Belluno è infatti la contaminazione tra architetture storiche e ambiente naturale (aree verdi, terrazze sul fiume Piave, presenza delle Dolomiti quali cornice delle principali piazze della città). La convivenza tra tutti questi elementi e la necessità di un recupero del rapporto tra la città e il suo fiume costituiscono elementi preziosi per le arti ed in particolare per la creazione di coreografie originali scaturite dalle suggestioni derivanti dagli spazi stessi. Saranno pertanto i cinque giovani coreografi finalisti del Premio per la Giovane Danza d’Autore della Regione del Veneto 2009 (Alberto Cacopardi con Ci vuole il fiore-Urban, Marianna Batelli e Alessandro Rossi in Plastik Life, Giuliana Urciuoli in Stasi, Francesca Foscarini con Kalsh e Silvia Gribaudi con A corpo libero) a ridisegnare i luoghi, per il progetto del Festival La Città Danza.
Ad essi si unirà, nell’itinerario degli spettacoli, anche la coreografa bellunese Laura Zago, selezionata dal Festival OrienteOccidente per il Concorso Coreografico Città di Rovereto Danz’è, con una performance di danza contemporanea realizzata sul porfido di piazza dei Martiri e interpretata da sedici danzatori. Una coreografia dal segno eloquente che rappresenta una ricerca sull’atto del donarsi, nella sua intima profonda essenzialità in un concerto di movimento che nella circolarità ripercorre l’inizio e la fine dell’esistere, tra confini spaziali e mentali, tesa al superamento degli stessi, sospesa tra la pietra della piazza e il cielo aperto delle vette dolomitiche.
TEATRO
IL RITORNO DI… POLVERE OVVERO LA STORIA DEL TEATRO
Polvere ovvero la storia del teatro è un progetto nato per il Teatro Comunale di Belluno nel 2003 che nel tempo si è composto di diverse tappe.
La prima tappa produttiva è stata realizzata presso il Teatro Comunale di Belluno, la seconda è stata realizzata presso il Teatro Civico di Schio nel settembre del 2005 all’interno del Progetto Lottozero per la direzione artistica di Gabriele Vacis, la terza tappa ha prodotto una creazione originale per il 38° Festival Internazionale de La Biennale di Venezia 2006, al Teatro Goldoni.
Arti visive
QUINDICI ANNI DI EMOZIONI
FILOFILM
di Lorena Casol
voce recitante Vania Bortot
montaggio Piero Bolzan – Audiogruppo
produzione Tib Teatro
Il Filo in quindici anni ha percorso strade, piazze, cortili, ha rivelato luoghi, riacceso memorie… ha attraversato luoghi sacri e profani, spazi pubblici e privati e in questo suo viaggio ha lasciato una traccia nella vita sociale e culturale della nostra comunità: non solo spettacoli, anche incontri, laboratori, relazioni, occasioni di confronto tra chi appartiene ai luoghi e chi, artisti e visitatori, li scopre…
Fermarsi… a guardare. Fermarsi… e rivivere.
Imbattersi, quasi per caso, nelle immagini, nei luoghi delle emozioni che abbiamo condiviso nel corso di questi quindici anni di Festival. Basta poco e si ritrova il senso delle cose, dettagli significativi smarriti nel quotidiano, casuale, affannoso, distratto fluire del tempo…
prima proiezione
Auditorium Comunale
giovedì 3 settembre – h 20:30
MOSTRA FOTOGRAFICA DIFFUSA
Una traccia, un filo, un legame sottile che lega le nostre azioni quotidiane a nuovi sguardi, nuovo piacere di riscoprirci e di ri-scoprire vecchie e nuove emozioni.
Così il Filo d’Arianna Festival in questi quindici anni, così la mostra fotografica diffusa che incontreremo, quasi per caso, passeggiando nel Centro Storico di Belluno.
Scatti rubati, scatti dimenticati… a tessere la mappa della memoria di un Festival che sempre più sa raccontare la mappa emotiva della nostra città…
inaugurazione
Auditorium Comunale
giovedì 3 settembre – h 20:30
la mostra sarà visibile fino a domenica 13 settembre
Arti visive
PORTICI INATTUALI
installazioni urbane
sezione a cura di Gaetano Ricci e Giorgio Vazza
con il contributo critico di Luca Bochicchio
installazioni di Donato Maria Bortolot, Shuhei Matsuyama, Franz Stähler
Per il terzo anno il Filo d’Arianna rinnova la collaborazione, per la sezione arti visive, con gli ideatori originari di Portici Inattuali, un progetto culturale importante, cui il Festival ha saputo ridare vita mantenendo intatta la filosofia ad esso sottesa seppur nello spostamento dall’originaria collocazione rurale in un contesto cittadino. I protagonisti del percorso di installazioni urbane di questa edizione sono tre affermati artisti internazionali, Donato Maria Bortolot – Shuhei Matsuyama – Franz Stähler, che interagiscono con le architetture del centro storico di Belluno. Da questo particolare incontro prendono vita macro-installazioni dal forte impatto visivo che sanno dialogare con lo spazio urbano che le circoscrive e al contempo ne estendono la percezione. Intervenire artisticamente su un luogo significa rivelare, recuperare o comunque confrontarsi con aspetti significativi di esso.
L’artista crea così una comunicazione diretta tra l’architettura della città e il suo fruitore, abituale o casuale, al di là di ogni mediazione, allargando al tempo stesso la scena e il pubblico dell’arte.
Lo spazio pubblico, trasformato dalle installazioni urbane, non è più spazio ma spazio sociale, spazio in cui l’invisibile è reso visibile, il non detto è raccontato e il dimenticato viene ricordato…
inaugurazione
Giardini Sottocastello
sabato 5 settembre – h 16:00
le installazioni saranno visibili fino a domenica 13 settembre
Gaetano Ricci artista eclettico, opera con la pittura, la scultura l’installazione,la performance. La ricerca di soluzioni estetiche avanzate e di espressioni nuove lo vedono impegnato in esperienze di interazione e interdisciplinarità con la musica, la gestualità ed il teatro.
Nato a Jesi (AN) il 31/12/1959, dopo il Liceo Artistico si diploma all’Accademia di Belle Arti di Urbino (sez. pittura), contemporaneamente studia estetica, fotografia, cinematografia. Abilitato all’insegnamento di Educazione Artistica – Discipline Pittoriche – Disegno e Storia dell’Arte, attualmente è docente di Discipline Pittoriche all’Istituto Statale d’Arte Bruno Munari di Vittorio Veneto. Nel 1984 a Fermo (AP) promuove con l’artista De Santi lo spazio culturale AVANGARTE STUDIO, fra i numerosi eventi promossi ricordiamo i progetti “Teatro Arti Visive” in collaborazione con i Teatri Comunicanti e con l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. Dal 1993 al 2001 con gli artisti Da Rold e Vazza è direttore artistico della rassegna di arte contemporanea PORTICI INATTUALI a Sitran d’Alpago (BL). Dal 2007 con Da Rold e Vazza cura la sezione Arti Visive del FILO D’ARIANNA festival città di Belluno.
Giorgio Vazza nato a Longarone (BL) nel 1952, vive e lavora a Sitran di Puos d’Alpago (BL).
Da anni la sua ricerca artistica si sviluppa nel campo delle installazioni, opere nelle quali la valenza simbolica e quella concettuale si congiungono in realizzazioni tridimensionali, a volte vere e proprie sculture, capaci di interagire con lo spazio circostante e di imprimergli una connotazione inedita.
Parallelamente si dedica al disegno e alla pittura; forse la lingua materna, intima e diretta, del segno e del colore, che risponde ad un bisogno di espressione immediato e personale.
Con Da Rold e Ricci è tra i direttori artistici della Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea “PORTICI INATTUALI”, svoltasi dal 1989 al 2001 a Sitran d’Alpago. Dal 2007 insieme a Da Rold e Ricci cura a Belluno, nell’ambito del “FILO D’ARIANNA” Festival, la sezione arti visive “PORTICI INATTUALI”.
PIXEL, CARTA DI RISO E BIJOU: ARTE PUBBLICA PER BELLUNO
Luca Bochicchio
Da quindici anni il Filo d’Arianna Festival innesta negli spazi pubblici di Belluno il gusto mitico, radicale e spregiudicato delle arti teatrali. Risale a tre anni fa l’annuncio di una sezione di arti visive arricchita dal ritorno di Portici Inattuali: evento che per un decennio aveva accolto nel borgo di Sitran d’Alpago artisti provenienti da mezzo mondo. Questo è il terzo anno in cui si sperimenta il connubio Filo-Portici, che nelle precedenti edizioni ha visto la realizzazione degli allestimenti di Flavio Da Rold, Giorgio Vazza, Gaetano Ricci (2007), Isidoro Dal Col, Aurelio Fort, Marco Gaviraghi Calloni, Ruggero Maggi, Giacomo Nicola Manenti e Gianni Pasotti (2008), intercalati tra il Museo Civico e i giardini di Sottocastello.
Attualmente, in Italia non si contano i festival, i concorsi e gli eventi che portano l’arte negli spazi storici e urbani, riservando un’attenzione sempre maggiore alla scultura ambientale e al site-specific; il Filo d’Arianna Festival si inserisce in questo movimento pur presentando aspetti del tutto peculiari: esso è infatti, in primo luogo, un’occasione di scambio e condivisione che segue i sentieri del mito e riallaccia i segmenti interrotti tra l’uomo e la sua natura più profonda. Il Filo d’Arianna è anche una scommessa annualmente rinnovata: non nasce per sopravvivere in porti sicuri o per navigare a vista ma per affrontare le onde, e per farlo più caparbiamente se la crisi assume i contorni di una melma tentacolare. Ancora una volta, in questa quindicesima edizione, il Festival progetta e sperimenta, rilanciando il proprio pensiero anche attraverso le installazioni urbane.
La nuova identità di Portici Inattuali si trova ancora oggi in un momento di gestazione, misurandosi, di anno in anno, con uno spazio per nulla facile come quello della piazza del Duomo: talmente bella e rigorosa in sé, da suggerire massima attenzione a chi intende operarvi un’incursione o una distorsione mediatica. Nello stesso tempo, gli artisti che lavorano con materia, struttura e colore vanno cercando un dialogo con il tempo e la memoria del centro storico abbarbicato sul Piave, contribuendo così al lavoro di cesello attraverso il quale il Filo d’Arianna tenta il recupero della poesia che ancora attende il giusto posto, anzi, la giusta celebrazione tra i valori di una società a volte annoiata. Da qui si comprende perché, in questa fase sperimentale, sia importante (e soprattutto dilettevole) ospitare tre maestri internazionali: Donato Maria Bortolot (IT), Shuhei Matsuyama (J) e Franz Stähler (D).
Nati negli anni ’50, seguendo percorsi diversi i tre hanno affrontato le intemperie del concettuale, dell’avanzata tecnologica e, soprattutto, della centrifuga post-moderna la quale – rotti gli argini antropologici in favore di una dimensione umana interconnessa all’alterità – li ha sbattuti nel terzo millennio ognuno con la propria tradizione e poetica. Le tre opere progettate per il Filo d’Arianna sono profondamente diverse l’una dall’altra e offrono un buon saggio di quello che è oggi lo sguardo sull’arte e sulla città.
Donato Maria Bortolot pensa sottilmente un’installazione invisibile e totale; tutto inizia con un messaggio elettronico lanciato al viaggiatore distratto, un girone dantesco contemporaneo il cui varco è rappresentato dalla scala mobile che, dal ventre del centro storico, catapulta nel cuore del città.
L’opera di Franz Stähler è un collier forgiato nel metallo: senza voler fare della banale retorica si potrebbe definire “un gioiello di scultura per un gioiello di città”! Considerate le dimensioni dell’opera è infatti difficile non pensare all’idea intrinseca alla scultura monumentale e alla sua attualissima evoluzione in relazione all’ambiente e, soprattutto, all’identità e alla memoria di una comunità.
Shuhei Matsuyama riesce invece a infondere alle sue installazioni ambientali la leggerezza e la pregnanza di un visibile materiale decantato dalle impurità; un lavoro che procede per sintesi e completamento dello spazio, attraverso il progressivo avvicinarsi di colore e materia all’equilibrio del respiro: alternato scambio tra interno ed esterno che vibra sino a farsi suono.
Come è facile immaginare, questi brevi accenni trasmettono soltanto l’idea di un’attesa che fa pregustare l’evento; del resto, senza scomodare Leopardi, si può affermare che attendere la festa, l’arte e l’effimero, di fatto, li fa già iniziare.
Luca Bochicchio (1981, Belluno) è critico e storico dell’arte contemporanea. Ha presentato diversi artisti in spazi pubblici e privati, collabora con la rivista “Tk/ArtKey”, ha inaugurato nel 2006 la sezione arti visive del Filo d’Arianna Festival ed è vice presidente di Galleria Studio44 (Genova). Come storico dell’arte lavora all’Archivio d’Arte Contemporanea (AdAC) dell’Università di Genova e collabora con l’Instituto Hondureño de Antropologìa e Historia (IHAH) di Tegucigalpa (Honduras). Attualmente è dottorando di ricerca in Arti Spettacolo e Tecnologie multimediali all’Università di Genova.
OPERE EDIZIONE 2009
NOI LASCIAMO LE IMPRONTE O LE IMPRONTE LASCIANO NOI?
Donato Maria Bortolot
Nato in casa nel 1952 ha passato l’infanzia e l’adolescenza in Italia e in Germania. Ha frequentato l’Istituto d’Arte a Fano (Ps) e l’Accademia di Belle Arti a Venezia, Roma e Urbino dove si è diplomato nel 1976. Opera dal 1972 con materiali diversi e spesso inesistenti esponendo saltuariamente il tutto e il niente, in Italia e all’estero. Attualmente vive a Zoppè di Cadore.
SHIN-ON
pittura polimaterica su tavola, h.150 x 1000 cm
struttura polimaterica, diametro 50 cm h.400 cm
Shuhei Matsuyama
Commuoversi, avventurarsi e poi esprimere se stessi non è altro che
immergersi nell’arte ma, per il fatto che la conoscenza non si esaurisce nel
presente, bisogna guardarsi dalla passività e dalla staticità: solo guardando avanti lo spirito può giungere alla maturazione.
A chi mi chiede:
perché lavori?
Rispondo:
per crescere.
Perché vuoi crescere?
Per conoscermi.
Perché vuoi conoscerti?
Per esprimermi.
Perché vuoi esprimerti?
Per essere artista (uomo).
Perché vuoi essere artista?
Per essere libero.
Perché vuoi essere libero?
Per aver gioia dalla vita.
Shuhei Matsuyama
Nato a Tokyo nel 1955, si e trasferito in Italia nel 1976. Attualmente vive e lavora a Milano. Le sue opere sono state presentate in più di cento mostre personali e centocinquanta mostre collettive principalmente in Italia, Giappone e negli Stati Uniti.
Di particolare importanza sono le cinque mostre Shin-On presentate a Venezia in un arco di dieci anni in coincidenza con la Biennale di Venezia. Negli ultimi anni ha tenuto mostre personali in Italia nel PAC di Palazzo Massari delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara e nel Museo Bargello a Firenze, e negli Stati Uniti nel Chelsea Museum. Lo spazio pubblico è una parte importante della sua attività. Opere principali sono la scultura colonnare alta 5 metri a Hakata, Giappone, e la fontana in mosaico a Rieti.
Shin-On è il nome di un ideogramma giapponese che solo per approssimazione e con qualche genericità possiamo tradurre nella nostra lingua con «rappresentazione visiva della sonorità, musica che diventa pittura».
COLLIER
gabbia n.1 h. 130 x 90 cm; peso 90 kg
numero 7 gabbie in ferro (inserimenti vetri colorati) collegate tra loro, diametro 5 metri
Franz Stähler
Nato in Germania nel 1956. La sua opera deve molto alle strategie progressiste dei Land Artist; ma nello stesso tempo le sue strutture sono molte diverse nelle intenzioni e nella risoluzione fisica.
Le opere monumentali di Sthaeler rappresentano le sue espressioni più straordinarie e più originali. Affascinanti gli abili accostamenti del familiare con l’insolito, sia nell’ambito architetturale che paesaggistico. L’artista cosmopolita vive e lavora per la maggior parte dell’anno in Germania, Italia e Francia. Nel 1987 ha vinto il Premio Faenza del Concorso Internazionale della Ceramica. Le sue opere si sviluppano in perfetta armonia con l’ambiente naturale, un omaggio al vento, all’acqua, alla terra e al fuoco. Negli spazi pubblici si possono ammirare le sue creazioni in Germania a Baden–Baden, al Parco di Böblingen, a Mathildenhöhe Darmstadet, al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, al Parco La Gironda di Bologna, a Montefiridolfi Centro d’Arte La Loggia, a Briosco Fondazione Pietro Rossini, Chermes Labyrintgarten Tenuta Kränzel e al Porto di Varazze.
Ha partecipato a numerose mostre internazionali tra cui ricordiamo alcune delle più recenti: 2005 Cheminement de sculptures, Gigondas – 2006 Sculpture project, Fondatione Pietro Rossigni – 2007 Sculpture project, Centro dD’Arte La Loggia – 2008 Monaco Arte Ecologi – 2009 Albissola Circolo degli Artisti.
Danza
DANCE RAIDS
itinerario di danza nel paesaggio urbano
in collaborazione con Bassano Opera Estate Festival e Arteven Circuito Teatrale Regionale
Dance Raids è un progetto dedicato alla danza negli spazi urbani, che si propone di indagare le città, come luogo fisico e dell’immaginario, in cui i coreografi si possano confrontare con le architetture e le suggestioni di spazi e luoghi pubblici.
La relazione con il pubblico e la prossimità con cui il performer si avvicina allo spettatore, conducendolo spesso in un itinerario di riscoperta degli spazi urbani della quotidianità, consentono di instaurare un dialogo in cui anche chi giunge per caso nel luogo di rappresentazione rimane incuriosito e coinvolto.
L’esperienza consente di creare nuovi codici e modalità performative, facendosi promotrice di innovazione nel linguaggio coreografico e laboratorio di un modo alternativo di concepire e proporre lo spettacolo dal vivo.
L’iniziativa propone un affondo per gli artisti ed il pubblico nel contesto culturale ed architettonico, la storia, le tradizioni e le innovazioni tecnologiche che investono gli spazi pubblici, spazi che vengono rivisitati diventando un tutt’uno con lo spettacolo, evento unico e irripetibile.
Il progetto, presentato durante l’estate nei centri storici delle province della Regione del Veneto, prevede l’intervento dei coreografi protagonisti del Premio per la Giovane Danza d’Autore della Regione del Veneto 2009.
Dalla Biennale di Venezia la versione Open Space delle performance dei cinque coreografi finalisti del Premio Gd’A della Regione del Veneto.
percorso da piazza Duomo a piazza dei Martiri
sabato 5 settembre – ore 17.00
A CORPO LIBERO URBAN
danz’autore Silvia Gribaudi
sound design Mauro Fiorin
lighting design David Napolin Casagrande
La nostra vita in origine è libera da ogni impurità e vasta come l’universo
(Daisaku Ikeda – Esperia, vol. 3, p. 5)
A corpo libero è un progetto che nasce e si sviluppa con il percorso Gd’A Veneto 2009. In un tempo e in uno spazio urbano una giovane donna scopre l’inadeguatezza che in ogni istante tenta di superare per ricercare quella libertà a cui aspira.
È un lavoro di movimento che attraversa la rigidità e la fluidità del corpo, approda ad una lontana femminilità e cade gioiosamente nella sua concreta realtà!
si ringrazia per la collaborazione Associazione Questa Nave – Marghera – Venezia
Silvia Gribaudi
Segue seminari e laboratori in Italia e all’estero e decisivo per la sua formazione è l’incontro nel 2000 con Claude Coldy con il quale inizia un percorso di formazione in Danza Sensibile ®. Nel 1998 lavora per la Compagnia svizzera Rigolo Tanzendes Theater con cui fa un periodo di formazione e residenza praticando con Maya Brosch (improvvisazione), Monica Francia (teatro Fisico), Pierpaolo Koss (danza Butoh) e partecipa nello spettacolo Balance, coreografie di Anzu Furukawa, in qualità di assistente coreografa e danzatrice – tournée 1999-2000 (Svizzera). Nel 2001 è assistente alle coreografie e protagonista femminile con Luciano Padovani per la compagnia Naturalis Labor nel duetto 2, Rue des pommes (Coproduzione Abano Danza Festival, Oriente Occidente Festival, Bassano Operaestate Festival). Dal 2004 al 2007 lavora con Vasco Mirandola in spettacoli comici e crea performance di danza urbana in collaborazione con numerosi danzatori, musicisti ed attori. Nel 2008 viene selezionata per la Vetrina della giovane danza d’autore di Ravenna e selezionata in eXpLo 2008 all’interno di Anticorpi eXpLo – Tracce di giovane danza d’autore – con lo spettacolo Unattimo di cui è autrice ed interprete.
Manonuda Teatro
CI VUOLE IL FIORE URBAN
danz’autore Alberto Cacopardi
musiche George Winston – December
costumi Alberto Cacopardi, Evarossella Biolo
lighting design Alberto Cacopardi, Evarossella Biolo
In uno spazio pubblico, immerso nel vivere quotidiano della città, inizialmente vi è un corpo, disteso al suolo. In un costante dialogo con l’architettura e l’ambiente circostante si sviluppa una danza che porta alla scoperta del corpo, delle ossa, dei muscoli e della pelle.
Il lavoro nasce da una esplorazione della sfera istintuale, si sviluppa da riflessioni sull’essere bambini e sulla crescita in cui si esprime un’elevata capacità di articolare ragionamenti complessi, che talvolta rischiano di ingabbiare l’uomo contemporaneo.
Alberto Cacopardi
Attore, danzatore, formatore, nato a Mestre nel 1976, la sua esperienza artistica parte dal teatro di strada. Da qui si avvicina al movimento del corpo interessandosi di danza contemporanea e arti marziali.
Nel 2002 si diploma presso la scuola internazionale di creazione teatrale Kiklos diretta da Giovanni Fusetti, dove segue il percorso di formazione teatrale di Jaques Lecoq.
Nella sua formazione incontra: Jean Daniel Frichter, Maja Stromarg, Yoshi Oida, Tapa Sudana e Norman Tailor. Nel 2005 Atsushi Takenouchi lo conduce nella danza contemporanea Butoh, da cui rimane affascinato per l’esplorazione sensibile del mondo esterno ed interno all’interprete. Nel 2004 entra nella compagnia Il balletto civile diretta da Michela Lucenti (I topi e Kecuptroiane).
Dopo varie altre esperienze fonda assieme ad Evarossella Biolo la compagnia Manonuda Teatro (Padova), dove, spinto da una necessità espressiva, sperimenta un proprio linguaggio.
KALSH
danz’autore Francesca Foscarini
elaborazioni musicali Simone Sonda
Urban Kalsh nasce dalla riflessione intorno all’idea di abbandono e come questa condizione si traduce al corpo e al suo movimento. Abbandono come rinuncia, cedimento, non resistenza, riduzione della presa sul mondo e il conseguente sprofondare al suolo.
Kalsh deriva da kalashnikov, un’arma che riesce a trasformare in combattente anche una scimmia. In contrapposizione a questa condizione, torna forte la volontà di rialzare quel corpo che sembra aver dimenticato la posizione eretta, ma che conserva la memoria di un livore e una condanna da sputare al momento giusto.
Urban Klash cerca infatti un contesto e un dialogo con l’architettura nel paesaggio urbano, sviluppando nelle architetture del corpo un linguaggio coerente e innovativo fortemente ispirato dai materiali delle costruzioni e delle pavimentazioni e dalle sensazioni che il corpo umano percepisce venendone in contatto.
Francesca Foscarini
Nasce a Bassano del Grappa (VI) nel 1982. Studia danza classica, moderna e contemporanea. Inizia la sua esperienza professionale con la Compagnia Aldes di Roberto Castello (2000-2003), nelle creazioni Biosculture e Il migliore dei mondi possibili (Premio Ubu 2003). Successivamente diventano significative per la sua formazione e crescita artistica le esperienze di studio promosse da The Project (2004-2007) – Opera Estate Festival, dove incontra e prende parte a performance con Ronit Ziv (ISR), Elisabeth Lea (AUS/UK), Sara Wiktorowicz (NL), Rachel Prische (UK) e Iris Erez (ISR). Nel 2007 come danzatrice è coinvolta nel progetto europeo The migrant body promosso e sostenuto da Opera Estate Veneto e Cultura 2000 e prende parte alle residenze coreografiche presso National Dance Center Bucharest (Romania) con Sacha Steenk (Olanda), Merseysie Dance iniziative Studios a Liverpool (UK) con Sonia Brunelli (Italia), Teatro Astra di Bassano del Grappa (I) con Florin Fieroiu (Romania).
Nel 2008 Continua la sua collaborazione con Sonia Brunelli nella creazione A NNN A e nello stesso anno Sara Wiktorowicz crea per lei l’assolo Grandmother.
Atelier Gruppo Danza
PLASTIK LIFE
danz’autori Marianna Batelli e Alessandro Rossi
sound design Marcello Batelli
costumi Atelier Gruppo Danza
lighting design Marcello Batelli e Alessandro Rossi
voce recitante Alessandro Rossi
oggetti scenici Softline Udine
Plastik Life è una creazione che trae ispirazione dal romanzo Doppio Sogno di Arthur Schnitzler. Nel paesaggio urbano si presentano due personaggi, la loro interazione si estremizza, creando delle immagini plastificate, maschere acustiche, immutabili simboli di incomunicabilità.
Investigano il tema del doppio, del rapporto uomo-donna e della loro psiche: i due partner sono in bilico tra verità e menzogna, tra mondo onirico e mondo quotidiano, il silenzio, il non suono, simbolo dei segreti e delle cose taciute e inconfessabili che convivono con la realtà quotidiana di una coppia. In primo piano vi è il problema dell’incomunicabilità, che viene a turbare l’equilibrio di un rapporto consolidato. Con un linguaggio corporeo scarno e lineare si disegnano negli spazi della città situazioni sospese, diverse e in contrasto tra loro, che si esplicano con uno stile estetico essenziale. La crisi di entrambi i personaggi si sviluppa parallelamente e confonde reale e surreale, mentre quella della tranquilla famiglia borghese è solo una maschera illusoria che nasconde un groviglio di dubbi, angosce e desideri repressi che sospendono i personaggi in bilico tra comprensione e incomprensione, tra conscio e inconscio. La facciata inganna, la realtà è un paravento illusorio e costringe i protagonisti alla ricerca affannosa di una verità, che non esiste se non nel tentativo della reciproca comprensione.
Marianna Batelli
Nata nel 1979, laureata in Lettere Moderne, studia danza classica e si perfeziona nello stile moderno-contemporaneo seguendo corsi di perfezionamento professionali con coreografi di fama internazionale quali W. Moretti, L. Pulin, G. Carbone, L. Kemp, G. Rossi, M. Van Hoecke, L. Ekson, C. Ronconi, M. Bigonzetti. In Francia studia danza contemporanea e teatrodanza con C. Carlson, T. Fernandez, B. Pradet, B. Sajous. Approfondisce il genere del teatrodanza con M. Abbondanza e A. Bertoni, con cui partecipa dal 2005 al 2007 a due progetti performativi. Dal 1999 insegna danza moderna e contemporanea. Nel 2004 fonda la Compagnia Atelier Gruppo Danza, con la quale crea coreografie originali ed è vincitrice di concorsi nazionali e ospite in diverse Rassegne e Galà. Il suo ultimo lavoro di teatrodanza è ospite alla 12° e 13° edizione della Biennale de la Danse di Lione e al Festival Les Hivernales di Avignone.
Alessandro Rossi
Nato nel 1978, sviluppa la sua formazione in diversi laboratori teatrali e si perfeziona con maestri quali S. Mitchell, G. Coullet, M. Plevin, M. Baliani, L. Curino, Y. Oida. In Francia studia danza contemporanea e teatrodanza con C. Carlson, T. Fernandez, B. Pradet, B. Sajous. Approfondisce il genere del teatrodanza con M. Abbondanza e A. Bertoni, con cui partecipa dal 2005 al 2007 a due progetti performativi. Come attore professionista ha recitato in numerose produzioni nazionali, in particolare nell’ambito del teatro per ragazzi. È ospite alla 12° e 13° edizione della Biennale de la Danse di Lione e al Festival Les Hivernales di Avignone. È docente di laboratori teatrali. Nel 2006 è semifinalista al Concorso Nazionale Prova d’Attore, organizzato da Tangram Teatro di Torino. È protagonista del lungometraggio Una Settimana in Concorso, presentato nell’ambito della 64° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Uqbarteatro
STASI
danz’autore Giuliana Urciuoli
arrangiamento musicale Paki Zennaro
Stasi è una danza che evoca il riverbero prodotto da un pensiero ricorrente, da un’indecisione, da un tenersi al confine tra il dire sì e il dire no. È la traccia di una frenesia che esplode dentro e di un’immobilità che vuole farsi sentire.
Giuliana Urciuoli
Laureata in Storia della Danza-Discipline delle Arti, Musica, Spettacolo-D.A.M.S. all’Università di Bologna. Approfondisce lo studio della danza contemporanea con maestri quali Luisa Casiraghi, Raffaella Giordano, Carolyn Carlson, Ivan Wolfe, Nigel Charnok, Josef Nadj, Vim Wandekeybus, Malou Airaud. Entra a far parte della Compagnia di Carolyn Carlson e partecipa a diverse produzioni della Biennale di Venezia. È solista del Szeged Contemporary Dance Company presso il Teatro Nazionale di Szeged in Ungheria.
Danza in numerosi Festival internazionali e collabora con coreografi quali: Juronics Tamàs (Ungheria), Roberto Galvan (Argentina), Itzik Galili, Amir Kolben (Israele), Ben Craft (Inghilterra), Vera Sander, Piet Rogie (Olanda). Collabora con il videoartista Alessandro Amaducci alla creazione di installazioni, videoclip e video danza: Cromasoma, Elektric Self, Flesh Path, Il giorno, la notte, il giorno, In Side Out.
Firma coreografie proprie ottenendo riconoscimenti internazionali: Il giorno, la notte, il giorno; La corsa dei fuochi, poesie per la musica – Opera senza cornice; EX; Crossing.
È cofondatrice dell’ associazione di promozione sociale REV-Rete Veneta Arti Performative.
Danza
PassInversi
CALICANTE
coreografia Laura Zago
con i danzatori della compagnia
musica Ceccarelli, Zelwer, Bremnes
elaborazioni musicali Marco Valentino
Calicante… il fiore simbolo dell’amore spirituale e della nascita. La coreografa Laura Zago si ispira al miracolo della vita che stravolgere le emozioni, richiamando prepotentemente all’essenza di ciò che si è e al senso dell’agire… Un piccolo battito che risuona fin dentro l’anima e che, come la fioritura inattesa e portentosa del Calicanto, insegna il tempo dell’attesa, dell’incontro e della creazione…
È l’ascolto di un essere intimo, in tutte le sue forme, con i suoi tempi, i suoi ritmi, le sue necessità. È la ricerca di se stessi nell’atto del donarsi e la possibilità di trovare l’essenza della propria azione in un concerto di movimento circolare senza fine, oltre i propri confini.
Coreografia selezionata per il concorso Danz’è del Festival Oriente Occidente.
piazza dei Martiri
sabato 5 settembre – ore 18:45
Laura Zago
Bellunese, danzatrice contemporanea. Si perfeziona attraverso corsi professionali con i maggiori rappresentanti della danza contemporanea in Italia e all’estero specializzandosi in seguito presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Balla in alcune compagnie del Triveneto, per Fabrizio Monteverde in Meglio sole nel 1999, per Cesare Ronconi nel 2004. Segnalata con una menzione speciale per la particolare ricerca artistica e gestuale a Vignale-Danza di Torino e nel 2008 selezionata tra i coreografi più interessanti del panorama della danza italiana al Festival Oriente Occidente per il concorso per coreografi Danz’è. Laureata, ha scritto e pubblicato testi sulla danza e crea per la Compagnia PassInversi di Belluno, in occasione del Filo d’Arianna Festival, Metamorfosi e nel 2006 Blu Verticale, spettacoli itineranti di danza urbana.
Teatro
Tib Teatro
POLVERE OVVERO LA STORIA DEL TEATRO
un progetto di Daniela Nicosia
con Katiuscia Bonato, Vania Bortot, Paola Compostella, Susanna Cro, Clara Libertini, Vassilij Mangheras, Silvia Nanni, Solimano Pontarollo
coreografie Laura Zago
scene costumi Daria Tonzig
luci, suono e scenotecnica Francesco D’Altilia e Paolo Pellicciari
elaborazione basi Piero Bolzan-Audiogruppo
«Una struttura architettonica sa parlarmi, rivelarmi la sua intrinseca, latente drammaturgia, la storia implicita, contenuta nelle sue linee prospettiche. Da tempo la mia ricerca artistica si muove in questa direzione. Da qui è nato Polvere che, attraverso la rivisitazione del teatro nei suoi luoghi nascosti, ne percorre la memoria, dall’universo mitico tragico di Sofocle, Euripide, Seneca che ritorna sotto forma di icona – è forse questa, oggi, l’unica possibilità di recupero della classicità? – fino ai contemporanei. L’evanescente concretezza di Polvere…, polvere che abita i teatri, come la vita, che è ciò che resta dopo… quando la soglia è varcata per sempre, che accomuna la vita alla morte rendendoci tutti umanamente simili, ci accompagna in questo viaggio, mentre il teatro si palesa quale luogo di anime, luogo di morte, di morti, che sa donare vita, soglia in cui l’officiante-attore instaura una relazione in uno spazio-tempo nuovo, che annulla la distanza, rimescola i ruoli, rende labile il confine… perché in fondo tutti «persone… personaggi… siamo fatti della stessa materia, della stessa materia dei sogni… sogni di polvere… forse…».
daniela nicosia
Teatro Comunale
venerdì 11, sabato 12 e domenica 13 settembre
spettacolo a prenotazione obbligatoria 0437-950555
ingresso euro 30,00
Il progetto Polvere, nato per il Teatro Comunale di Belluno nel 2003, sviluppa la ricerca artistica di Daniela Nicosia circa le architetture cittadine quali fonti drammaturgiche, individuando tra i luoghi e le loro rappresentazioni nuove possibilità di fruizione degli spazi stessi, nuova produzione di senso. Lo spettacolo, ispirato dalla configurazione architettonica del teatro storico della città di cui esalta le linee compositive rivelandone l’intrinseca latente drammaturgia, vuole essere una rivisitazione, in forma itinerante, dell’edificio e della macchina scenica attraverso la memoria del teatro stesso. È pertanto lo spazio a farsi protagonista di un percorso drammaturgico dai tragici greci ai contemporanei. Attraverso quei luoghi usualmente desueti al pubblico (graticcio, sottopalco, palco, camerini…) gli spettatori incontreranno le voci, le anime, che hanno dato vita al teatro nei secoli. A guidarli, come in sogno, l’impalpabile Polvere, mentre la travolgente affabulazione con marcate cadenze venete del custode del teatro sorprende gli spettatori ancora nel foyer e li accompagna fuori invitandoli a considerare la struttura architettonica della facciata e raccontando per brevi cenni ricchi di umorismo e note aneddotiche, la storia di quel teatro… Ma la vera storia del teatro nei secoli, come lui stesso afferma, è storia «di uomini e di donne, di madri e di figli, di passioni e di attese, di vita e di morte, di terra e di polvere…».
È così che gli spettatori vengono affidati a Polvere, guida medianica del tragitto onirico nella memoria del teatro stesso… Entriamo, avvolti dalla musica dei violini che si impasta con i versi tratti da Orfeo, Euridice, Ermes di Rilke… e come Orfeo scendiamo e risaliamo in un luogo popolato di anime, di voci, di immagini. Il percorso si snoda tra gli anfratti più segreti dell’edificio e tra le anime, i personaggi che hanno dato vita al teatro nei secoli, dalla tragedia antica – attraverso Iacopone da Todi, Shakespeare, Calderon de la Barca, Goldoni, Rostand – fino ai contemporanei.
Daniela Nicosia
Regista e drammaturga, premio ANCT 2004 da parte dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro, laureata in Semiologia dello Spettacolo presso il D.A.M.S. dell’Università di Bologna, è il direttore artistico di Tib Teatro, della Fondazione Teatri delle Dolomiti e del Filo d’Arianna Festival. Formatasi artisticamente con Yoshi Oida – attore di Peter Brook presso il CIRT di Parigi – ha poi lavorato per il Festival di Taormina, il Festival Roma Europa e il Festival di Madrid. Tra le sue regie: per il Festival d’Automne e la Biennale Giovani Produzioni Europee Sylvia – da Tre donne di Sylvia Plath – e Caffè; per lo Stabile dell’Aquila Altri tempi di Raffaella Battaglini; ed inoltre gli eventi spettacolo Per non dimenticare 1945-1995, Nel nulla del deserto nell’ombra del filo spinato vincitore del Premio Nazionale E.I.P., Una rosa per Kabul Palafenice Venezia. Dal 1995 firma tutti i progetti e le regie di Tib Teatro tra cui i recenti spettacoli Shoa le memorie e Orfeo in guerra con cui persegue una particolare forma di teatro civile. Si occupa di drammaturgia contemporanea e da alcuni anni sviluppa una sua linea di ricerca che mette in relazione strutture architettoniche e teatro come nello spettacolo Polvere (Biennale Teatro di Venezia 2006).
PROGETTO POLVERE
Per Il Filo d’Arianna Festival 2009
La tappa del progetto Polvere, che sarà realizzata al Filo d’Arianna 2009, intende costituire il ritorno dello spettacolo proprio laddove è nato quale progetto pilota per la riscoperta dei teatri storici nel rapporto tra architettura e teatro, accompagnato da una serie di iniziative che ne documentano il percorso nei teatri storici del Veneto.
IL PERCORSO
BREVE STORIA DELLE ORIGINI DEL PROGETTO POLVERE
Il progetto nasce da uno sguardo attento che Tib Teatro nel tempo ha saputo rivolgere al territorio di appartenenza in particolare svolgendo funzioni di osservatorio delle nuove generazioni, attraverso una capillare ed attenta azione di scolarizzazione teatrale di base ai fini di favorire la conoscenza, la promozione e la diffusione del linguaggio teatrale. Nei diversi progetti di programmazione rivolti all’infanzia e alle nuove generazioni è stato rilevato come nell’immaginario collettivo degli spettatori (in particolare i più giovani) fosse spesso poco chiaro che l’organizzazione dell’arte e dello spettacolo siano frutto di professionalità e specializzazioni diverse, acquisite attraverso percorsi di formazione e studi specifici. È inoltre emersa una scarsa coscienza della funzione sociale e di aggregazione che può svolgere la presenza di un edificio specifico, quale appunto il Teatro Comunale di Belluno, edificio storico della città, esempio di teatro all’Italiana, architettonicamente progettato e predisposto ad accogliere eventi di spettacolo. Queste ed altre riflessioni hanno fatto maturare alla compagnia l’idea di un progetto scenico atto a rivelare la storia dell’edificio teatro e della macchina scenica necessaria a farlo vivere. Una storia che abbiamo raccontato attraverso gli autori che rappresentano la memoria del teatro stesso fin dalle origini. Una storia che unisce arte e artigianato, lavoro creativo e lavoro manuale, poesia e fatica in un’unica meravigliosa fabbrica di sogni: il teatro.
La prima tappa del progetto è stata attivata nel 2003 con una proposta di visita guidata al Teatro Comunale di Belluno all’interno della Stagione per l’Infanzia e la Gioventù Comincio dai 3, una visita guidata per diversi gruppi classe delle scuole superiori della provincia che hanno potuto scoprire quegli anfratti e quei luoghi del teatro solitamente nascosti e sconosciuti all’occhio dello spettatore seduto in platea. Lo spettacolo, nelle sue differenti chiavi di lettura, ha consentito anche una riflessione sulle differenti professionalità del teatro in cui arte e artigianato, creatività e manualità si avvicendano nella tessitura di preziosi manufatti. Un percorso che sì è rivelato emozionante e coinvolgente disseminato dalle voci di autori e generi che hanno fatto la storia del teatro nei secoli incarnate da attori professionisti e giovani allievi-attori bellunesi formatisi attraverso i laboratori proposti ogni anno dal Filo d’Arianna.
Per il successo ottenuto lo spettacolo è stato in seguito programmato in differenti Stagioni del Teatro Comunale di Belluno.
La seconda tappa del progetto è stata realizzata presso il Teatro Civico di Schio nel settembre del 2005 all’interno del Progetto Lottozero, di riabilitazione e restituzione alla città del suo teatro storico con il coinvolgimento diretto di artisti, registi, architetti, critici, in un percorso di recupero non strettamente filologico, improntato alla ricerca di un teatro nuovo, quale spazio che sappia testimoniare la storia e rappresentare il presente. Polvere ovvero la storia del teatro vi si è incastonato naturalmente, tra le decorazioni scrostate, gli stucchi caduti, gli squarci del soffitto, i palchi e i loggioni consumati dall’umidità, la Polvere che popola i teatri ha saputo parlare agli artisti e agli spettatori che nel fascino di questo grande corpo malato hanno ritrovato l’emozione autentica di un viaggio dentro se stessi.
La terza tappa del progetto ha dato vita ad una creazione originale per La Biennale di Venezia 2006 denominata Polvere ovvero la storia del teatro – Un progetto di Daniela Nicosia per il Teatro Goldoni. Il 38° Festival Internazionale del Teatro diretto da Maurizio Scaparro dedicato a Gozzi e Goldoni europei, ha inteso realizzare così un percorso originale proprio in quel teatro in cui il Goldoni maturò la sua esperienza e la sua Riforma. Lo spettacolo al Teatro Goldoni è stato caratterizzato dal desiderio di creare una fluidità di comunicazione tra l’architettura interna, il cuore del Teatro composto dalla platea e dai suoi differenti ordini di balconate, le decorazioni, le antiche colonnine – ancora palpitante delle voci dei grandi attori dell’Ottocento da Gustavo Modena alla Duse, a Zacconi, alle Grammatica – e il teatro di fuori, quello delle corti e delle calli; quella Venezia da cui lo stesso Goldoni ha tratto i migliori spunti per la sua immensa opera di scrittura.
Pensieri per Polvere
di Daniela Nicosia
TEATRO COMUNALE DI BELLUNO 2003
«Teatro, ho sempre subito la fascinazione di questo luogo… luogo di anime… di memorie. Ho sempre vissuto il teatro come un meraviglioso luogo sporco, di terra e di polvere, dove è necessario, all’attore come allo spettatore, lasciarsi contaminare, sporcare, attraversare affinché la parola poetica possa, grazie a quella polvere, respirare. Affinché essa possa incarnarsi nel corpo dell’attore mescolandosi con il suo sudore, con la sua fatica e così purificarsi fino a toccare l’anima di chi la interpreta e di chi l’ascolta. Queste ed altre suggestioni mi hanno guidata verso Polvere, insieme all’idea di teatro quale soglia tra la vita e la morte, tra l’essere e l’apparire. Un limite nel quale si riflette il ruolo dell’attore e dello spettatore, in quanto persone. Teatro come rito, in cui l’officiante-attore instaura una relazione in uno spazio-tempo nuovo che annulla la distanza, rimescola i ruoli, rende labile il confine.
Qui l’officiante è Polvere, guida afasica e medianica del tragitto onirico nella memoria del teatro stesso. Dall’universo del teatro classico fino ai giorni d’oggi si giunge, esplorando l’edificio teatrale nei suoi anfratti più segreti, a scorgere l’attore nudo, faccia a faccia con lo spettatore in un gioco sottile tra l’essere e l’apparire, sospeso tra la vita e la morte. L’evanescente concretezza di Polvere…, polvere che abita i teatri, come la vita, che è ciò che resta dopo… quando la soglia è varcata per sempre, che accomuna la vita alla morte rendendoci tutti umanamente simili, ci accompagna in questo viaggio, mentre il teatro si palesa quale luogo di anime, luogo di morte, di morti, soglia che sa donare vita.
La drammaturgia che dai classici giunge fino ai contemporanei, mi è stata suggerita dallo spazio di quel teatro in cui ho creato lo spettacolo e così sarà ogni volta, per ogni teatro che ci ospiterà. Perché una struttura architettonica sa parlarmi, rivelarsi quale spazio del tragico o del comico, guidarmi nella scelta del repertorio giusto per quel luogo. Perché un edificio nasconde in sé già una drammaturgia, ha una storia implicita contenuta nelle sue architetture.
L’attore nello spazio è materia nella materia, materia che crea altra materia, altre possibili fruizioni e significati dello spazio stesso. L’attore è corpo e memoria, materia e anima, come anime, evocazioni, appaiono gli attori in Polvere, citazioni di se stessi, fino alla dichiarata nudità del finale. Finzione? Verità… forse…»
TEATRO CIVICO DI SCHIO 2005
Il Civico: echi, suggestioni, ricordi…
Un corpo malato… grandi occhi spalancati, svuotati eppure ancora desiderosi di stupore, un raggio di sole accarezza improvviso la pelle… superficie affaticata, levigata dal tempo. La luce ne plasma i contorni, ne rivela i colori, pallide sbucciature come affreschi, e lo priva della struggente malinconia che lo invade – ci invade – in un giorno di pioggia… Una vita latente si palesa, pronta a pulsare di nuovo, o meglio è una tensione a vivere che si intuisce, la percezione di un desiderio ancora tangibile.
Così mi appare il Civico al nostro primo incontro.
Sono in basso nella platea svuotata, dove hanno lottato uomini e tori, il teatro è lì e anche sopra di me, sembra guardarmi attraverso i vuoti occhi rossi dei palchetti, sfidarmi attraverso il suo avvitarsi su se stesso nelle balconate che si affacciano sul palco. «Un giorno farò qui il Campiello» penso «anche se non amo Goldoni questo spazio mi permetterà di leggere Goldoni come non ho saputo fare prima». Ma ora sono qui per Polvere che dalla polvere del Civico trarrà nuovo nutrimento.
È bellissimo questo teatro fin troppo gentile nei suoi tratti, non devo lasciarmi prendere la mano, scivolerei in un lirismo che non mi appartiene. Devo ascoltarlo, invece, passarci del tempo… Polvere deve rinascere in questa polvere senza che il fascino di questa struttura si sovrapponga alla storia che, pur esplorando l’edificio teatrale nelle sue architetture, nei suoi anfratti più segreti, lo spettacolo racconta. Ma che storia racconta il mio spettacolo? Racconta della polvere che abita i teatri, come la vita, che è ciò che resta dopo… quando la soglia è varcata per sempre, che accomuna la vita alla morte rendendoci tutti umanamente simili, mentre il teatro si palesa quale luogo di anime, luoghi di morti, in un gioco sottile tra l’essere e l’apparire, sospeso tra la vita e la morte. Nella percezione del Civico quale luogo sospeso, quale soglia tra ciò che è e ciò che non è più, si crea un nesso profondo tra lo spettacolo e questo spazio, nasce una relazione forte tra me e questo corpo agonizzante che ha ancora voglia di vivere.
Penso a mio padre… ai suoi ultimi giorni, a quella lotta assoluta per la vita, a quella passione per la vita che lo ha tenuto in vita a dispetto di una diagnosi evidente e senza speranza. Era pallido, elegante come questo Teatro dalla pelle trasparente, per cui invece è ancora possibile immaginare un futuro.
Non sono un architetto, non ho la medicina giusta, ma so che questo è il luogo giusto per dare nuovo respiro alla mia ricerca artistica circa gli intimi rapporti che individuo tra architettura e teatro.
Una struttura architettonica sa parlarmi, rivelarmi la sua intrinseca, latente drammaturgia, la storia implicita contenuta nelle sue linee prospettiche. Affinché questo accada è necessario mettersi in ascolto di quel preciso spazio. Per questo ora, sono qui al Civico col desiderio di dar voce al silenzio custodito tra le sue pareti stanche che sanno ancora raccontare…
La riscrittura e il riallestimento di Polvere a Schio è un progetto fortemente condiviso dalla Fondazione Teatro Civico, pertanto con agio, dopo i primi sopralluoghi con i diversi collaboratori, mi è permesso di restare sola per diversi giorni nel teatro vuoto.
Il vuoto è una delle suggestioni più forti del Civico.
Il loggione che si sporge nel vuoto nero degli ordini sottostanti con le sue strutture lignee pericolanti, che accoglie il vuoto della cabina di proiezione sventrata, si apre a un altro vuoto, quello esterno, attraverso le porte finestre che guardano lontano, alla graffiante archeologia industriale… scheletro vuoto… la Lanerossi. Ricordo la pubblicità e il marchio di quella ditta nei caroselli televisivi della mia infanzia: un gomitolo avvoltolato a forma di trifoglio… Dipano il filo rosso, consegnatomi da Annalisa novella Arianna, nel labirinto di quel teatro vuoto in cui al contrario di Teseo, desidero perdermi, annullarmi per scoprire nel silenzio della mia solitudine, i passi che composero il segreto dell’antica danza.
Vuoto nel ripetersi degli archi che circoscrivono i palchetti, vuoto negli scavi profondi del golfo mistico, vuoto nel sottopalco ricco di reperti-residui-frammenti, vuoto nei vestiboli che si affacciano nudi sul palco.
Il vuoto nero su cui si proietta l’ellissi del loggione mi appare quale spazio sofferto, qui troverà voce il dolore delle madri… Andromaca, Donna de Paradiso, e persino la terribile preghiera di Lady Macbeth, mentre i vestiboli su palco diverranno le stanze della passione. Medea, trascinata ai polsi da lunghi elastici bianchi su un pavimento disseminato di resti recuperati nel sottopalco- il marmo rotto di una lapide, piatti sbeccati, vetri, una forchetta in alluminio – sarà scorta dagli spettatori attraverso l’inquadratura sbilenca di un vecchio stipite malfermo; Edipo sarà invece racchiuso in una icona che lo ricongiunge, già cieco, a Giocasta in un ultimo estremo atto d’amore. Su di loro un informe baldacchino di plastica trasparente contaminerà lo spazio, tra candelabri di cristallo e argenteria memorie di antica nobiltà, tra piume sparse a terra come in un pollaio, e crepe alle pareti ben in evidenza grazie alla luce che lascio penetrare dalla strada, approfittando ancora di un vuoto: un buco abbastanza ampio trovato nella parete esterna di un sottoscala del teatro. Fedra avvolta in un nido di rami secchi, colta nella infinita iterazione di un solo gesto, sarà immersa nel rosso di un lungo palchetto di primo ordine dove è possibile far accedere gli spettatori vicinissimi all’attrice. Percorreranno poi il lungo corridoio oscuro che costeggia i palchi attigui, più piccoli e senza porte, per ritrovare in essi schegge di quella prima installazione, non più figure umane ma solo accumuli di materia in sottrazione: rami, terra, petali di rosa, un bicchiere di cristallo e poi più nulla, ancora vuoto…
Col tempo scoprirò che la visione degli stucchi e delle decorazioni dei palchetti di proscenio, è molto più intensa se vi si arriva dal lato destro del teatro, attraverso il corridoio esterno. Nello spettacolo la luce fredda di un sagomatore ne esalterà la bellezza mentre la trasparente leggerezza dei tratti avrà eco nella voce di Maria Callas in Casta Diva che ci accompagnerà lungo le scale in pietra che si sviluppano ai due lati del palcoscenico. Mi manca il graticcio, l’aereo collegamento orizzontale tra i due estremi. Concepisco allora che realizzerò in verticale sui due fronti opposti e sui tre livelli delle balconate la scena che rimanda al lavoro del teatro, a quel suo essere fatto di terra e di polvere, di fatica e di materia: legno, tiri, corde… Scopro lungo il terzo ballatoio un enorme attrezzo in legno per avvolgere le corde che ha l’aspetto del timone di una nave… gli spettatori dovranno trovare questo aggeggio in movimento… il suo suono mi incanta… Un sistema di corde creerà un ideale collegamento tra gli spazi e permetterà all’antico strumento di svolgere ancora una volta la sua funzione. Grazie a Daria Tonzing, che cura le installazioni dello spettacolo, il complicato intreccio è ormai al varo, un palo enorme in legno trafigge una delle pareti interne diroccate e crea il collegamento tra gli spazi, alle corde vengono ancorate in sospensione, oblique, le vecchie porte dei palchetti svuotate del tamburo, cornici vuote nell’aria: tutto è mobile, in disequilibrio, come essere sul relitto di una nave, qui le parole del cieco nel Sogno di Strindberg assumono nuova concretezza. «Una volta ho chiesto a un bambino perché il mare è salato, e il bambino che aveva il padre imbarcato per un lungo viaggio mi ha risposto: il mare è salato per le lacrime dei marinai».
Imbarcazioni, antiche migrazioni, le donne di Troia costrette, quali concubine degli Elleni, ad andare per mare mentre la città brucia e con essa gli affetti più cari… le migrazioni di oggi, e l’abuso di quella miseria piena di attese che attraversa il mare…
Ho attraversato il mare nei giorni trascorsi al Civico, quello dentro di me e il mare altrove, quello del piacere del pensiero e della fatica. C’è voluto del tempo, come andare per mare, affinché quel corpo, nel lento risveglio che sconfigge la malattia, trovasse nuova parola e si lasciasse prendere per mano e a fil di labbra mi rivelasse da che parte poterlo toccare per non fargli male…
TEATRO GOLDONI DI VENEZIA 2006
Un pensiero di Polvere per il Teatro Goldoni
Venezia, per la sua particolare struttura architettonica, è già un teatro. Il Goldoni, culla del teatro veneziano e internazionale nei secoli, architettonicamente si compone di un cuore di teatro, la sala – platea e i suoi differenti ordini di balconate, le decorazioni, le antiche colonnine. Attorno a questo cuore, un intricato sistema di scale in cemento, corridoi, marmi, assolutamente anonimo. Un anello funzionale che avvolge, nasconde quel cuore pulsante interno.
Un sistema a cerchi: il teatro dentro, il nulla intorno e il teatro fuori, cioè Venezia. Il desiderio è creare una fluidità di comunicazione tra quel teatro dentro, quel cuore ancora palpitante di voci, di anime, di memoria, e l’altro teatro fuori, la città delle corti e delle calli, teatro di vita. Affinché tale rapporto sia possibile, è necessario attraversare il nulla, il vuoto dei lunghi corridoi in marmo che fiancheggiano i palchetti e percorrere la struttura in verticalità, mescolandone le linee e i tracciati in silenzio…
L’antica sala scenografie, oggi sala prove, traghetta, racchiude anime dolenti, che si riversano con i loro echi nel vuoto del graticcio metallico, luogo di lavoro… nave pronta a salpare… e poi ancora giù, fin nella pancia del teatro, quel sottopalco, invaso di polvere e materia che si riversa a sorpresa fuori… dove la vita, nelle calli, segue morbidamente il suo corso…
Il cuore ritorna, è cuore della vita di questo teatro e della sua storia, segnata dal passaggio dei grandi attori dell’Ottocento da Gustavo Modena alla Duse, a Zacconi, alle Grammatica, segnata dalla presenza ancora viva di Carlo Goldoni che a questo teatro ha legato buona parte della sua esistenza e che da questo teatro, così come da quell’altro teatro di fuori, ha tratto i migliori spunti per la sua immensa opera di scrittura. La sua riforma ha preso vita tra queste pareti, oltrepassandole, guardando dentro quel teatro di vita che è Venezia, quella vita che senza aver attraversato anche per un breve momento le zone vuote e il nulla fuori e dentro di noi non può essere assaporata…
Dichiarazioni della regista per la Biennale di Venezia 2006
«Faccio teatro perché mi interessa l’umano, entrare in relazione con l’altro, sollecitare percezioni, emozioni. Il teatro è un luogo di molteplici ascolti, la regia uno sguardo in se stessi attraverso le provocazioni di un altro, sia esso l’autore o l’attore. Da questo mescolarsi con l’umano, sotteso in un testo così come in un luogo, in una struttura architettonica, dall’ascolto dell’umano nascosto e dal suo svelarlo, lasciarlo emergere, fioriscono le emozioni, che sono poi l’unica vera ragione del teatro.»
«Un testo non basta a fare un buono spettacolo, è necessario che un regista maturi in se un’idea poetica di quel testo, e attraverso di essa guidi gli attori in un lavoro profondo, doloroso a volte, di scavo e di scoperta di sé… solo così si può graffiare l’anima di chi viene a vederci. Tutto ciò senza, però, prendersi troppo sul serio, anche se il teatro è una cosa seria perché, pur nel suo essere effimero, secondo la sua etimologia greca e cioè di un sol giorno, è un’arte destinata a permanere almeno, e non è poco, nelle emozioni e negli sguardi…»
«Sappiamo tutti che l’effimero secondo la sua etimologia greca, cioè un sol giorno, connota il prodotto artistico teatrale, qualcosa che non si può misurare se non nelle emozioni e nella coscienza di ognuno, ma che è, proprio per questo, qualcosa che resta… che sa lasciare un segno. Sappiamo, allo stesso tempo, che affinché l’effimero, il sogno di un sol giorno, si possa compiere sono necessarie professionalità integrate e non solo artistiche, competenze differenziate, sono necessari materiali: legno, corde, caverie, tessuti etc. È proprio questa l’essenza di quella speciale alchimia che chiamiamo teatro: il suo essere sublime e il suo essere terra, un sogno di terra e di polvere.»
filo d’arianna festival
direzione artistica daniela nicosia
direzione organizzativa labros mangheras
ufficio stampa e comunicazione lara sacchi
coordinamento generale vania bortot
edizioni lorena casol
consulenza sezione danza eugenia casini ropa
collaborazione sezione danza laura zago
collaborazione sezione arti visive luca bochicchio, gaetano ricci, giorgio vazza
direzione tecnica francesco d’altilia
equipe tecnica piero bolzan, luigino marchetti
paolo pellicciari, pietro scairato
segreteria e promozione alberta tosi
stagista alessandro brun
immagine coordinata placebodesign_ brugiolo+roggero
si ringrazia per la collaborazione Prefettura di Belluno
info 0437-950555
Punto Festival – Piazza dei Martiri
Tib Teatro – piazzale Marconi 2/b
www.filodariannafestival.com
info@filodariannafestival.com
… il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono…
E anche loro possono prolungarsi in memoria,
in ricordo, in narrazione.
Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero.
Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate,
vedere di giorno quel che si è visto di notte,
con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi,
il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto,
l’ombra che non c’era.
Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli,
e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.
Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.
Josè Saramago